Chapter four- SOHO

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Piccolo controllo mentale, l'ultimo, prima di uscire definitivamente di casa. Luci? Spente, non poteva rischiare di lasciarle di nuovo tutte accese come l'ultima volta. Finestre? Chiuse, con le serrande abbassate, per buona misura. Testa sulle spalle? No, quella non ce l'aveva più da un pezzo, per essere costretto a ripetersi di nuovo quella monotona serie di azioni da fare prima di chiudersi la porta del suo appartamento alle spalle, ma aveva fatto tutto. Jungkook chiuse a doppia mandata, e con un sospiro mal trattenuto si lanciò tra la folla.

Da un po', chissà per quale motivo, non riusciva a rimanere in casa per più di un paio d'ore filate, lui che era stato capace di vivere per settimane passando semplicemente dalla cucina alla camera da letto. Ovviamente, non era per chissà quale motivo. Chiunque avrebbe saputo dirgli che stava così da quando aveva rotto definitivamente con Taehyung, ma lui continuava a trincerarsi dietro alla cortina di magre convinzioni secondo le quali tutta quella storia, e il carico emotivo che si era portata appresso, gli sarebbero presto scivolate addosso, e che bastava solo aspettare. Anche i muri della sua casa, se avessero potuto, gli avrebbero dato un vigoroso schiaffo per fargli capire l'errore nel quale stava scivolando giorno dopo giorno, ma Jungkook era sempre stato bravo ad immaginare cose che non esistevano, soprattutto se quelle cose erano convinzioni che sperava gli rendessero quell'improvvisa, ma non nuova, solitudine meno pesante.

Per diverso tempo, aveva creduto che non sarebbe mai più stato solo, e la parte divertente era che non riusciva ancora a capire come fosse finita così. Lui e Tae erano stati felici per tutta la durata della vacanza del secondo, il limite di tempo che era stato loro concesso: due settimane, poi Taehyung era tornato a casa. Durante i quattordici giorni che avevano passato a scorrazzare su e giù per la Grande Mela, come in un tacito accordo non avevano mai menzionato il dopo, cosa sarebbe successo quando uno di loro due sarebbe salito su un aereo di tratta intercontinentale e l'altro l'avrebbe osservato decollare dai vetri dell'aeroporto insieme ai propri sogni, sapendo che non ci sarebbe mai più stata meno di una webcam a separarli.

Quando Taehyung era andato via era appena la fine di luglio, ma per l'altro l'estate era finita nel momento in cui era tornato a casa dall'aeroporto. E non perché fosse finita tra loro, anzi, li aspettavano mesi e mesi di videochiamate, di biglietti aerei comprati ogni mese sempre con New York come destinazione, di chat intasate di messaggi, di calcoli scientificamente precisi sul fuso orario e di bollette telefoniche che sfioravano le stelle. Non era quello a preoccupare Jungkook, ma la strisciante sensazione sottopelle che non sarebbe durata: lui non riusciva a curare i rapporti quando le persone ce l'aveva davanti e poteva guardarle negli occhi, figuriamoci quando la persona in questione era letteralmente in un altro Paese. E aveva avuto ragione: piano piano, era finito tutto. Gli aerei erano stati usati sempre di meno, poi le telefonate si erano accorciate e i messaggi diradati. Non era finita a causa dell'amore scemato, perché Jungkook era graniticamente sicuro che se a dividerli fosse stata qualche decina di migliaia di chilometri in meno, sarebbero rimasti insieme per tutta la vita. Dire che era stata la distanza sarebbe risultato banale, ma era del tutto vero, anche se una parte della colpa era comunque sua. Durante una delle loro interminabili passeggiate a Central Park dopo il suo turno di lavoro, Jungkook aveva appreso che l'altro abitava abbastanza vicino a quella che era la casa dei suoi genitori, gli stessi che lo pregavano incessantemente di tornare indietro, di tornare a casa. Taehyung non gli aveva mai chiesto di tornare insieme nel loro Paese, probabilmente perché conosceva già la risposta, ma spesso lui gli aveva letto quel desiderio nascosto nello sguardo. Magari non sarebbe stata nemmeno una brutta idea, ma non l'aveva mai presa in considerazione, l'idea di abbandonare quella stabilità che si era costruito da solo, un valore aggiunto che rappresentava un punto a favore sopra tutto il resto, era impensabile, anche se magari dall'altra parte avrebbe potuto affidarsi a qualcun altro per mettere in piedi una felicità che da solo sembrava sempre stare su instabile. Aveva fatto male? Probabilmente sì, dato che l'estate stava cominciando di nuovo, e lui era solo ad aspettarne l'avvento scendendo dalla metro alla fermata di SOHO.

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