Prologo

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L'aria risuonò di schiocchi e di rumore di carta lacerata finché quando si portò il braccio dietro alla schiena non si accorse di avere la faretra vuota. Andò a prendere altre frecce, avrebbe voluto che tutto fosse così facile,  perdi una cosa e la rimpiazzi ma certe cose non possono essere rimpiazzate: non andavano perse e basta.

Incoccò una freccia dopo l'altra: sei centri. Le gambe le cedettero e lei crollò in ginocchio stremata.

Due anni prima...

Si stava precipitando al parco, una chiamata di Rein l'aveva allertata, e ora correva fra gli alberi fino al fiume. Si bloccò e vide l'acqua sporca di sangue, rivoli di liquido scarlatto scivolavano fra i ciottoli della riva.

-No. Non può essere. Non puoi esserti fatto uccidere.- mormorò prima di vedere il cadavere del suo amico, la gola lacerata da quelli che sembravano denti affilati, macchiata di viola, come veleno. Le gambe le cedettero mentre guardava il corpo, i capelli neri impregnati di sangue, gli occhi cristallini spenti.

Che vita quella dei cacciatori, pensava, gli umani, loro sì che erano fortunati, all'oscuro di tutto, di tutto quel dolore. Che vita quella dei cacciatori di demoni, piena di sangue, ragazzi che come lei iniziavano a combattere a quindici anni, una vita piena di cicatrici e morte.

Una voce la fece tornare al presente.

-Fire, sei in ritardo. Oggi hai lezione ti ricordi?- 

- Cazzo! Quella pazza non mi perdonerà un altro ritardo.- si rialzò sistemandosi i vestiti e borbottando uscì dalla stanza.


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