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Giocherellavo nervosamente con il mio ciondolo d'oro bianco mentre fissavo incessantemente il tè fumante davanti ai miei occhi. 

Le mie mani, sottili e tremolanti, non avrebbero più sfiorato per parecchio tempo quell'insolita tazza con rappresentato un docile orso polare che mostrava un muso ormai incolore.

«Papà?»

Alzò il suo grave sguardo dal giornale che stava flemmaticamente leggendo, come ogni mattina, e mi guardò con aria afflitta.

Aveva sicuramente notato quella vaga lacrima che aveva appena rigato la mia guancia rosea, ma decise di non prestare attenzione a quel particolare ormai quotidiano.

Cercai di assumere un'espressione azzurra e pulita, ma nonostante i miei ingannevoli sforzi, il tentativo restò vano.

«Non son più sicura di voler partire».

Il volto di mio padre si strinse in uno sguardo abbattuto e, dalle pieghe che assunse la pelle lungo il contorno dei suoi occhi, percepii il dispiacere che si celava dentro di lui.

Prese tempo prima di rispondermi, alzando pacatamente la sua tazza traboccante caffè bollente.

Arricciò la bocca e soffiò e, soltanto quando si accertò che la bevanda avesse assunto una temperatura ragionevole, ne bevve un sorso.

«Questo è il tuo sogno, io sono orgoglioso di te, bambina mia».

Con il capo chino e la testa inondata da un aggrovigliamento di idee contrastanti, strinsi forte tra le dita la medaglietta con inciso il mio nome.

Le luci dell'alba iniziavano a penetrare all'interno della nostra confortevole casetta, dalle finestre filtravano raggi di sole che si disperdevano nell'ambiente circostante.

La tappezzeria color ambra che rivestiva insistentemente le pareti del salotto sembrava ancora più accecante di quanto non risultasse già.

Il divano era stato trapuntato qualche settimana prima da un'umile sarta della contrada parallela alla nostra, e il tavolo in legno d'abete iniziava a deteriorarsi sui bordi, rivelando i suoi cospicui anni di operato.

Erano ormai svariati mesi che mio padre bramava il desiderio di acquistarne uno più moderno, ma cercai incessantemente di persuaderlo. Ero molto attaccata a quell'anziano pezzo di legno che effondeva ancora una sensibile fragranza di pino.

Ero perfettamente edotta del fatto che il mio babbo, non appena avessi lasciato il suolo norvegese, avrebbe sostituito quel vecchio avanzo con un mobile fiammante.

Ed ero crucciata all'idea che mio padre comprasse della mobilia in mia assenza: non si era dimostrato un grande intenditore nel campo dell'arredamento.

Al mio sedicesimo compleanno si presentò con un imponente letto a baldacchino, accuratamente realizzato da abili mani dell'entroterra. Il materasso era rivestito da una sottile stoffa color glicine e il piumone raffigurava una comitiva di fatine curiose che mi fissavano con pupille paglierine e iridi carbone.

E nonostante l'imbarazzo che provai nel fingere vana quanto mi piacesse quel regalo, mi sentii gratificata e lieta per l'amore e lo stupore che suscitava in me quell'uomo, ogni giorno.

«Un anno passerà in fretta, vero?»

Il suono fremente della mia flebile voce riecheggiò all'interno della stanza.

Il mio corpo gremì di quiete quando mio padre allargò le sue maestose braccia stringendomi in un abbraccio in cui desideravo abitare per il resto dei miei giorni.

«Certo, bambina mia. Vai a prepararti».

Mi staccai lentamente dalla stretta. Con l'indice della mano destra cancellai l'afflizione dalle mie guance lentigginose e mi avviai verso le scale.





Fuoco 🔥

Ciao carissimi lettori!

Innanzitutto, se siete arrivati sino a qui, un enorme e caloroso grazie! Vi meritate un sacchetto di caramelle gommose 🍬

Allora, per chiunque pensi che la nostra cara Maui sia una leprotta piagnucolosa e impaurita, si sbaglia! So che questi primi capitoli possono lasciarlo intendere ma.. datele una chance, please!

Tra un paio di capitoli troveremo, negli abissi più profondi e agli antipodi della terra, una creatura molto singolare.

Basta spoiler. 😹

Baci e abbracci, orsetti! 🐻

Come danzano le ondeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora