Parte 10 - Ipoteche sul futuro

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Ipotechesul futuro

[Hunter; Brian]

L'orario delle visite era finito da un pezzo e il parcheggio era quasi del tutto sgombro. Il St Clair Hospital si stagliava scuro e squadrato contro il tramonto che incendiava le nubi e le luci che spandevano dall'ingresso del pronto soccorso facevano sembrare l'ora più tarda di quanto non fosse.

Raggiunse l'ingresso e guardò attraverso la porta a vetri; azzurro e arancione erano coraggiosamente accostati in ogni direzione volgesse lo sguardo. «Forza!», mormorò tra sé, varcando la porta e dirigendosi al reparto dove lavorava Mary.

L'area socio sanitaria era semideserta, anche se, probabilmente, dietro alle porte chiuse si stava tenendo qualche riunione dei gruppi di supporto. Mary era la sola cosa buona che l'HIV gli avesse portato e, sebbene stesse andando a chiederle di sposarlo, non riusciva ancora a credere che lo stesse facendo veramente. Si rigirò nella tasca del giaccone la scatolina con l'anello che le aveva comprato e respirò a fondo.

«Hunter!», si sentì chiamare da una delle infermiere anziane, un volto rotondo e i capelli tinti e cotonati. «Tutto bene?», gli chiese la donna mentre riordinava alcune cartelline dietro il vetro dell'ufficio.

«Sì, grazie. Sto cercando Mary. Sai dov'è?».

La donna rise. «Dovrebbe cominciare il turno adesso», guardò l'orologio per essere sicura. «Aspettala qui. Arriverà a momenti». L'infermiera si aggiustò il golfino azzurro che portava sopra il camice bianco e si allontanò dallo sportello, portando via alcune cartelle.

Hunter cominciò a tamburellare le dita dentro la tasca, battendo sulla scatolina ricoperta di velluto e sbuffò. Forse avrebbe fatto meglio a tornare in un altro momento. Cominciò a camminare avanti e indietro, nervoso, poi si sentì chiamare di nuovo. Alzò la testa di scatto e impiegò qualche momento a riconoscere la ragazza che aveva davanti.

«Stella», gli ricordò lei. «Tu sei Hunter, vero?».

«S... sì. Sì», rispose lui, riconoscendola come la ragazza a cui aveva prestato la tessera del Babylon. «E tu sei la ragazza di Gus».

Stella cominciò a frugare in borsa e gli porse la tessera. «Grazie».

Hunter sorrise e la riprese. «È andato tutto bene? Sei riuscita a salvare Gus?».

Lei rise e arrossì un po'. «Sì, grazie a te».

Hunter sogghignò divertito. «Che ci fai qui?».

«Ehm...», Stella si guardò attorno, «sto cercando... delle persone, ma credo di essere in ritardo e non so in quale sala si riuniscano. Ci ho messo un sacco ad arrivare qui, sai, ancora non conosco le strade e mi sa che ho sbagliato autobus».

Hunter rise e dette un'occhiata all'ufficio, ma ancora non si vedeva nessuno. «Se fossi arrivata due minuti prima avresti trovato un'infermiera, ma se aspetti, dovrebbe arrivarne un'altra tra poco».

«Okay», acconsentì Stella e si mordicchiò un po' le labbra, forse anche lei era nervosa, ma fare due chiacchiere aveva sicuramente aiutato lui ad alleggerire la tensione.

Mary arrivò poco dopo, i capelli rossi e ricci stretti in una coda alla francese e l'espressione sorpresa nel vederlo lì.

«Ciao... Salve», salutò entrambi e Hunter fece cenno a Stella di chiedere a lei.

«Salve», le rispose, guardando per un momento Hunter, un po' incerta, ma facendo un passo avanti verso l'infermiera. «Sto cercando il gruppo di sostegno del dottor Sullivan. Credo di essere in ritardo».

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