Chapter one- American Museum of Natural History

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New York è bella sempre. D'estate, la si potrebbe amare od odiare.

Le belle giornate regalano anche ai più impegnati l'occasione di mettere il capino fuori casa e godersi la loro città, il loro posto, le piazze si svuotano -per quanto possibile, siamo sempre in una metropoli mondiale-, l'afa avvolge qualunque malcapitato che esca di casa nelle ore di punta senza portarsi dietro almeno un condizionatore o due.

Quest'ultimo è il caso di un ventunenne che avrebbe dovuto fare più attenzione alle previsioni meteo per la giornata quando erano passate sulla televisione che teneva come sottofondo perenne in casa, invece di fregarsenene altamente ed uscire imperterrito di casa in pantaloncini e felpona, graniticamente convinto che quel giorno non avrebbe poi fatto così caldo.

Jeon Jungkook soffocò qualche imprecazione, mentre cavava dalla tasca le cuffie, puntualmente annodate anche se vi erano state riposte in perfetto ordine appena prima di uscire di casa, e si asciugava già la fronte, maledicendosi una volta in più, per la sua sbadatezza e per non aver avuto la lungimiranza di indossare una maglietta a maniche corte sotto il felpone, che era costretto a tenere indosso, adesso, fino a che non fosse tornato a casa. Eppure, dato che viveva in quella città da due anni, avrebbe dovuto saperlo che il cielo sopra New York era capriccioso, confusionario e volubile, esattamente come lui, che nonostante tutto aveva scelto quel pulsante agglomerato urbano in continua evoluzione come casa.

Casa è un concetto difficile da spiegare a chiunque ne abbia una, e l'ha sempre data per scontata. Dicono che spesso casa non siano quattro pareti, ma chiunque ti faccia sentire un po' meglio, ma spesso le persone non sono quello che sembrano e un certo affetto non se lo meritano, e allora può succedere anche che qualcuno riesca a farsi da casa da solo, a bastarsi, che è sempre la cosa più difficile, quando tutti pensano sempre che la solitudine non porti da nessuna parte.

La solitudine può essere casa se intesa come una confusione organizzata nel quale ti senti protetto, al sicuro, libero di essere te stesso sapendo che gli altri con la loro noncuranza te lo permettono e ti proteggono, e New York è un ottimo posto per questo. Anche per qualcuno che è sempre vissuto tra le nuvole, e forse è meglio che le persone invece di proteggerlo con la loro indifferenza gli diano un bel ceffone per ripiantare quei piedi a terra.

A Jungkook era sempre piaciuta l'idea di poter volare via. Era partito, anche se forse sarebbe meglio dire letteralmente scappato, da quella che avrebbe dovuto chiamare casa. Come se per fare una casa bastasse una costruzione a due piani in una cittadina minuscola sperduta nel nulla, come se un mucchio di mattoni e cemento potessero riparare qualsiasi vuoto, anche uno che non si poteva davvero vedere, ma solo scorgere negli occhi di lui che quel vuoto dopo anni passati a fingere di essere completamente felice così ad accontentarsi cominciava a sentirselo dentro.

Da quel momento in cui si era chiuso alle spalle il portone dell'abitazione dei suoi genitori -sì, era la definizione esatta- erano passati più di ventiquattro mesi, e dissoltisi ormai la confusione ed il disorientamento dei primi giorni, ormai poteva quasi definirsi un newyorchese fatto e finito. Certe volte provava ad immaginare un'altra vita nella quale lui era nato in America e la sua lingua madre era quello slang larghissimo che sentiva vociare intorno a lui in ogni luogo, ma ogni volta che era a tanto così dal convincersene passava puntualmente davanti ad un specchio, che prontamente gli restituiva l'immagine di un ragazzo dalla pelle chiara, i capelli castani ed ondulati e gli occhi scuri ed allungati. E a quel punto, sospirando, si rammentava che per quanto lui potesse credere di appartenere a quel posto, quegli occhi avrebbero fatto in modo che non lo credessero gli altri. Il razzismo è una cosa strana.

Il segnale acustico di uno dei semafori nei dintorni della fermata della metropolitana di Times Square, la più vicina all'appartamento nel quale viveva, lo avvertì che non era un buon momento per continuare a litigare con quei dannati auricolari, aveva solo dieci secondi prima che scattasse di nuovo il rosso e dieci minuti prima che passasse la sua metro, quella che lo avrebbe portato a lavoro, come constatò con una sbirciatina al cellulare. Aveva trovato posto come bigliettaio all' American Museum of Natural History diversi mesi prima, e non aveva intenzione di abbandonarlo per nessuna ragione al mondo. Più che il posto, non aveva intenzione di abbandonare l'abituale passeggiata quotidiana a Central Park, letteralmente all'altro lato della strada, ma quello era un altro discorso.

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