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Sembravano passate ore invece era già passato qualche giorno da quando non avevo notizie di Alice. Ero semplicemente uno stupido che aveva quasi paura di entrare in un covo di pazzi: magari la stavano torturando, la stavano facendo soffrire, però non sentivo come se fosse in pericolo. Stavo meditando sul da farsi: una volta ripresa Alice, volevo andare a vivere in un'altra città, lontano da quello che mi è ci circondava. Me lo ripetevo ogni volta che catturavano Alice o me, o entrambi, ma non lo facevo mai davvero, c'erano troppi problemi a cui pensare e Giuseppe stava per diventare una minaccia per la società intera.

Avevo sempre odiato la società in cui avevo vissuto e la situazione, dopo il mio ricovero, non era migliorata affatto. Continuavo a vedere gente che costantemente guardava cosa facessero gli altri, giudicando qualsiasi cosa, persino il fatto che respirassero. Insomma i giudizi negativi non mancavano mai, come la gente che non si faceva i cazzi propri, così come la gente che rovinava la vita ad altre persone. In quel tempo passato a riflettere, ai telegiornali e sui giornali vedevo sempre le stesse cose: ragazze uccise dai propri ex, il governo che non cambia neanche pagandolo, gente che muore per medici incompetenti, mafia che porta avanti i propri affari segretamente per poi essere scoperti 1 volta su 100. è sempre la solita storia e difficilmente cambierà qualcosa se qualcuno non cambia questo continuo circolo vizioso che non ha mai fine. Non sarò sicuramente io a cambiare le sorti delle società, avevo problemi più grandi a cui pensare ed importarmi degli altri era l'ultimo dei miei pensieri: avevo occupato la maggior parte della mia vita a preoccuparmi del pensiero degli altri sul mio conto ed era arrivato il momento di pensare a quello che di più caro avevo nella mia vita, ovvero Alice.

Non appena finii di pranzare, il mio telefono iniziò a vibrare ripetutamente nella tasca dei miei pantaloni. Erano rare le occasioni in cui ricevevo chiamate, per cui ero sempre preoccupato di qualche brutta notizia che avrei potuto ricevere. Misi la mano all'interno della tasca e presi il telefono, leggendo la chiamata in arrivo da un numero sconosciuto: poteva essere il classico scherzo telefonico ridicolo dei 13enni, o magari qualcosa di effettivamente serio.
Confermai la chiamata e poggiai il telefono sull'orecchio.
"Pronto?" dissi, ma non sentii alcuna risposta. Sentivo dell'aria, come se la persona si stesse muovendo in auto ma non capivo bene se fosse così.
"Pronto?" provai a ripetere nuovamente, e questa volta sentii un sospiro abbastanza pesante.
"Stefano.." disse una voce femminile, una voce femminile che riconoscerei tra mille. La sua voce era unica, l'avrei riconosciuta molto facilmente tra tante altre.
Sembrava agitata, turbata, non capivo cosa stesse accadendo ma sono stato qualche secondo a ripetere la sua voce nella mia mente, quel suono celestiale che mi era tanto mancato.
"Ali, stai bene per fortuna. Dove sei? Che ti hanno fatto?" chiesi, con la voce più dolce che avessi mentre cercavo di mantenere la calma. Non sapevo cosa stesse accadendo ma sicuramente non era nulla di positivo: probabilmente l'avevano torturata fino a quel momento, quindi avrei capito la sua voce strana, oppure stavano cercando di usarla per tirarmi fuori qualche informazione di cui avevano bisogno. Giuseppe sapeva sempre come raggiungere i suoi piani.
"Perché non mi hai detto che ho ucciso una ragazza?" mi chiese, come se fosse in lacrime.
Scacco matto. Ora capivo perché fosse in quello stato, come da cane bastonato: Giuseppe non avrebbe mai potuto torturare Alice fisicamente, ma mentalmente si.
"Alice non so cosa ti abbiano detto ma non fidarti di quello che viene detto da loro, non sanno nulla di quello che è successo ma io so nonostante non fossi direttamente lì. Non appena verrò a prenderti ti racconterò tutto, smetterò di ometterti le cose ma non ho intenzione di raccontare queste cose personali davanti a loro, se è questo ciò che vogliono" conclusi pieno d'ira nei confronti di Giuseppe e di tutti gli altri del gruppo. Ero amareggiato dallo stato di Alice, dovevo andarla a prendere, con o senza via di fuga ma dovevo vederla, doveva cercare di fidarsi nuovamente di me anche se sembrava che non stessi facendo nulla per guadagnare la sua fiducia.

Our All. ||Stefano Lepri||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora