La poesia di un imprevisto

571 42 4
                                    

E che ne sanno gli altri
di quando ridevamo come matti

Sanremo - 5 febbraio 2019

Quella mattina Sanremo era letteralmente incantevole, un diamante prezioso incastonato in un golfo di rara bellezza. Il sole scintillava sullo specchio d'acqua del mare, coprendolo di una patina dorata e l'aria era così piacevole che pareva quasi fosse arrivata la primavera. Con le mani poggiate alla ringhiera del balcone ed il naso all'insù, Einar osservava il mondo da quello spicchio di Paradiso e si domandava cosa avesse fatto di tanto speciale per meritarsi tutto quello. Appena un anno prima la sua vita era un disastro, un ammasso di "vorrei" e "se solo potessi", un insieme di sogni traballanti incollati gli uni agli altri in una struttura dai contorni indefiniti che sapevano di vaneggiamento, mentre in quel momento era lì, era a Sanremo, e forse per la prima volta da quando quell'assurda avventura aveva avuto inizio si sentiva davvero pronto ad affrontare il palco che lo avrebbe atteso di lì a poche ore. Non c'era nient'altro che potesse desiderare dalla vita.
"...senti Ale, ti richiamo dopo che sennò faccio tardi per l'intervista con Radio Italia, okay? E, ti prego, dì a mia madre di non chiamarmi ogni due ore. Sto diventando pazzo, te lo giuro"
Ah, e poi c'era, beh... c'era sicuramente un valore aggiunto da tenere in considerazione in tutta quella storia, qualcosa di troppo insensatamente bello per poter essere trascurato.
"Hey" soffiò Einar quando, voltandosi alla sua sinistra, scorse Filippo sulla soglia del proprio balcone, lo sguardo basso sul telefono nel tentativo di chiudere la chiamata che aveva iniziato all'interno della stanza.
Filippo sollevò la testa di scatto ed un sorriso radioso comparve sulle sue labbra in automatico, come se l'associazione tra la presenza di Einar e la felicità fosse qualcosa di talmente scontato da non aver bisogno di essere spiegato a livello cosciente.
"Hey" lo salutò a sua volta, avvicinandosi per quanto poteva, nonostante le ringhiere ed il balcone della stanza di Ultimo a dividerli. "Scusami, non ti avevo proprio visto"
Einar si strinse nelle spalle, come a volergli dire non importa e poi "Come va?" gli chiese, sporgendosi anche lui per essergli più vicino.
"Ho un migliore amico che non mi parla così senza motivo, un altro apprensivo come una seconda madre e la mia vera madre che ha praticamente deciso di aprirsi un mutuo solo per tartassarmi di chiamate nei momenti meno opportuni. Per il resto me la cavo, tu?"
Einar ridacchiò.
"Sono questi i momenti in cui sono felice di non avere una madre. O, insomma, una madre presente" commentò, con una leggerezza che Filippo non gli aveva mai sentito usare per quello specifico argomento e che un po' lo sorprese.
Sorrise blandamente ed anche Einar sorrise, decidendo di toglierlo dall'imbarazzo di quella conversazione.
"Come mai Lori non ti parla?"
Filippo non aveva specificato chi fossero questi due fantomatici amici, ma era piuttosto semplice dedurlo e non era la prima volta che gli capitava di cogliere qualcosa di strano nel modo in cui lui e Lorenzo si comportavano in presenza l'uno dell'altro.
"Crede di sapere cose di cui non sa un cazzo" commentò Filippo con un mezzo sorriso ironico, optando per una verità estremamente parziale.
"Di solito quando Lori dice qualcosa su di te ha quasi sempre ragione" gli fece notare Einar perché li conosceva entrambi fin troppo bene per non sapere che Lorenzo era un po' la voce della coscienza di Filippo, il primo a difenderlo se ce n'era bisogno, ma anche il primo a portare alla luce quelle "verità scomode" che lui talvolta fingeva di ignorare, ma con le quali prima o poi avrebbe necessariamente dovuto confrontarsi.
"Sbaglio o stai prendendo le sue difese?"
"Ma se non so neanche per cosa avete discusso"
Filippo rise, scuotendo la testa.
Era decisamente meglio che Einar non lo sapesse.
Estrasse il pacchetto delle sigarette dalla tasca dei pantaloni e se ne infilò una in bocca, giusto per far cadere l'argomento senza sembrare scortese o eccessivamente evasivo. Il fumo era sempre stato un'ottima via di fuga in quei casi: gli permetteva di restare in silenzio senza destare particolari sospetti, lo rendeva disinteressato, quasi invisibile, senza per forza apparire sgarbato.
Einar a poca distanza da lui lo guardava in un modo strano, con una spensieratezza priva di pretese che lo rendeva bello da impazzire sotto quel sole tiepido e con un mare azzurro come i suoi occhi a fargli da legittimo sfondo.
"Posso rubartene una?" chiese dopo qualche istante, alludendo al pacchetto di sigarette che l'altro teneva ancora in mano. "Ho finito il filtro di quella elettronica ieri pomeriggio e tra una cosa e l'altra non ho avuto modo di passare a ricomprarlo"
Filippo gli rivolse uno sguardo di traverso, le labbra piegate attorno al filtro in un lieve sorriso. Lanciò il pacchetto di sigarette nella sua direzione ed Einar si ritrovò a fare un passo indietro sorpreso quando questo cadde tra le sue braccia, più in fretta di quanto avesse previsto di vederlo arrivare.
"Grazie" mormorò, accendendosene in fretta una e godendosi la prima boccata di fumo della giornata.
Fece poi per restituire il pacchetto a Filippo, ma lui lo fermò, facendogli segno di tenerselo.
"Te lo regalo, tanto ne ho un altro in valigia"
Einar arricciò il naso in una piccola smorfia.
"No, dai, non posso rubartelo così"
"Non me lo stai rubando, te lo sto regalando"
"Sì, ma é un po' come se te lo stessi rubando, dato che sono stato io a chiedertelo"
Filippo sollevò bonariamente gli occhi al cielo. Dio, perchè doveva far sembrare tutto così dannatamente complicato.
"Ein, seriamente, tienilo. Che vuoi che me ne faccia?"
"Mmh, non lo so, fumarle magari? Lo hai comprato t- hey!"
La risata fragorosa che Filippo si lasciò sfuggire quando l'involucro appallottolato delle sigarette colpì il braccio di Einar fu talmente sincera che sentì le lacrime salirgli agli occhi per l'insensata ilarità del momento.
"Oddio avresti dovuto vedere la tua faccia" ansimò, piegandosi con le spalle indietro e poi in avanti, fin quasi a perdere l'equilibrio. "Ti prego, ridammela. Voglio farlo di nuovo"
Einar corrucciò le labbra indispettito, massaggiandosi teatralmente il braccio, nonostante la pallina lo avesse a malapena sfiorato.
"Sei proprio cattivo" commentò con voce sofferente, prima di chinarsi a raccoglierla e tirargliela nuovamente indietro con tutta la forza che aveva.
Filippo rise ancora, parandosi con le mani, e poi fece lo stesso e continuarono ad additarsi e lanciarsi quella pallina improvvisata per un po', finché la finestra del balcone che li divideva non si aprì, così rapidamente da non dar loro modo di accorgersene.
"Me spiegate che cazzo sta a succede qua fuor- ahia"
Einar e Filippo si immobilizzarono di colpo, lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi. Rimasero per un istante in silenzio ad osservare Niccolò che si scrollava la pallina dai capelli, poi per pura casualità i loro sguardi si incrociarono e scoppiarono entrambi a ridere di gusto, come i folli che si sentivano in quel momento.
"Che cazzo ve ridete?" commentò il ragazzo quasi stizzito, ma subito la sua smorfia si trasformò in un ghigno e nel giro di qualche istante la pallina era già volata via dalle sue mani, colpendo Filippo in pieno petto. "Lo sapevo che c'eravate voi due dietro a tutto sto macello. Guarda se me devo fà cambià di stanza per colpa vostra"
Filippo sollevò gli occhi al cielo con fare teatrale ed Einar si ritrovò a nascondere un sorriso dietro al palmo della mano con la quale stringeva ancora il pacchetto di sigarette mezzo pieno.
"Passame almeno na sigaretta, va" sospirò Niccolò, intercettando il suo gesto.
Gli sorrise riconoscente quando lui gliela porse ed aspirò un po' di fumo, ridendo tra sé e sè.
"M'avevano detto che quest'anno sarei andato a Sanremo Big e invece me sembra di stare al Sanremo dei bambini dell'asilo" commentò ancora sarcastico, godendosi il lamento infastidito che provocò in Filippo.
Parlarono per un po', del più e del meno, scambiandosi qualche blanda informazione su quel poco che sapevano della serata, poi, a sigarette terminate e dopo essersi goduti per qualche istante ancora il sole, Niccolò si ritirò in camera per cambiarsi e Filippo ed Einar rimasero nuovamente soli, in piedi sui loro balconi distinti, vicini ma non troppo, a guardarsi con quello stupido sorriso che ancora tremava sulle loro labbra, minacciando di esplodere in una risata.
"Cazzo si è fatto tardissimo" commentò Filippo ad un certo punto, quando, gettando uno sguardo veloce al cellulare, si accorse che il tempo era letteralmente volato dal momento in cui aveva chiuso la chiamata con Alessandro. "Ein, io vado. Ci becchiamo nel backstage, ti va?"
Einar annuì.
"Si, sì certo, ci vediamo lì. Grazie per le sigarette"
Filippo gli riservò un ultimo sguardo ammiccante, prima di rientrare nella stanza e chiudersi la porta-finestra alle spalle.
Sospirò, portando le braccia stese sopra alla testa per rilassare i muscoli, poi si lasciò cadere sul letto ed un piccolo mugolio di gioia scappò dalle sue labbra. Sorrise, mentre affondava tra le pieghe del piumone bianco, sulla bocca un sorriso che sembrava tutt'altro che intenzionato a svanire.

Un'altra volta da rischiareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora