Il momento perfetto (pt.2)

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Roma - 12 maggio 2018

C'era un'atmosfera strana nel giardino dei bianchi quella sera, un'atmosfera di sospensione, di pura e semplice disillusione, forse.
Simone uscì in veranda, tirandosi dietro la porta, e non gli ci volle poi molto prima di individuare Filippo seduto al tavolino dall'altra parte del giardino, la testa poggiata contro il palmo della mano e la punta della sigaretta che si tingeva di rosso ad ogni suo respiro. Se ne stava lì impassibile da quando erano tornati dalla puntata e non sembrava avere intenzione di parlare con nessuno. Emma era passata a lasciargli un bacio sulla guancia prima di andare a mettersi in pigiama e lui le aveva rivolto solo un piccolo sorriso, biascicando un "buonanotte" che lei probabilmente neanche aveva colto.
Simone li aveva guardati da dentro la casetta ed in un primo tempo non aveva avuto il coraggio di avvicinarsi, perché neanche lui sapeva bene cosa dire o cosa fare. In quel momento, tuttavia, sentiva di non potersene più stare con le mani in mano, non quando la finale era sempre più vicina, non quando erano riusciti a passare diretti alla settima puntata e, nonostante questo, Filippo pareva totalmente assente, gettato nel più totale sconforto da qualcosa che nessuno di loro aveva saputo prevedere.
Non l'aveva visto arrivare tutto quello, Filippo, non si era aspettato che Valentina -la fantomatica fidanzata di Einar che lui gli aveva addirittura presentato, una volta, al pomeridiano, quando erano ancora semplici amici- potesse comparire in puntata, volando letteralmente in braccio ad Einar e suscitando in lui tanta commozione.
Sì, doveva essere stato quello a sconvolgerlo più di tutti -rifletté Simone mentre se ne stava ancora per qualche istante in piedi sulla soglia della porta a pensare a cosa dire a Filippo-. Doveva essere stata la disperazione con cui Einar le si era gettato tra le braccia, le lacrime calde che gli avevano solcato le guance, il modo in cui l'aveva stretta, un appiglio che lo riportava indietro ad una realtà lontana dove Filippo era a malapena una comparsa, dove forse neanche esisteva. La reazione di Einar aveva mosso in Filippo qualcosa che andava ben oltre la gelosia, oltre la rabbia e la frustrazione del momento e che lo aveva lasciato totalmente inerme, dopo aver passato più di due ore a fare buon viso a cattivo gioco davanti alle telecamere.
"Comunque proprio brutta la ragazza de Einar, eh" buttò lì Simone, decidendosi finalmente ad attraversare il cortile e raggiungere Filippo lì dove se ne stava in disparte, seduto nel suo angolo buio. "Dalle foto m'aspettavo qualcosa de più"
Filippo neanche lo guardò. Si limitò a portarsi la sigaretta alle labbra e ad inspirare forte un generoso alito di fumo.
"Cioè, oddio, non era bella manco lì, però un po' meglio de così me pareva" continuò Simone, accennando una piccola risata che l'altro non colse e che, soprattutto, non ricambiò. Sospirò tra sé e sé, passandosi una mano tra i capelli, una sigaretta spenta incastrata tra le dita. "Che poi non so se l'hai visto ma non se l'è filata per tutto il continuo della puntata. Se voltava sempre dalla parte nostra"
Solo in quel momento Filippo sollevò la testa e fu allora che Simone potè vederla distintamente: disillusione. Pura e semplice disillusione. La realizzazione di aver vissuto per mesi in un mondo ben congegnato, dove tutto sembrava funzionare alla perfezione, per poi scoprire che la realtà era ben diversa da ciò che per tutto quel tempo aveva creduto. Filippo aveva la disillusione negli occhi, un velo di tristezza ed impotenza a segnargli il volto e Simone si sentiva così triste per lui, per quel ragazzo che reagiva sempre alle provocazioni con rabbia o che buttava tutto sullo scherzo, che fingeva sempre che niente lo ferisse, che i sentimenti non contassero, che a ventidue anni fosse così stupido, così insensato innamorarsi, e che si ritrovava adesso a corto di fiato e vuoto, maledettamente svuotato di ogni singola emozione.
Scosse impercettibilmente la testa, Simone, avvicinandoglisi di un passo.
"Senti, bro..." provò a dire ancora, sporgendosi per sfiorargli una spalla, ma Filippo si scansò, sgusciando via dalla sua presa con uno scatto molto più rapido di quello che l'altro si sarebbe aspettato.
"Dai, Simo, lasciami stare" borbottò, allontanando la sua mano ed affrettandosi a buttare la sigaretta mezza consumata nel posacenere.
Si strinse nella felpa bianca che aveva addosso e rientrò in casa, lasciandolo lì dov'era, ad ascoltare il pesante silenzio che era ora sceso nel giardino.
Simone si lasciò cadere sulla sedia precedentemente occupata da Filippo e rimase lì per alcuni minuti, indeciso sul da farsi, poi, quando cominciò a sentire troppo freddo, rientrò in casa.
Con sua grande sorpresa, non c'era traccia di Filippo in cucina e nemmeno in sala prove. Lo trovò in camera, le tapparelle abbassate per metà e la testa adagiata sul materasso, un cuscino bianco stretto contro il petto, come se fosse uno scudo con il quale proteggersi da chissà che cosa. Non stava emettendo alcun suono, ma non stava nemmeno dormendo e questo Simone poteva intuirlo dal suo modo di respirare intenso e a tratti irregolare.
Chiuse per un istante gli occhi, strofinandosi la radice del naso, poi, senza dire niente, andò a sedersi accanto a lui, nel piccolo spazio lasciato liberalo dal suo corpo.
Non parlò, Simone, ma si limitò a far scivolare le dita tra i capelli dell'amico e poi giù lungo la curva del suo collo, in un gesto che sperò potesse essergli di conforto. Filippo si irrigidì per un istante sotto il suo tocco, le braccia che si facevano d'istinto un po' più strette attorno alla stoffa del cuscino, poi le sue spalle si rilassarono e nel giro di pochi secondi il suo intero corpo si sciolse in pianto. Pianse in silenzio, gli occhi chiusi ed i polmoni che invece non sembravano intenzionati ad aprirsi, le spalle scosse da un lieve tremito che il tocco gentile di Simone stava solo in parte riuscendo a curare. Lui sorrise debolmente, rassicurato dalla sensazione di aver fatto la cosa giusta, ma non disse niente e continuò ad accarezzargli ritmicamente i capelli per minuti che gli parvero ore, finché infine non lo sentì calmarsi e scivolare in un fragile dormiveglia.
Sospirò, lasciandogli un'ultima carezza sulla spalla, per poi uscire dalla camera dei maschi e richiudersi silenziosamente la porta alle spalle.
Nella stanza accanto trovò Emma, seduta sul letto con un cuscino tra le braccia e l'aria nient'affatto sorpresa di chi aspetta visite. Li aveva sentiti rientrare qualche minuto prima e, stranamente, non si era aspettata di vedersi comparire davanti niente di diverso da Simone con l'espressione più sconfitta che potesse avere qualcuno che si ritrova intrappolato tra due fuochi, consapevole di essere completamente impotente.
"Come sta?" chiese, portando il cuscino dietro alla propria schiena e facendogli spazio accanto a sé.
Si era abbassata le maniche del pigiama e ne stava stringendo adesso i lembi tra le mani, come a volersi riparare da un freddo che probabilmente esisteva solo all'interno di quella casa. A nessuno piaceva quella situazione, nessuno sapeva a chi addossare quali colpe e che senso avesse poi, alla fine del gioco, sforzarsi di trovare un "colpevole" a quello che stava accadendo.
Einar e Filippo si erano ritrovati coinvolti in una storia decisamente più grande di loro ed avrebbero potuto trascorrere anni a cercare di capire chi avesse sbagliato di più tra i due, ma questo non cambiava la sostanza dei fatti: tutto quello non gli stava facendo bene e, finalmente, forse, iniziavano a rendersene conto persino loro.
"'Na merda, sta" constatò Simone, andandosi a sedere accanto alla ragazza e cingendole la vita con le braccia.
Emma portò le gambe sopra alle sue e gli si accoccolò addosso, prendendo ad accarezzargli distrattamente un braccio con le dita sottili e ben curate.
"Non- non capisco" si sforzò di dire in italiano, nonostante l'ora tarda e la stanchezza giocassero brutti scherzi alla sua già scarsa conoscenza della lingua. "Credevo.. you know.. I believed Einar was in love with him"
Simone annuì piano, guardando nel vuoto. La sua mente era ancora distante, ferma a quello che aveva visto fino a pochi minuti prima, a quello che aveva visto per tutta la serata.
Non aveva mai avuto dubbi sul fatto che Einar provasse qualcosa per Filippo, così come sapeva che Filippo provava per Einar molto di più di quanto desse a vedere, ma era tutto così complicato. Gli sembrava di impazzire.
"Che te devo dì" sospirò, carezzandole lentamente i capelli come aveva fatto con Filippo fino a qualche minuto prima. "Io n'c'ho capito niente. So solo che non ho mai visto due persone così innamorate fasse così tanto del male"
Ed in cuor suo presagì il sopraggiungere di una tempesta imminente.

Un'altra volta da rischiareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora