Capitolo 4 - Marzo

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"Griffin accomodati"

Woods l'aveva chiamata nel suo ufficio il lunedì successivo, di solito non era mai un buon segno. Chi vorrebbe iniziare una settimana lavorativa in questo modo? Clarke entrò e chiuse la porta dell'ufficio per poi accomodarsi sulla sedia di fronte a lui. Questa volta erano solo loro due e l'agitazione aveva iniziato a farsi largo nei gesti della bionda, che si sentì costretta ad infilare le mani nel camice per nascondere i tremori.

Solo ora si era resa conto degli stessi occhi verdi che lo accumunavano alla figlia. Quegli occhi verdi che erano diventati un tormento, soprattutto ora che sentiva la sua mancanza.

"Ti ho fatta chiamare per parlare del corso"

"C'è qualche problema?" iniziò ad agitarsi, quel corso voleva dire tanto per lei.

"No tranquilla" sorrise l'uomo. "Volevo solo dirti che verrà anche Alexandra con te, so che non è la solita prassi, ma vorrei che la indirizzassi al meglio durante il corso" spiegò con gentilezza.

Doveva aver fatto qualcosa di davvero tremendo in questa vita e in quelle precedenti per trovarsela di nuovo tra i piedi. Clarke socchiuse gli occhi facendosi pensierosa. "Nessun problema per me, ma è aperto anche ai non laureati?" sperava davvero in un miracolo.

"Fortunatamente può partecipare come auditore esterno e potrà utilizzarlo per la tesi, quindi non ci sono impedimenti. Non farà tutto il corso come te, ma ti seguirà per tutta la parte teorica. Con alcuni relatori che conosco ti seguirà anche nella pratica, sono riuscito a metterci una buona parola"

Cazzo! L'umore di Clarke cambiò all'improvviso, ma ancora non era pronta al meglio.

"Mi sono permesso di prenotarle la stanza nel tuo stesso albergo"

Si, ora era certo: doveva pagare una grossa mazzetta al karma. "Ok, così andremo al corso insieme" il suo tono era apatico e non faceva nulla per nasconderlo. L'uomo la guardò e sorrise divertito alla sua reazione.

"So che sai che Alexandra è mia figlia. Non devi fingere con me, ma ti prego di non dirlo agli altri. Lexa ci tiene a ottenere il rispetto con le proprie forze e non con il suo cognome" continuò con calma, cercandone lo sguardo.

"Davvero lodevole" alzando il sopracciglio, non riuscì a trattenere il sarcasmo.

Woods scoppiò a ridere e scosse la testa. "Lo so, Lexa non ha un carattere semplice, ma ha i suoi pregi"

Si certo, chissà se direbbe lo stesso sapendo come si stava comportando con lei. Difficile era un eufemismo.

"Lo so da un po', ma mi sono ben guardata dal raccontarlo qui in clinica" fece un sorriso accondiscendente. "E non si preoccupi, la terrò sotto controllo" e in quel momento Clarke sperò davvero che Lexa la smettesse con i suoi giochetti. Almeno per i giorni che avrebbero passato insieme.

Lexa rientrò giusto il giorno prima della partenza e non la considerò di striscio, giusto un saluto, ma nulla di più. Se da un lato Clarke si sentiva sollevata, dall'altro le mancavano le sue attenzioni. La stava torturando, ma ormai era un'abitudine ed era piacevole essere nei suoi pensieri. Da quando l'aveva medicata in laboratorio aveva interrotto ogni interazione.

Quella sera Clarke la passò incollata a Nylah in uno dei rari momenti di dolcezza dell'ultimo periodo. La bionda era persa nei suoi pensieri e viveva quel distacco da parte di Lexa come un lutto. Si prendeva in giro da sola di non esser mai contenta di niente, ma non riusciva a togliersi dalla testa quella dannata ragazzina e le sue bizze. Nylah era sempre più in balia degli sbalzi d'umore di Clarke e aveva iniziato a preoccuparsi seriamente, aveva provato a dare qualche avvisaglia, ma la sua ragazza era troppo presa da sé stessa per accorgersene.

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