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"Elen, potresti passarmi le dispense di meccanica razionale?" chiedo gentilmente all'elegante ragazza mora seduta affianco a me, riducendo gli occhi a due fessure

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"Elen, potresti passarmi le dispense di meccanica razionale?" chiedo gentilmente all'elegante ragazza mora seduta affianco a me, riducendo gli occhi a due fessure.

È il primo giorno del mio secondo anno alla Yale University ma ho già capito che quella materia mi farà sputare sangue per il restante semestre: un bel mix di algebra lineare, analisi e fisica.

Che gioia

Accarezzo quei fogli di carta, all'apparenza innocenti, imbrattati da formule matematiche nere come la pece e, con un sonoro sbuffo, lascio cadere la testa sul tomo.

"Chi ce l'ha fatto fare?" sbotta Anne alzando gli occhi al cielo ed affondando le dita tra i lunghi capelli biondi. Le sue mani, candide e longilinee, scendono poi lungo la fronte dove inizia a sfregare insistentemente i polpastrelli sulle tempie.

"L'altissima percentuale di frequentanti maschi rispetto a qualsiasi altra facoltà" sbotto allargando un sorrisetto sfrontato sulle labbra e facendo scoppiare a ridere entrambe le mie vicine di banco. 

"Penso sia una ragione sufficiente, grazie Ingegneria" concludo arricciando le labbra in un bacio scherzoso che faccio schioccare teatralmente.

Attorno a noi, intanto, gli studenti iniziano a prendere posto per la lezione successiva, interrompendo i nostri dialoghi e facendoci alzare e sedere ripetutamente per farli passare.

Odio la conformazione topologica dell'aula C8, non mi stupirei se mi riferissero che è la più vecchia e malmessa dell'intera Università.
I banconi in legno sono completamente ricoperti di scritte, conta un gran numero di sedie rotte e, fattore peggiore per una ritardataria cronica come me, l'unica porta d'ingresso è situata accanto alla lavagna. 

Finalmente, con soli dieci minuti di ritardo, entra in aula il nuovo professore accerchiato da una miriade di ragazzi. Un signore distinto sulla sessantina con una folta barba grigia ma sfortunatamente pelato, che regge sottobraccio una valigetta in cuoio marrone. Si presenta alla folla ed incomincia la lezione alternando alle prime formule simpatici aneddoti personali, il cui unico scopo è mettere in evidenza il suo carisma per fargli fare una buona prima impressione su di noi.

Solita tipologia di professore che ti incula all'esame.

Ci annuncia che il corso a cui prenderemo parte unirà i due grandi rami in cui è solita dividersi Ingegneria e che quindi dovremo frequentare per la prima volta assieme agli Industriali. Quella notizia eccita Elen al punto tale da farle lanciare un acuto gridolino di gioia che attira l'attenzione di tutti, professore compreso, su di noi. È infatti risaputo che gli studenti di meccanica sono i più fighi in circolazione e noi non vediamo l'ora di vederli sfilare, uno per uno, davanti ai nostri occhi.

Finita la lezione decidiamo di sistemare le nostre cose nelle due stanze che ci sono state assegnate per soggiornare all'interno della struttura.
La Yale è una vera e propria università americana, con tanto di squadra sportiva, mascotte e frequentanti che provengono da tutto il mondo.

Percorriamo un lungo corridoio, che ci porta ad oltrepassare la segreteria ed il refettorio, fino ad arrivare ad una ripida scalinata in marmo.
I dormitori maschili e femminili sono divisi nelle due ale dell'edificio ma, fortunatamente, le finestre delle camere si affacciano tutte sullo stesso stretto vicolo interno.

Anche quest'anno le nostre stanze saranno al secondo piano una accanto all'altra, niente e nessuno ci potrà mai separare.

Decido di non perdere ulteriore tempo ed entrare nella mia. Spaziosa e molto luminosa, una doppia ad uso singolo con un'ampia portafinestra che si affaccia sul fiorito passaggio interno che ci divide dall'altra ala di stanze. Prendo la valigia, la appoggio sul letto per svuotarne il contenuto e dedico un po' di tempo ad appendere fotografie ed involucri di vinili alle pareti per decorarle, rendendo l'ambiente leggermente più accogliente.

* * *

"Cay, tu e i tuoi gusti musicali ammuffiti" sbuffa la biondina riavviandosi la cioccia di capelli che le era caduta davanti agli occhi quando decido di dare un tocco di stile alla, fin troppo ripetitiva, musica commerciale emessa dalla cassa Marshall.

"Camera nostra, regole nostre"

Alzo le mani in segno di resa per poi far partire Rude Boy di Rihanna a tutto volume, vorrà dire che quando entreranno in camera mia le obbligherò ad ascoltare l'intera playlist di Michael Jackson.

Le ragazze sembrano apprezzare visto che si mettono a ballare muovendo i fianchi a tempo e facendo svolazzare i capelli.
Le guardo divertita, scuotendo lentamente la testa, e appoggio il cellulare sul mobile di legno accanto a me.

"Brook basta. Spegni quella canzone in sottofondo!"  esclama indispettita Anne dopo avermi lanciato un'occhiataccia.

Cosa hanno ancora da lamentarsi?

Fermo la riproduzione per ascoltare meglio, la mia amica ha ragione.
C'è un'altra fonte di rumore ma non ne sono io la causa, proviene da fuori.

Alzo lo sguardo facendolo vagare oltre la finestra, ormai si è fatto buio ma c'è una strana tensione nell'aria.

Mi avvicino al vetro e lascio scorrere le dita sul freddo metallo che ne delinea il perimetro, applicando una pressione faccio girare la maniglia. Non appena esco sul balcone vengo pervasa da un ritmo incalzante, luci, risate e fumo.

Un festino. I nostri vicini, o meglio, quelli di fronte a noi stanno dando un festino in camera.

Sul terrazzino c'è un nuvolio di ragazzi con delle sigarette tra le labbra e cocktail in mano. Sono talmente tanti, stretti un uno spazio così piccolo, da prenderne il conto. Sono radunati in semicerchio attorno ad un biondino, seduto di schiena (e che schiena), con una chitarra tra le braccia.

"Musica dal vivo" esclama uno di loro alzando un calice nella nostra direzione "molto meglio di Rihanna"

DISPOSABLE (Cuore monouso)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora