Ricordi.

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Anno 2087, coste nord-orientali dell'Oceano Atlantico.

Molto spesso i ricordi fanno male. Più delle parole, o degli atti. 

Mi chiamo Evannah Elizabeth Cartland. Per quelli che mi conoscono da più tempo, soltanto Eve. Ho diciannove anni e vivo in un villaggio non molto distante dall'oceano, chiamato Utaka, situato sulle coste dell'Irlanda del Nord. Fino a circa quattro anni fa vivevo a Belfast con mio padre, mia madre e mia sorella. Eravamo una famiglia come tante, semplice e a cui piaceva la pace. Di quelle che non si mettevano a battibeccare con i vicini se qualcuno si accaparrava la merce migliore al mercato. Dopo la Fase di Transizione, un periodo di immobilità totale su gran parte del territorio, dovuto a una burrascosa guerra contro Londra, Belfast fu costretta a raccogliere i morti e a ricostruire la città da cima a fondo. Ma non c'era più la possibilità di ricostruirla alla foggia di una vera città. La maggior parte del materiale gli inglesi se lo erano portati via e ora tutto ciò che rimaneva era la foresta, una foresta che, per nostra fortuna, era stata risparmiata. Fummo quindi costretti ad arrangiarci con quello che la natura ci offriva e ad innalzare capanne che sembrassero anche solo lontanamente delle case. E così, a fatica, ricostruimmo la nostra nuova vita, giurando che mai più un altro popolo ci avrebbe sottomesso.

Ma nessuno di noi riuscì a mantenere quella promessa.

Perché eravamo deboli, e tutto ciò che si sarebbe potuto considerare una nostra qualità era essere colti. Ma l'essere colti non serve a molto, in guerra. Lo abbiamo imparato a nostre spese.

Ora sono qui, stesa su questo giaciglio di paglia, a ricordare un tempo che preferirei rimuovere dalla memoria. Un tempo in cui successe di tutto. In cui successe l'inimmaginabile. Un tempo che ha distrutto ogni parte di me, ognuna di quelle parti che ancora oggi non sono in grado di rimettere insieme.

Mi sento un'anima vuota, costretta a vagare nell'oblio per l'eternità. 

Mio padre si ostina a ripetere che dovrei dimenticare e che dobbiamo trovare un modo per andare avanti, nonostante le nostre perdite. Ma se sapesse quello che provo, la sofferenza che ancora mi lacera dentro dopo quattro, lunghi anni, non la penserebbe in questo modo. Eppure, anche lui ha perso una figlia. E io, oltre ad una sorella, ho perso la maggior parte di me stessa. La mia vita ha preso un'altra svolta. E adesso vivo semplicemente per vendetta. Contro Michael, mio fratello. Se si può considerare fratello qualcuno che ti ha distrutto, sottraendoti senza pietà la cosa a cui tenevi di più. Una famiglia.

U T A K ADove le storie prendono vita. Scoprilo ora