I'm sorry

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Abbiamo già un vissuto
Che a dire il vero
Somiglia più ad un conflitto
Il cuore spesso offeso
Da un dito che
Tu mi hai puntato al petto

Siamo qui
Tra un passo incerto
e l'utopia
di un equilibrio ritrovato

Sanremo - 3 febbraio 2019

"Dov'è Irama?"
Einar era arrivato a Sanremo da neanche due ore e quella sembrava già essere la domanda del giorno.
Gli artisti che nel giro di quarantotto ore si sarebbero esibiti sul palco più famoso d'Italia avevano cominciato ad arrivare alla spicciolata già da un po' ed erano ormai tutti radunati di fronte all'entrata del Royal Palace Hotel. Tutti tranne.. beh, tranne Filippo.
"Dove diamine é andato a finire?" borbottò Shade, rivolto più a se stesso che agli altri, captando il nervosismo che cominciava a serpeggiare tra gli organizzatori del festival.
Avevano già fatto il conto degli artisti ben due volte e sembrava che Filippo fosse l'unico a mancare all'appello. Non che Einar se ne sorprendesse più di tanto. Filippo non era in grado di tener fede a niente, figuriamoci agli orari.
"Einar, tu ne sai qualcosa?"
Einar si accorse che Paola Turci gli si era affiancata solo dopo che la sentì parlare. Sussultò, riscuotendosi dai suoi pensieri.
"Io- no, in realtà non l'ho sentito" rispose titubante, tacendole il fatto che non lo sentiva da ben più tempo di quanto lei potesse immaginare.
Proprio in quel momento dal fondo dell'ampia scalinata che conduceva al piazzale antistante l'hotel si udì un lamento affannato. L'attenzione di tutti si spostò verso il punto in questione ed Einar scorse Filippo, bellissimo nella sua giacca di pelle fin troppo leggera, gli occhiali da sole calati sul viso e le braccia cariche di buste e valige, Lorenzo e Rombo subito dietro a fargli da spalla.
"Eccomi, eccomi" mormorò lui trafelato, giungendo fino in cima alla scalinata e tirando un sospiro di sollievo.
Poche lusinghiere proteste si alzarono per qualche istante, ma non ci volle poi molto prima che esse divenissero mugolii appena udibili, coperti dalle voci sovrapposte degli organizzatori dell'evento. Appurato di essere ufficialmente al completo e dopo aver dato una serie di indicazioni generali sull'assegnazione delle camere ed il programma della serata, gli addetti ai lavori cominciarono a far scemare gli artisti verso l'interno dell'hotel ed il piazzale si sgombrò in fretta. Einar si avviò verso l'entrata, determinato a trascinare la sua pesantissima valigia verso il portone senza guardarsi indietro, ma non fece a tempo a muovere un passo che si sentì battere un colpetto sulla spalla ed il volto raggiante di Filippo entrò a tutti gli effetti nella sua visuale.
Sembrava così giovane quel giorno, con i tavolini bianchi tutti attorno e dietro il mare. Il sole si specchiava nelle lenti dei suoi occhiali, colorando anche il suo volto di una tonalità rosea ed ovattata. Se li sollevò sopra alla testa e poi aprì le braccia cariche di buste, accennando un sorriso.
"Non mi saluti nemmeno?" chiese allegro, come se la figuraccia di un minuto prima non lo avesse minimamente toccato.
Einar si ritrovò a fissarlo per qualche istante ed ingenuamente pensò che, se non lo aveva salutato -se aveva sfacciatamente sperato di non doverlo salutare-, era semplicemente perché non aveva idea di come fare.
Come si saluta un estraneo con il quale hai condiviso ogni più piccola sfumatura di fisicità? Con una stretta di mano, un bacio sulla guancia, una pacca sulla spalla che sembri dire "hey, che bello rivederti, ma restami a debita distanza"?
Le braccia aperte di Filippo sembravano dire tutt'altro.
"S-si, scusa. Ero solo un attimo sovrappensiero" provò a giustificarsi, spostando nervosamente il peso da un piede all'altro nel tentativo di darsi un contegno.
Maledetto lui e la sua incapacità di mettere paletti.
Filippo sembrò non dar troppo peso al suo atteggiamento schivo e si limitò ad avvolgere le braccia attorno alla sua vita e a stringerlo contro di sè, le buste cariche di vestiti che sbattevano un po' dovunque tra di loro senza fare male.
"Buongiorno, Ein" gli sussurrò pianissimo all'orecchio e c'era un sorriso estremamente soffice a modellare la sua voce.
Einar deglutì, ricambiando titubante la sua stretta. Dio, sarebbe stato così difficile stargli lontano adesso che lo aveva lì davanti a sé.
Filippo gli battè un vivace colpetto sulla schiena e poi si allontanò di un passo. Respirò a pieni polmoni, nella luce chiara di metà mattina, osservando il maestoso palazzo che si ergeva di fronte a loro.
"Dio, ancora non ci credo" mormorò "Dai, andiamo. Diamo inizio a questa avventura"
E così dicendo lo superò d'un passo, diretto verso le porte girevoli che davano accesso all'hotel.


Un'altra volta da rischiareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora