1 · Polvere e sogni

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10 febbraio 2021

Un formicolio le attraversò la pelle mentre la mente riprendeva possesso del corpo intorpidito.

Rimase immobile, non più abituata alle percezioni fisiche.

Ispirò con cautela e un'essenza di legno vecchio e erba fresca le scivolò nel petto. Dischiuse le labbra. L'aria aveva il sapore di zucchero e terra bagnata.

Nomi di fiori e spezie affollarono per un momento i suoi pensieri, poi si ridussero a un brusio di sottofondo. Ritornò nel proprio corpo.

Sentiva l'inverno nelle ossa, ma la sua pelle era calda.

Era rannicchiata su se stessa, braccia e gambe annodate come spire di un serpente. Nomi di animali si riversarono nella sua mente, poi scemarono come un attimo prima.

Da qualche parte vicino a lei proveniva il rosicchiare mesto di un topo. Era un suono ritmico e tranquillo che le insegnò di nuovo la scansione del tempo.

Aprì gli occhi, ma non trovò altro che buio. Non si scompose.

Non c'era pericolo. Né fretta.

C'erano stati?

Ricordava di aver corso, ma le sue gambe erano ben riposate. Forse aveva urlato, ma la sua gola non era né secca né dolente. Il prima era solo una vaga consapevolezza.

Tastò il pavimento di pietra su cui giaceva e si sollevò a sedere.

Il topo, nascosto nell'oscurità alla sua destra, smise di rosicchiare e cominciò ad annusare.

Ascoltarono una il respiro dell'altra, aspettando senza muoversi, studiandosi senza decidere. Due animali che potrebbero coesistere indisturbati ma che scapperanno di un due direzioni diverse per il solo motivo di essersi incrociati.

Ingrid sapeva di avere una sola possibilità. Sollevò le braccia e batté le mani una volta e il topo abbandonò qualsiasi cosa stesse rosicchiando per correre via.

Ascoltò le zampette dell'animale raschiare sul pavimento di pietra mentre si allontanava verso sinistra, poi il suono si fece di colpo più attutito.

Ingrid si alzò in piedi e si mosse nella stessa direzione in cui era scappato l'animale. Avanzò finché le sue mani non incontrarono una parete.

Pietra a sinistra, legno a destra. Una scanalatura e dei grossi cardini al centro. Seguì la lastra di legno finché le sue dita non si chiusero intorno ad una maniglia all'altezza del suo bacino.

Tentò di abbassarla, poi alzarla. Spinse e tirò, ma qualsiasi cosa tenesse chiusa la porta non cedette.

Si fermò a riprendere fiato.

Aveva le dita roventi e i polpastrelli che formicolavano. Si massaggiò il palmo della mano, ma il senso di indolenzimento persistette.

Si sgranchì i polsi, poi si avventò di nuovo sulla maniglia, questa volta con tutte le proprie forze.

oOo

Il botto provenne dal pianoterra, così forte e così inaspettato che Esther per poco non si rovesciò dalla sedia.

Dopo, ci fu di nuovo silenzio.

Esther rimase immobile, una mano aggrappata al tavolo davanti a sé e l'altra premuta sul petto per impedire al cuore di balzarla fuori dal corpo.

Cosa diavolo era stato?

Lanciò uno sguardo all'orologio. Era appena mezzogiorno, non c'era speranza che gli altri venissero in suo soccorso prima di qualche ora.

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