Chapter 13🍪

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<<NON. PUÒ. AVERLO. FATTO.>>
Una voce maschile mi sveglia, facendomi aprire lentamente le palpebre, gemendo per un fortissimo mal di testa.
<<OH, VAI COSI' RAGAZZA.>>
Non riesco a decifrare cio' che ho intorno dato che i miei occhi non riescono a mettere a fuoco nulla. Tutto cio' che riesco a vedere è una figura indistinta dai capelli lunghi fino alle spalle seduta di fronte ad un piccolo televisore intenta a guardare il programma in trasmissione, che dalla sigla riconosco essere "Casalinghe disperate"
Sbatto più volte le palpebre mugugnando per la forte emicrania, attirando così l'attenzione della persona a cui apparteneva la voce.
<<Sei sveglio! Finalmente.>>
<<Dov->> borbotto provando ad alzarmi, senza risultati dato il mio forte mal di testa.
Quando finalmente riesco a mettere a fuoco cio' che ho intorno, riesco a distinguere i tratti dell'uomo che ho di fronte. La prima cosa che mi salta agli occhi sono i suoi lunghi capelli castani ricci.
<<Non sforzarti.>> mi ammonisce l'uomo dagli occhi di un verde vivo, di un colore quasi troppo perfetto per essere vero.
<<Dove sono?>> chiedo confuso.
Il moro fa un lungo sospriro per poi portare le mani al petto, incrociandole a mo' di preghiera, per poi affermare un solenne: <<In un posto migliore, adesso.>>
Quasi perdo un battito quando comincio a tastarmi le braccia e il petto, nella convinzione di essere morto.
<<Sono in paradiso?!>> chiedo completamente nel panico, pensando di essere passato a miglior vita.
<<Cosa?!>> il ragazzo mi tira uno schiaffo, che mi fa escludere totalmente l'idea di essere un fantasma incorporeo, per poi scoppiare in una fragorosa risata, che mette in evidenza le due fossette che gli si formano ai lati della bocca.
<<Perché dite sempre tutti la stessa cosa?! Pensate tutti di essere crepati.>>
Lo guardo confuso e completamente spaesato, aspettando di sapere dove cazzo sono finito.
<<Sei all'ospedale A. Briece.>> mi spiega sedendosi sul lettino ospedaliero su cui, noto solo ora, sono disteso.
<<Dal 1987 sulla piazza.>>
<<In ospedale?>> chiedo confuso cercando, non con poca fatica, di mettermi seduto.
<<Come ci sono finito in ospedale? E tu chi sei?>>
Il moro scatta in piedi per poi irrigidirsi e con un sorriso affermare, con tanto di saluto militare, un solenne: <<Harry Styles, infermiere a tempo pieno. Al tuo servizio.>>
Provo a passarmi la mano tra i capelli ma un forte bruciore sulla fronte, allo sfiorare della mia mano, me lo impedisce.
<<Che cosa mi è successo?>>
<<Che è successo? Vediamo un' po.>>
Il ragazzo sembra pensarci su per poi avvicinarsi all'appendiabiti della mia camera, prendendo un camice, ricoperto interamente di fenicotteri, che mi fa dubitare che sia un vero infermiere, e afferrare la cartellina medica attaccata alla spalliera del mio letto.
<<Emoraggia esterna, tasso alcolemico 1.0, ferite da aggressione, perdita dei sensi->>
<<Che vuol dire?>> chiedo confuso da tutti quei termini medici.
<<Non ne ho idea.>> risponde prontamente.
Prima che io possa chiedergli se effettivamente non sia un pazzo psicopatico, scappato dal reparto di psichiatria, cambia argomento.
<<Ma sembrano gli ingredienti per una festa pazzesca.>>
<<La festa.>> affermo ricordando improvvisamente la serata precedente, tristemente.
<<Io e Peter Lee ci siamo picchiati.>>
<<Diciamo che è stato lui a picchiare->> mi passa un piccolo specchio, precedentemente poggiato su un comodino accanto al mio letto.
<<-tu ti sei limitato a prenderle.>>
Guardo la mia figura allo specchio, completamente preso dallo sconforto, notando subito il mio zigomo destro violaceo e una grossa ferita, chiusa da due piccoli cerotti disposti in verticale.
<<Cazzo.>>
Vedendomi completamente avvilito, il ragazzo tenta di consolarmi.
<<Se ti può far stare meglio, è stata una ragazza, talmente bella da farmi quasi rivalutare l'idea di essere etero, a chiamarci per venirti a prendere.>>
La speranza che stia parlando di Madison mi fa brillare gli occhi.
<<Madison?>>
Il ragazzo sembra non capire, non conoscendo la ragazza.
<<Occhi azzurri, capelli biondo grano, una dea scesa in terra. Hai presente?>>
Il moro ci pensa su per poi rispondere.
<<In realtà la ragazza aveva dei bei capelli rossi e due occhi verdi che, modestia apparte, potevano quasi eguagliare la bellezza dei miei. Non so come si chiamasse.>> disse, grattandosi la nuca imbarazzato.
<<Madelaine.>> affermo con un sospiro e un mezzo sorriso, ricordando la ragazza che è quasi riuscita a rendere la serata di ieri meno orribile.
<<Ora che ci penso.>> dice Harry riflettendo.
<<Una ragazza bionda mi ha dato questo, per quando ti saresti svegliato.>>
Tira fuori un bigliettino dalla tasca dei jeans, porgendomelo.
Non ci penso due volte prima di aprire, ansioso di conoscerne il contenuto.
Riconosco subito la grafia di Madison e leggo: <<"Caro James, mi dispiace ma questa cosa tra noi non può funzionare. Non è colpa tua ma mia. Spero tu possa capire. Madison">>
<<Ahia. "Non è colpa tua ma mia'', questa fa male.>> afferma Harry, sbirciando sul mio bigliettino.
Nel giro di un paio di secondi la rabbia si impossessa completamente di me, così accartoccio il biglietto buttandolo violentemente in un angolino della stanza per poi prendere il cuscino e poggiarmelo sulla faccia gridando a pieni polmoni.
Urlo con tutta la rabbia che ho in corpo, più forte di quanto io abbia mai fatto, mentre l'infermiere mi guarda sconsolato (e leggermente intimorito).
Quando finalmente riprendo a respirare, affermo ad alta voce, volendo però parlare a me stesso.
<<Sono proprio coglione.>>
<<Ah, pensavo ti chiamassi James. Piacere, ''Proprio coglione''>>
Mi dà il colpo di grazia, Harry.
Gli riservo uno sguardo di fuoco alzando la testa dal cuscino, che abbraccio al petto.
<<Scusa, volevo sdrammatizzare.>> si scusa il moro sedendosi sul mio letto.
Stringo forte al petto il mio cuscino, sentendo il forte odore di naftalina che emana, con gli occhi lucidi per la rabbia. Sento la mano di Harry appoggiarsi sulla mia spalla.
<<Era così importante?>>
<<Beh, per farla breve: ho perso i miei amici per lei.>> spiego, senza alcuna voglia di spiegargli tutta la storia di come la mia vita sia andata a puttane nel giro di due settimane.
<<Capisco.>> ribatte comprensivo.
<<Non ne è valsa la pena, immagino.>>
Annuisco alla sua insinuazione, tirando su col naso.
<<Se ti può consolare, si vedeva anche da lontano che porta le extention. E sono anche sicuro che sia bionda tinta.>> prova a consolarmi il ragazzo, senza alcun risultato.
I pensieri di tutte le cose che ho sbagliato, di quanto mi sia comportato da stronzo con tutti i miei amici, mi occupano completamente la mente e presto sento i miei occhi inumidisi, cosa che fa addolcire immediatamente gli occhi del moro.
<<Oh non fare così, su.>> mi poggia un braccio sulla spalla stringendomi a se.
<<Non può essere poi così grave.>>
<<Si che lo è>> ribatto avvilito.
<<La mia vita fa schifo. Ho rovinato tutta la mia vita nel giro di due settimane solo perché desideravo qualcuno che mi amasse ma a quanto pare l'universo vuole che io resti da solo per l'eternità.>>
<<Siete tutti così voi adolescenti.>> inizia con un sorriso comprensivo e quasi intenerito.
<<Siete tutti così dannatamente innamorati dell'idea dell'amore che, nell'affanno di trovarlo, vi consumate ancora prima dei trent'anni.>>
Tiro su col naso, asciugandomi gli occhi e cercando di capire le parole dell'infermiere.
<<Pensate che legarsi a qualcuno, pur annullando se stessi, a sedici anni sia la moda e uno stato di perfezione che se non raggiungi sei un relitto sociale. Vi concentrate talmente tanto su questa ''caccia all'oro'' che dimenticate di godervi la vostra età e vi dimenticate che una relazione deve nascere da un sentimento, non dal bisogno di sentirsi accettati.>>
Il ragazzo tira un sospiro per poi continuare.
<<Non tutti possono incontrare la propria anima gemella a 17 anni, James. C'è chi deve aspettare.>> afferma, alzandosi dal letto e avvicinandosi alla porta della mia camera.
<<E fidati, a volte vale la pena aspettare.>> dice, mostrandomi un anello, che assomiglia tanto ad una fede, sull'indice sinistro con su inciso un nome, Louis.
Non mi aspettavo che un infermiere con il camice ricoperto di fenicotteri potesse essere così profondo.
<<Lily e Marshall di How I met your mother sono l'eccezione, non la regola.>>
Ecco, rimangio tutto.
Rivolgo un cenno di assenso al moro che apre la porta rivolgendomi un ultimo sorriso.
<<I tuoi genitori sono qui fuori a compilare i moduli di rilascio, preparati per tornare a casa.>>
<<Harry.>> lo richiamo prima che possa chiudere la porta.
<<Si?>> chiede, già con un piede fuori dalla stanza.
<<Grazie.>>

UNROMANTIC💔// Why Don't WeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora