Capitolo 4

13 2 0
                                    


Una presa energica aveva attorniato la spalla di Lia scuotendola insistentemente e una voce, prima flebile, poi più nitida, la stava invitando sgarbatamente a svegliarsi.

Con occhi ancora impastati dal sonno e la mente confusa, aveva scorto, infine, una figura maschile quanto mai familiare.

«...ti vuoi svegliare?! », disse infine quella presenza irrequieta.

« Si può sapere che vuoi? », rispose invece Lia; ancora mezza addormentata, si era alzata a metà busto per osservare, con sguardo arcigno, suo fratello Alex che nel frattempo si era posizionato ai piedi del suo letto.

« Da quando dormi di pomeriggio? E per giunta senza aver pranzato! », esordì il ragazzo una volta ottenuta l'attenzione della sorella. Seduto in modo scomposto sulle coperte, si stava aggiustando ora i riccioli castani cadutigli sul viso, puntando, al contempo, i suoi occhi nocciola in quelli neri di lei.

« Per tua informazione, anche a me può capitare di non avere fame e se mi hai svegliato solo per dirmi questo allora puoi anche andartene ».

Sebbene non fosse al corrente dei suoi incubi notturni, Alex sapeva bene di non dover privare Lia di quei rari momenti di riposo se non voleva scatenare il suo carattere collerico; questo, però, sembrava essere proprio il suo passatempo preferito.

« Perché non stai un po' zitta, invece? » e così dicendo, si era portato un dito alla bocca mimando la parola "silenzio" con le labbra. Se mai fossero esistite delle Olimpiadi di provocazione, quel ragazzo le avrebbe sicuramente vinte: Lia odiava essere messa a tacere, soprattutto se a farlo era quell'istigatore di suo fratello.
« Smettila di fare così! », disse lei esasperata.
« Certo che no, ma ora ho altro di cui parlarti... », la sua voce si era fatta seria per attimo, « ...Mi serve il tuo aiuto per una ricerca di storia. »
Come al solito, se non era per infastidirla, quel ragazzo riccioluto andava da Lia solo per farsi aiutare nei compiti, o meglio, per chiederle di farli al posto suo prendendosene poi i meriti. Il suo tono bisognoso, però, non riusciva mai a smuovere l'indole orgogliosa di lei, che riusciva a emergere soltanto tra le mura domestiche.

« Senza neanche chiedermelo per favore? », ribatté Lia.
Contorcendo il viso in una smorfia simile a un sorriso, rispose: « "Per favore", mi aiuteresti a fare la ricerca di storia, adesso?! ». Alex non era mai stato bravo a chiedere favori, si dimostrava sempre troppo presuntuoso, come se tutto gli fosse dovuto.
« Spiacente, ma non posso. Ho delle cose da fare e non ho proprio tempo per darti retta. »
Il "no" non era mai stato contemplato nel vocabolario del ragazzo, il quale si sentiva quindi in dovere di infastidire la sua povera "vittima" fino a che non avesse ottenuto ciò che voleva.
Oltretutto, di lì a poco sarebbe sicuramente intervenuta sua madre, attirata dagli schiamazzi della sua camera e allora non ci sarebbe stato più alcun modo di sottrarsi ai desideri del fratello; l'unica cosa da fare, quindi, era giocare d'anticipo e creare delle mura più solide intorno alle sue scuse vacillanti.
« Domani ho un compito in classe e un'interrogazione, dimmi come dovrei fare se alla lista aggiungessi anche la voce "ricerca di storia".... e poi non saprei nemmeno da dove cominciare, per una ricerca non basta mica un'ora! », mentì sperando di liberarsi dalla presenza fastidiosa di Alex.
« Di certo saresti più veloce di me » rispose stizzito, « ma il punto è un altro, la verità è che tu non vuoi mai aiutarmi! ».
« Questo non è assolutamente vero, e tu lo sai! ». Lia ricordava bene quelle notti in bianco passate a correggere i suoi test di italiano, a realizzare i disegni per l'ora d'arte o a tradurre lunghi brani di inglese. Non l'aveva mai ringraziata per nessuna di quelle cose.
Continuarono a battibeccare così, come avevano sempre fatto, almeno finché Alex, spazientito dai continui rifiuti della sorella, non le ebbe assestato un pugno sul braccio per poi andarsene sbattendo la porta.
Alex non era solo un prepotente, era anche violento e irascibile, o almeno, così si era sempre dimostrato nei suoi confronti, ma nonostante questo suo temperamento, Lucille, la loro "imparziale" madre, sembrava non comprendere il perché dei continui rifiuti di Lia. Senza dubbio sarebbe presto arrivata per dire la sua sulla questione, e infatti...
Puntuale (e prevedibile) come un orologio, la porta si riaprì di scatto rivelando due occhi scuri alquanto contrariati e schermati da un grande paio di occhiali azzurri.

La madre di Lia attraversò la stanza a passo svelto e si fermò proprio di fronte alla finestra sul letto; le tende bianche le davano uno strano alone dorato a causa della luce del sole ancora abbagliante.

« Perché non vuoi aiutare tuo fratello? », esordì lei con una punta di delusione nella voce. Avevano fatto quel discorso centinaia di volte, sempre gridandosi addosso o offendendosi reciprocamente, ma Lucille si rifiutava di comprendere davvero il punto di vista della figlia, perciò continuò.

« Sai che a volte ha bisogno di aiuto, quindi perché vuoi negarglielo? »

« Non aiuterò qualcuno che non è neanche in grado di dire "per favore" o "grazie" e che non mi rispetta. Come se non bastasse è entrato e mi ha svegliato senza il minimo garbo e, prima che tu dica qualsiasi cosa, sappi che stavolta non ho intenzione di cedere. Non lo aiuterò! ». Dar sfogo ai propri pensieri non era mai servito a nulla con lei, era come parlare in mezzo a una tempesta che impediva a chiunque di ascoltare le sue parole.

« Lo sai com'è tuo fratello, Lia, ma tu devi cercare di essere più buona, più generosa. Fallo per me, almeno. »

« Sai che non riuscirai a convincermi così. Sarà sempre "no" se Alex non inizierà a trattarmi con un po' più di rispetto ».

« Sai di non essere migliore di lui. Siete solo due bambini capricciosi a cui piace insultarsi e litigare; quando crescerete una buona volta? »

« Non ho intenzione di farmi rimproverare anche quando non ce n'è motivo: mi ha chiesto aiuto e io non posso darglielo, punto. Se non hai altro da dire allora puoi anche andartene. »

Lucille aveva serrato le labbra, consapevole che qualunque supplica non sarebbe riuscita a smuovere Lia dalla sua decisione, ma prima che potesse chiudersi la porta alle spalle e guardarla con i suoi occhi scuri e tristi e gli occhiali azzurri, riuscì a dire: « Che delusione... » e, alla fine, se ne andò.

Non era la prima volta che Lia aveva dovuto ascoltare una frase del genere. L'aiuto reciproco e la complicità erano, per la madre, caratteristiche imprescindibili per due fratelli, a dispetto di qualsiasi circostanza e il fatto che Lia venisse meno a queste sue prerogative l'aveva resa soggetto di numerosi rimproveri.

Lei di certo aveva le sue colpe, ma Lucille sembrava concordare sul fatto che Alex, nonostante fosse il fratello minore, trattava Lia come una sottoposta, una serva, schernendola di continuo, a volte venendo addirittura alle mani: le riservava un atteggiamento da bullo, da prepotente, infischiandosene dei suoi bisogni e del suo dolore. Vani erano stati i rimproveri da parte dei genitori, volti più che altro a dar aria alla bocca che non a risolvere veramente il problema.

Lia si ributtò di peso sul cuscino con un tonfo sordo.

Si toccò il braccio nel punto in cui Alex le aveva tirato il pugno e dove presto sarebbe uscito un bel livido violaceo; nonostante fosse molto magro, il fratello era in grado di essere anche molto forte e quel segno, insieme a quelli che già le ricoprivano le braccia, ne erano la prova concreta, ma di certo non l'ultima.


A Lovely NightmareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora