Capitolo 1

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La pioggia mi bagna i vestiti e delle gocce mi sgorgano lungo le guance come fossero lacrime.
Non sto piangendo ma mi sento ugualmente di affogare.
Ho corso, così a lungo da non sentirmi più la gambe, così tanto da perdere la cognizione della realtà e non essere più io ma solamente un essere amorfo, senza storia.
Ultimamente mi capita spesso di correre, più forte, più lontano, più del dovuto, più di quanto vorrei.
Sarà che per un momento mi dimentico dei miei, di mia sorella e del rimorso per cose che dovrei fare ma che poi non faccio mai perché mi disinteresso subito, perché nulla mi attrae e nulla più mi tocca.
Mi riparo sotto la tettoia di una vecchio magazzino in periferia e fumo da solo, perché il leggero calore che produce la sigaretta mi da sempre l'effimera sensazione di avere qualcosa dentro oltre al rancore.
Sussulto e mi accorgo di non essere da solo:
C'é qualcuno nascosto dietro ad una panchina, proprio lí, in fondo ad una strada.
Afferro il mio coltellino dalla tasca posteriore dei jeans e lancio il mozzicone per terra.
Avanzo a grandi falcate verso quello stronzo che sta osando spiarmi:
Non la passerà liscia.
Ma ciò che mi ritrovo davanti non era quello che mi aspettavo:
C'é una ragazza al suolo, con i vestiti sgualciti e strappati.
Ha una grande ferita al sopracciglio ed il sangue si sta mescolando pian piano all'acqua piovana.
Appena mi vede inizia a singhiozzare:
"Basta, lasciatemi stare!"
Sta tremando dalla testa ai piedi e non penso sia solo a causa della pioggia.
Abbasso all'istante il mio coltellino e purtroppo la situazione mi sembra più che chiara.
Mi avvicino ma lei indietreggia, i suoi occhi azzurri mi fissano sbarrati e non ci trovo luce, un pò come quando mi guardo allo specchio ed osservo i miei.
Ha le labbra viola:
da quanto tempo é qui?
"Non voglio farti del male"
Mi chino alla sua altezza e le do la mia giacca, per riscaldarla.
La prende, inizialmente riluttante.
In men che non si dica il tessuto della mia t-shirt mi si appiccica addosso ed inizio a tremare anche io.
Siamo solo noi due in mezzo alla strada, entrambi consumati ed infreddoliti, uno davanti all'altro.
Faccio per aiutarla ad alzarsi ma indietreggia di nuovo, spaventata.
Non si fida ma come darle torto dopo ciò che le é successo?
Mi allontano, ristabilendo il confine da lei tracciato.
"Come ti chiami?"
Vedendo che non risponde mi affretto ad aggiungere:
"Io sono Diego"
"Tu sei di queste parti?"
Cerco di raccogliere informazioni ma lei continua a non rispondere a nessuna delle mie domande, complicando la situazione.
Sospiro.
Non possiamo stare tutta la notte sotto la pioggia.
Decido di afferrarla per i fianchi, posizionandola sulla mia spalla sinistra.
Inizia a tempestarmi di pugni:
"Lasciamiii"
Inizia a piangere.
"Shhh, fa silenzio dannazione..."
"Non ti farò niente, voglio solo portarti all'asciutto" le dico, all'orecchio.
Continua a piangere ma non urla più e pian piano le sento rilassare la muscolatura e ciò mi colpisce perché percepisco che sono riuscito davvero a fare un foro, almeno per un secondo, nel suo castello di paura e ribrezzo, comportandomi per la prima volta, come un bravo ragazzo.

Fumo da solo ~ IziDove le storie prendono vita. Scoprilo ora