Chapter six- Bowling Green Park (Christmas in New York)

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Jungkook, dall'alto dei suoi ventitrè anni, poteva tranquillamente affermare di non avere più così tante paure. Se da bambino aveva odiato i ragni, ogni tipo di insetto, gli spazi troppo stretti, ora era tranquillamente in grado di farsi beffe di tutti quegli spauracchi infantili. C'era, però, qualcosa che nel profondo lo inquietava ancora.

-Ma è mai possibile che questa gente debba travestirsi per qualsiasi cosa? Ad ogni festività, tirano fuori costumi sempre diversi e intonano canzoncine a tema. Ti giuro, mi fanno paura-.

Il ragazzo al cui braccio si era inconsciamente stretto si mise a ridere, accarezzandogli il ciuffo che spuntava dal berretto indossato per proteggersi dal freddo.

-Tae dai, non ridere!- Jungkook, indossato un broncio che avrebbe fatto invidia a quello del bambino che era appena passato accanto a loro, urlando e chiedendo un lecca-lecca, aveva cercato di divincolarsi dalla stretta, misero tentativo che aveva avuto come risultato solo l'essere stretto più forte. Non che si stesse lamentando, anzi.

Dall'estate precedente, effettivamente, erano cambiate un po' di cose. La prima, il cambiamento più evidente: dopo quei giorni passati a New York con il preciso intento di trovare l'altro –confessione che aveva diviso Jungkook tra la tenerezza e la voglia di sfotterlo fino alla fine dei tempi-, Taehyung non era mai salito sull'aereo di ritorno. Per un po' si era arrangiato nell'appartamento di Jungkook, fino a quando non era riuscito a trovare un lavoro stabile abbastanza da permettergli di aiutare con le spese e trasformare l'appartamento nella loro casa. Non ci era voluto molto, in realtà: per Jungkook, quelle quattro mura avevano assunto il significato di casa, casa sua e di Taehyung, la prima volta che aveva visto uno dei cappelli osceni che l'altro praticamente collezionava con il solo scopo di infastidirlo pendere dal paralume della lampada dell'ingresso.

Quello sarebbe stato il primo Natale che avrebbero passato insieme. Mentre addobbavano l'albero, Jungkook si era reso conto che non vedeva l'ora di godersi anche la versione invernale del suo ragazzo, quella col naso arrossato dal freddo, i maglioni a collo alto e quegli scarponi vecchissimi che ormai teneva per affetto e non perché facessero davvero caldo. Al giorno in cui avrebbero aperto i regali mancavano ancora due croci sul calendario, e, memori della loro vecchia usanza di uscire ad esplorare la città non appena ne avessero avuto la possibilità, si erano ritrovati nel Bowling Green Park, un vecchio parco pubblico tra Manhattan e Broadway, che ospitava dei mercatini di Natale itineranti che venivano da Strasburgo, in Europa, e alla cui entrata avevano trovato quei ragazzi travestiti da folletti che avevano dato loro il benvenuto, e che avevano inquietato così tanto il più piccolo tra i due.

-Allora, dove vuoi andare prima?- esordì Taehyung, con gli occhi assottigliati in direzione dei cartelli che segnalavano la posizione delle bancarelle. –potremmo andare a vedere quegli oggettini intagliati di legno che ti piacciono tanto, o assaggiare un pretzel dolce, dicono siano buoni, o cercare qualche altra decorazione per l'albero di Natale-

-O magari sederci un attimo con un bicchiere di vino cotto e star tranquilli- suggerì Jungkook. L'altro smise di sciorinare proposte a assottigliò di nuovo gli occhi nocciola, stavolta per un sorriso. –O potremmo prendere il vino cotto, sì-.

E chi l'avrebbe mai detto, pensò Jungkook mentre osservava quello che ormai orgogliosamente chiamava il suo ragazzo fare slalom tra le casette decorate di rosso, che Taehyung avesse un così smisurato amore per il Natale. Il primo Dicembre, un sabato che entrambi avevano libero, lo aveva tirato giù dal letto alle otto di mattina, costringendolo a cercare un negozio di articoli natalizi da poter svaligiare a quell'ora funesta. E una volta decorata la casa tanto che ormai più che un appartamento sembrava la Lapponia, aveva preso il computer, cioccolata calda in bilico sul bracciolo del divano sul quale si era spaparanzato, e aveva cercato la posizione di tutti i mercatini di Natale della città, vicini o lontani che fossero. Quello dove si trovavano in quel momento era uno degli ultimi della lista.

-Guarda, Kook! Credo che quella piacerebbe moltissimo a tua madre-.

Jungkook si girò nella direzione indicata da Taehyung, verso un fioraio che aveva tutta una serie di stelle di Natale esposte in vetrina.

Sì, ormai avrebbero dovuto pensare anche a quello, perché Taehyung deteneva orgoglioso il merito di esser riuscito a riportarlo a casa dei suoi genitori, anche se solo per qualche giorno. Era settembre, gli alberi cominciavano a colorarsi appena di arancione, e quando la madre di Jungkook li aveva visti sulla soglia di casa, il figlio aveva seriamente temuto uno svenimento. Avevano pranzato tutti insieme, i due avevano dormito nella cameretta del più piccolo per la notte, ed erano ripartiti la mattina dopo per far visita all'altra famiglia in trepidante attesa. Era stata una visita breve, ma che aveva riallacciato rapporti ormai sfilacciati dalla distanza.

-Invece di concentrarti sempre e solo sui regali, pensa un po' anche a noi. Cosa vuoi mangiare?-

-Voglio quello lì-.

-Non sarai un po troppo grande per i waffles zuccherati in quel modo?-

Taehyung roteò gli occhi, ma sapeva già di aver vinto. Cinque minuti dopo, non solo teneva orgogliosamente tra le mani il suo waffle decorato con glassa al cioccolato bianco e praline di zucchero colorato, ma Jungkook accarezzava il suo portafoglio con aria ferita. A quella vista, l'altro gli diede semplicemente un buffetto sulla fronte, lasciandogli una striscia di cioccolato che pulì velocemente con un bacio. –Sei solo triste perché costava troppo e non hai potuto prenderne uno anche tu, Kookie, ammettilo- lo sfidò Taehyung a bocca piena; prima che Jungkook potesse protestare e dire che ormai lui non indulgeva più in tali cibi infantili, l'altro gli mise il waffle sotto il naso. Un attimo dopo, era Taehyung quello con l'aria ferita, mentre un Jungkook decisamente più contento cercava di spiegare a suon di baci e carezze come del dolce ne mancasse misteriosamente la metà.

Era stato davvero un pomeriggio da cartolina. Mancava solo la neve, e ad un certo punto era arrivata anche quella: piccoli fiocchi che spiccavano sui capelli tinti di grigio di Taehyung come piccoli diamantini. Mentre girava su sé stesso, felice come un bambino, con tutti i pacchetti di piccoli regali e dolciumi che aveva comprato che cadevano a terra con un tonfo sordo, Jungkook sentì proprio di amare quello scapestrato che per lui aveva fatto tutto, e che ora, com'era giusto, si lasciava un po' viziare. E sentì l'urgenza di dirglielo.

-Tae?- il ragazzo si fermò e si girò a guardarlo, le ciocche che cominciavano già ad appiccicarsi alla fronte a causa della neve che si scioglieva sulla pelle calda.

-Sì?- dov'erano i pennelli, le tempere, gli acquerelli, quando servivano? Dov'era il materiale necessario per consegnare il viso perfetto che aveva davanti ai posteri, in modo che anche loro potessero ammirarlo?

-Nulla- scrollò le spalle, come se quello che stava per dire non avesse avuto importanza –ti amo.-

Il silenzio, per un attimo, fu interrotto solo dalla neve che leggera si depositava sull'asfalto, poi Taehyung sorrise. Uno di quelli di cui la neve avrebbe riflettuto la luce, tanto ampi da mostrare le gengive e da rendere paffute le guance.

-Anche io.- si fermò un attimo a pensare, e poi, dopo aver raccolto le buste e preso la mano del suo ragazzo, trascinandolo in direzione di casa: -Cavolo, però, quanto sono felice-.

Dove avrebbe dovuto firmare, Jungkook, per fare in modo che quelle fossero le uniche parole che avrebbe sentito pronunciare da Taehyung, da lì in poi? Come? Sul suo cuore, il suo nome? Oh, ma l'aveva già fatto. Una mattina si era svegliato, e aveva trovato quella firma lì guardandosi allo specchio. E aveva sorriso, perchè, ormai Jungkook l'aveva imparato, non c'era nulla di male o strano nell'appartenere a qualcuno. Non se quel qualcuno era Taehyung.


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