Parte 1 - Ci vediamo a Pittsburgh

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Civediamo a Pittsburgh

[Brian; Stella]

L'aereo era in perfetto orario. Il solito via vai di pendolari che si spostavano assonnati e stanchi reggendo valigette ventiquattrore e bicchieri di carta che spandevano il profumo del caffè per i corridoi ampi e illuminati dalle luci al neon anche di giorno. Il linoleum del pavimento assorbiva il rumore dei passi e Brian pensò distrattamente che era un peccato non potesse fare altrettanto col brusio dei suoi pensieri.

Gli altoparlanti diffusero la voce elettronica che annunciava l'arrivo dell'aereo navetta da New York e l'uomo si spostò lentamente verso il gate d'arrivo, assieme ad altri sconosciuti in attesa di rivedere i propri cari. Aveva voglia di fumare, ma il suo medico gli aveva categoricamente vietato di farlo, di drogarsi o di bere. Lo stronzo aveva colpito basso: o si dava una regolata o niente prescrizione per la pillolina magica.

Le luci che annunciavano l'avvenuto atterraggio e l'inizio della discesa dei passeggeri si accesero, Brian iniziò a contare i secondi che mancavano all'uscita del primo sbarcato, poi il corridoio avrebbe cominciato a vomitare esseri umani tristi e grigi, assuefatti alle proprie vite mediocri, alle scopate frustranti, eiaculatori precoci, troie frigide che nella migliore delle ipotesi fingevano l'orgasmo e froci allineati che non glielo avrebbero fatto rizzare nemmeno se avesse avuto dieci anni di meno e una fiala di popper infilata nel naso.

Grazie al cielo, in mezzo a quella folla capace di far rattrappire i testicoli anche al miglior scopatore di Pittsburgh, c'era un Raggio di Sole. Brian guardò tra la gente, l'espressione annoiata e la piega delle labbra che tradiva un leggero disgusto, cercando di vedere Justin comparire. Per fortuna non aveva bagagli, così non avrebbero dovuto sostare al nastro trasportatore sperando che la valigia non fosse ammaccata, contendendo la prima fila a qualche grassone nervoso e sudato.

Finalmente riuscì a scorgerlo. Alzò a metà un braccio per attirare la sua attenzione, ma si accorse che il suo compagno stava parlando con qualcuno. Si spostò per vedere di chi si trattasse, mentre i passeggeri che li precedevano ciondolavano come morti viventi. Maledetti voli navetta per pendolari del cazzo!

Quando la donna in tailleur blu scuro e mezzo tacco da zitella si tolse dalla sua traiettoria, Brian riuscì a vedere a chi stava sorridendo Justin: una insipida ragazzina alta e magra con uno zainetto sulle spalle, capelli scuri tagliati a carré a incorniciare un musetto acerbo. Brian sbuffò e perse immediatamente interesse. Justin salutò la ragazzina e volse lo sguardo nella sua direzione, cercandolo e trovandolo quasi subito. Quando gli sorrise, la giornata sembrò diventare un po' meno insulsa.

Prima di salutarlo, Brian lo strinse, aspirando forte il suo profumo e baciandolo mentre la gente continuava a sciamare loro accanto. Non lo avrebbe mai ammesso, ma gli era mancato. «Hai fatto buon viaggio, Raggio di Sole?», gli chiese con voce morbida, guardandolo negli occhi azzurri che gli sorridevano.

«Sì», rispose Justin, scoccandogli un altro rapido bacio sulle labbra. «Mi sei mancato».

Brian sorrise in tralice: ci pensava Justin alle dichiarazioni melense. Gli fece cenno di andare, la corvette era parcheggiata al solito posto, non ci avrebbero messo molto a raggiungerla e poi sarebbero andati dritti a casa.

«Quando arriva Gus?», gli chiese Justin, camminando al suo fianco con passo sicuro nell'aria fredda di Pittsburgh, mentre il rombo di un altro decollo, alle loro spalle, copriva ogni altro rumore.

«Domani», rispose Brian, sbuffando. «Il che significa che domani dovrò tornare in questo cazzo di aeroporto». Aprì la portiera della macchina e si fermò un istante a guardare Justin da sopra il tettuccio. «Questo significa anche che abbiamo circa ventiquattrore per scopare dove vogliamo e come vogliamo».

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