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Sorpresedel cazzo
[Justin; Gus]
La sveglia suonò strappando Justin dal sonno. Gli scuri accostati lasciavano penetrare la prima luce dell'alba e, quando aprì gli occhi, nella penombra della camera, non poté fare a meno di sorridere. Accanto a lui, Brian allungò un braccio fuori dal letto e mise fine al trillo fastidioso dello strumento di tortura. Lentamente si mossero l'uno verso l'altro, baciandosi sonnolenti, le lenzuola erano calde dei loro corpi e Justin si sentiva piacevolmente intorpidito.
«Non ci credo ancora che mi hai scopato quasi tutta la notte», ronfò con la voce impastata, abbracciando il suo uomo e sfregando le gambe contro le sue.
«Te l'avevo detto che ti avrei scopato per bene», gli ricordò Brian, strofinando il viso contro il cuscino. La conta dei morti, al lato del letto, parlava chiaro: i profilattici usati spiccavano lattiginosi sul tappeto, a muta memoria di una notte come non ce n'erano state da tempo.
«Vuoi che ti faccia un pompino?», chiese Justin, particolarmente affettuoso, mentre si scambiavano carezze audaci.
«Non ho tempo, devo fare una doccia e andare a lavoro», sbuffò Brian, stirando le labbra in un'espressione infastidita, mentre la stanza iniziava a rischiararsi con l'andare dei minuti.
«Possiamo farla assieme», suggerì Justin, languido, baciandogli una spalla.
Brian si scostò, mettendosi a sedere, i capelli arruffati e due borse sotto gli occhi. Justin lo guardò e ricordò che quella notte incredibile era stata frutto delle pillole. «Finirei per scoparti di nuovo e arriverei tardi a lavoro», brontolò Brian, uscendo dal letto per dirigersi in bagno senza tante cerimonie.
«Che importa?! Sei tu il capo», obiettò Justin, prima di aggiungere: «E poi, potrei scoparti io», ma Brian non si disturbò a rispondere. Aspettò qualche momento e poi, anche lui si alzò, raggiungendo il bagno per farsi la barba mentre Brian terminava la doccia. Da qualche anno, dopo l'ennesima riconciliazione, la loro routine era quella: Justin tornava a casa ogni terza settimana del mese, passavano assieme qualche giorno e poi ripartiva per New York.
Brian non aveva più messo piede nella Grande Mela dopo che, otto anni prima, si erano lasciati per l'ennesima volta. A volte gli sembrava che l'orologio delle loro vite si fosse fermato in quel momento, che Paul non fosse nella sua da così tanto tempo, ma poi tornava a Pittsburgh, e una nuova linea sulla fronte di Brian gli ricordava che non era così.
Brian gli arrivò alle spalle e gli baciò una guancia. «Facciamo colazione, poi devo farti vedere una cosa», disse sorridendogli dallo specchio.
«Cosa?», chiese Justin, ma Brian si limitò a sorridere e stringergli una natica nella mano, prima di tornare in camera. Justin si infilò sotto la doccia, chiedendosi quando sarebbe arrivato il momento migliore per dirgli di Paul: erano settimane che rimandava e stava iniziando a chiedersi se avesse senso parlarne.
Quando raggiunse la cucina, il profumo del caffè e la luce che entrava dalle grandi finestre aperte misero fine ai suoi pensieri. Brian stava facendo colazione in piedi, le chiavi dell'auto già in mano e l'agenda aperta sulla data odierna. A tre quarti della pagina era evidenziato l'orario di arrivo dell'aereo di Gus.
«Vuoi che vada a prenderlo io?», gli propose Justin, versandosi i cereali nella tazza.
«No, avrai da fare tra andare a trovare tua madre e tua sorella, e non dimenticarti la cena da Debbie, questa sera». Brian sbuffò, «Non so che darei per non andarci».
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Seventeen
ФанфикBrian e Justin stanno assieme da diciassette anni, beh, più o meno: sono passati diciassette anni dalla notte del loro incontro, quella in cui è nato Gus, il figlio di Brian e della sua amica Lindsey, e da allora si sono presi e lasciati più o meno...