Dopo la sfilata mi incontrai con Jimin e ci defilammo immediatamente per raggiungere il ristorante dove avevamo prenotato per quella sera. Appartato, sconosciuto, poco frequentato ma indubbiamente ottimo.
'' Dopo anni passati a girare per il mondo finiamo sempre per trovarci il nostro ristorante abituale, in qualsiasi città abbiamo un posto in cui preferiamo andare quando siamo troppo stanchi'' dissi sorridendo mentre mi avviavo verso un tavolo nascosto, poco illuminato, il giusto per mangiare e non doversi preoccupare di essere notati.
Jimin da dietro di me lasciò sfuggire una risata tenue, dalla melodia nostalgica mitigata dalla malinconia.
Dopo esserci seduti ordinammo i nostri piatti cinesi preferiti e della birra. Dopo aver preso il primo sorso puntai lo sguardo su Jimin. I suoi occhi guardavano distrattamente l'ambiente circostante soffermandosi su una scena probabilmente impressa più nella sua memoria che nella realtà.
''Le cose non torneranno come prima.'' Dissi guardando la schiuma della birra nel mio calice, non sapevo se quella affermazione fosse più per me che per lui.
La frangia color miele copriva leggermente gli occhi pieni di dolore che in quel momento sentivo puntati su di me. Non avevo bisogno di alzare lo sguardo per sentire quanto la mia affermazione lo avesse ferito ulteriormente. A volte non sapevo nemmeno io perché volevo sbattergli la verità in faccia quando sapevamo entrambi che nessuno dei due era riuscito ancora a superare la separazione. Lui ricordando, io cercando di dimenticare, non facevamo altro che farci del male ma non potevamo in nessun modo sfuggire agli occhi attenti l'uno dell'altro.
Lui continuava a guardarmi, dopo qualche secondo sospirò e disse '' pensi che non lo sappia? ''
Incontrai i suoi occhi, pensai che in quel momento i nostri visi esprimessero gli stessi sentimenti.
Il cameriere interruppe quell'attimo portando via con sé ogni lascito di quell'argomento. Continuammo la nostra cena come normali amici parlando di impegni e progetti.
Eravamo tornati da poco nell'hotel e ci stavamo dirigendo nelle nostre stanze, tra noi aleggiava di nuovo quel senso di malinconia nostalgica. Un silenzio assordante circondava i nostri corpi all'interno del claustrofobico ascensore.
'' Vuoi venire da me per un bicchierino di soju?'' Mi uscì dalle labbra, nemmeno ero nell'umore di bere ancora. Ero già alticcio dopo la cena ma avevo bisogno di colmare la solitudine ancora per un po' e sapevo che Jimin come me ricercava un contatto familiare, prima di tornare alla propria vita piena quanto vuota.
Jimin annuì impercettibilmente e mi seguì nella mia stanza. Le luci della città illuminavano debolmente l'attico immenso e spoglio in cui alloggiavo. Il bianco delineava nettamente i bordi degli oggetti dandone un'immagine distorta. La stessa immagine distorta data dall'alcol e dal dolore. Eravamo io e lui in piedi nella stanza a osservare la finestra che dava su un'immensa oscurità, ci guardammo sentendoci complici di un peccato comune.
Jimin si avvicinò carezzandomi una guancia, io ricambiai sfiorandogli leggermente un fianco.
Tenendo gli occhi fissi nei suoi profondi e tristi mi chinai per lasciare un leggero bacio a fior di labbra, tenendolo giusto il tempo di sentirne il calore. Continuai a baciarlo lungo la linea della guancia fino agli occhi mentre stringevo leggermente la mano intorno alla sua vita.
Jimin teneva gli occhi chiusi godendosi le mie cure. Continuavo a tenere la mia mano sulla sua guancia soffice percorrendola a volte con il pollice, rassicurandolo. Lo sentii rilassarsi sotto il mio tocco così lo presi per mano mentre ci avvicinavamo al letto bianco, mi sedetti portandolo sopra di me. Cominciai ad accarezzargli il petto tirando su il sottile velo della camicia che indossava. Il mio Jimin era sempre così bello e così fragile. Percorsi tutta la superficie della sua pelle liscia con le dita arrivando ai fianchi. Lo feci sollevare poco solo per poterlo baciare sopra la cintura che stavo intanto sfilando. Lui pose le mani sulle mie spalle sospirando piano al contatto intimo con le mie labbra. Finii di spogliarlo con cura ponendolo delicatamente sul materasso.
Lo guardai illuminato dalla luce fredda delle strade. Era di una bellezza eterea, di quelle che ti sfuggono dalle mani e dalla mente. Difficile da cogliere, la bellezza del tormento.
Iniziai a baciare la sua pelle morbida fino ad arrivare a gustare le sue labbra piene e soffici. Calde e tremanti. Tutto di Jimin trasmetteva quello che stava provando. Un'estrema solitudine. Un soffocante desiderio di affetto che lo consumava e che riusciva solo in un momento come quello a soddisfare.
Io riflettevo come in uno specchio ogni frammento dell'immagine di Jimin. Eravamo due figure riflesse che cercavano di colmare l'assenza di materia con una mera ombra.
Le mani bramavano contatto, i corpi calore, il cuore quiete.
Jimin sfilò la mia camicia assaporando con gli occhi ogni centimetro di pelle ambrata che sfuggiva al tessuto, iniziò a lasciarmi dolci baci umidi dalla spalla fino al collo deponendone alcuni più bramosi mentre io cominciavo a muovermi con il bacino unendo le nostre intimità in un contatto continuo e ritmato, come onda e risacca. Nonostante la necessità di calore reciproco nessun nostro gesto faceva trasparire cupidigia. Dovevamo assaporarci a fondo affinché questa scintilla potesse scaldarci per più tempo dopo la nostra separazione.
Dopo esserci liberati degli ultimi indumenti mi abbassai verso il suo inguine, posai alcuni baci bagnati intorno alla base del suo membro gustandomi i suoni melliflui che uscivano dalle sue labbra. Leccai tutta la lunghezza lentamente lasciando che la saliva ne bagnasse il percorso, arrivato sulla punta la inglobai passandoci intorno la lingua piano. Mi lasciai penetrare affondo accogliendo ogni centimetro dell'intimità del più grande. Liberai la bocca solo il tempo di inumidirmi le dita per prepararlo. Avevo adattato il ritmo dei miei affondi nella bocca con quelli delle dita premurandomi di non procurare il minimo fastidio nell'altro. I nostri amplessi possedevano sempre un'estrema dolcezza, ci prendevamo cura delle nostre ferite con delicatezza e attenzione. Così continuai a dargli piacere quando Jimin mi prese la mano portandola verso di sé facendomi capire che poteva bastare. Passai una mano stringendola dietro la sua testa e mettendo l'altra attorno alle sue spalle e mi infilai con il viso nell'incavo del collo, lui allacciò le gambe attorno alla mia vita stringendomi in un avvolgente abbraccio mentre iniziato a entrare dentro di lui. Mi muovevo dolcemente su di lui percependone la morbidezza e la cedevolezza sotto il mio tocco. Lui mi stringeva facendomi sentire compreso. Entrambi ci lasciammo accogliere l'uno nel tepore dell'altro, dimenticando solo per quel momento il nostro dolore.
Entrambi soddisfacendo il nostro piacere tra tenui sospiri come a non voler svelare al mondo il nostro rifugio. Ci stendemmo l'uno accanto all'altro senza dire nulla, godendoci quegli attimi e, ancora abbracciati, scivolammo in un sonno quieto profondo.
Angolo autrice:
Spero che il mio modo di scrivere sia chiaro, è una scena insolita ma volevo provare a descrivere un tipo di intimità diversa, malinconica, allo stesso tempo dolce ma molto triste. Non è precisamente smut nel senso comune perché non trasmette un senso si eccitazione ma più un senso di familiarità. Spero vi piaccia lo stesso, la mia ultima storia è una taegi, lo so che non è una coppia Canon ma ha il suo fascino quindi se avete un momento passate a dare un'occhiata a Depth. Buona serata e buona lettura (dato che stasera ne pubblico un paio di capitoli) ah e quel momento vmin della foto mi distrugge nel profondo.
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Addictive
Fanfiction''Erano passati 3 anni dall'ultimo Comeback. Alla fine la casa discografica ha annunciato lo scioglimento dei gruppo. Forse per il meglio.'' Taehyung sta cercando di superare una rottura che aveva ritenuto necessaria. Dopo anni arriva l'occasione d...