Capitolo 4

1 1 0
                                    

Araton fu condotto nella tenda di Isil e lì legato a un palo che reggeva la struttura, in posizione seduta. Era ampia e il terreno ricoperto da tappeti. Al centro c'era un tavolo, in realtà un’asse di legno poggiata su cavalletti, su cui era spiegata una mappa di Mòr Roinn. Isil la stava ancora esaminando quando si rivolse al suo prigioniero.
«Allora ti piace la mia tenda?»
Il giovane Saile non rispose, limitandosi a guardare per terra.
«Sei tornato silenzioso? Ormai siamo amici, puoi parlare.»
Ma ancora una volta non ricevette risposta.
Terminò tranquillamente di esaminare la mappa e poi, lentamente, andò a sedersi di fronte ad Araton incrociando le gambe. Sorrideva.
«Ma non ti fai delle domande? Non vuoi sapere perché vi abbiamo attaccato, perché gli altri sopravvissuti sono ammassati su un carro, mentre tu sei qui, forse non proprio comodo ma al caldo e soprattutto in mia compagnia, che sono forse la persona più importante del regno dopo il nostro sovrano Droch?»
Araton sospirò.
«Non mi importa del perché. Lo avete fatto e ve la farò pagare.»
Isil scoppiò a ridere. Una risata fragorosa e divertita.
«E questo risponde alla domanda sul perché ti voglio tenere con me. Sei sfrontato, fiero e anche un po’ stupido. E a quanto dice la mia soldataglia sei stato il migliore dei tuoi. E io i nemici più pericolosi li voglio tenere vicini e sotto controllo.»
Aspettò per vedere le reazioni di Araton, che si limitò a fissarla negli occhi. Era difficile dire quale emozione trapelasse da quegli occhi di smeraldo.
Isil, oltre alla fierezza che aveva imparato a conoscere, ci vide rabbia e, forse, una punta di disprezzo.
«A proposito di nemici… Penso che sarai contento di sapere che qualcuno è riuscito a fuggire. Non sappiamo ancora chi sia, ma sono stati trovati alcuni dei nostri, ormai cadaveri, nel bosco che porta al Monte Baldus. E sai qual è la cosa interessante? Che sono morti a causa di un incantesimo. Un incantesimo molto potente. Abbiamo interrogato gli altri prigionieri e abbiamo scoperto molte cose interessanti, lo sai? Per esempio che i pochi che sapevano usare la magia sono morti, tranne due: la tua sposa, Elora e sua sorella Alcalime.»
Atanor spalancò gli occhi per la paura.
«Se fate loro del male, io…»
«Tu cosa?» lo interruppe Isil.
«Sei inerme finché sarai sotto il mio controllo. E comunque io ho intenzione di riunirvi. Vi farò stare nella stessa cella una volta arrivati a Ròs Laidir. Non sono ancora nelle nostre mani ma i tuoi compaesani ci hanno dato una loro descrizione dettagliata quindi è solo questione di tempo. Ho inviato messaggi a soldati e cacciatori di taglie, che batteranno tutta Mòr Roinn per trovarle.»
«Maledetta!» Gridò Atanor.
«Basta!» intimò Isil fattasi improvvisamente seria.
«Re Droch non tollera più i riti sacrileghi di voi Saila. Teme che i nostri dei distruggeranno il regno se voi non smetterete di adorare le vostre divinità. Ecco perché vi abbiamo attaccato, era un assaggio dei suoi progetti per voi. I Saila avranno presto una scelta: convertirvi o morire. Beh dei miei in realtà. Ho convinto io il re a ordinare l'attacco. »
«E tu credi davvero che  i tuoi dei distrugggeranno il regno se noi continuamo ad adorare i nostri dei?»
«No, io non credo agli dei.  Ma Droch sì ed è stato facile convincerlo. Per me è una questione politica. Voi Saila siete troppo autonomi e siete in troppi. »
«Non ci siamo mai ribellati da quando esiste il regno Maistir. Abbiamo sempre riconosciuto i sovrani Maistir.»
«Sì, ma come ho già detto siete troppo autonomi. Non rispettate i nostri dei anche se questo a me non importa granché, pagate tributi troppo bassi, e commerciate poco fuori dalla vostra regione. È ora che vi integriate di più. Almeno come i Barya. Hanno le loro credenzeze, ma sono aperti al resto del mondo. Voi no.»
«Provocherete una rivolta.»
Isil sorrise perfida.
«Nel qual caso vi stermineremo!»

***

Elora e Alcalime dormirono nel fienile sopra giacigli di paglia amorevolmente preparati dall'anziana contadina. Come da loro richiesto furono svegliate di buon mattino. Il contadino portò loro del latte appena munto e dei tozzi di pane e si fermò a parlare con loro.
«Così volete attraversare il lago. A un paio d'ore da qui c’è un villaggio di pescatori. Dovete seguire la strada principale, non potete sbagliare. Andate alla locanda “Pesce d'oro” vicino al molo. Troverete sicuramente qualcuno con una barca che vi porterà dall'altra parte. Ecco, tenete» porse loro un sacchetto di cuoio.
«È del denaro. Non è molto, ma vi basterà per pagarvi un pasto alla locanda e la traversata del lago.»
«Noi non possiamo accettare!» disse Elora, imbarazzata.
«Avete già fatto tanto per noi: ci avete ospitato, sfamato e ci avete donato dei vestiti. Non vogliamo privarvi anche del denaro.»
Il vecchio uomo sorrise.
«Il Viandante ci ricompenserà.»
Prima di partire, le sorelle presero commiato dalla coppia ringraziandoli ulteriormente per tutto quello che avevano fatto per loro.
Sulla strada Elora lanciò un incantesimo sulla terra dei contadini. Il raccolto sarebbe stato abbondante per diversi anni, forse più di quanti ne rimanessero alla buona coppia.
Arrivarono al villaggio facilmente e non ci misero molto a trovare la locanda. Era rustica, con lunghe tavole di legno grezzo e un forte odore di birra e pesce. Non era piena ma gli avventori chiacchieravano allegramente, qualcuno a voce decisamente alta. Qualcuno giocava a dadi o alla morra. Un paio di giovanotti correvano qua e là, sincerandosi che non ci fossero piatti e, soprattutto, bicchieri vuoti. L'oste invece era in piedi, vicino alla porta delle cucine, intento a controllare il lavoro dei suoi garzoni e la soddisfazione dei suoi clienti. Elora e Alcalime sedettero in una tavolata ancora vuota e poco dopo l'oste venne a prendere le ordinazioni.
Mentre consumavano una buona zuppa di pesce fumante, le sorelle decisero che alla fine del pasto avrebbero chiesto all'oste se conoscesse qualcuno disposto a dar loro un passaggio oltre il lago. Nel frattempo si guardarono intorno. Si era creato un certo via vai di avventori e a un tratto Elora si accorse di due soldati Maistir in armatura, e notò che di tanto in tanto lanciavano fugaci occhiate verso di loro.
Fece un cenno ad Alcalime.
«Finiamo in fretta e andiamocene - sussurrò. - torneremo stasera a chiedere informazioni.»
Ma il piano non andò a buon fine. Prima che potessero alzarsi da tavola, i soldati si erano avvicinati.
«Che cosa ci fanno due ragazze sole in una locanda?»
Disse il più alto dei due, con il fiato che puzzava di vino.
«E non sono due ragazze qualunque, sono Saila.» intervenne l'altro, accarezzando una ciocca di capelli rossi di Alcalime, che sporgeva dalla cuffia del vestito donatole dalla contadina.
«Ma davvero? Ancora più interessante. Sapete ci sono proprio due fuggitive Saila che la comandante Isil vuole assolutamente. E c’è una bella ricompensa per chi gliele porta!»
Alcalime spalancò gli occhi per la paura e sentì il cuore battere come un tamburo. Elora stava per lanciare una magia ma un lampo d'argento fendette l'aria e tagliò di netto il braccio di uno dei soldati. Il suo gridò di dolore fu quasi subito strozzato dalla lama che gli tra fisse il petto e subito dopo il suo compare fece la stessa fine. Sulla locanda era calato il più assoluto silenzio e tutti gli occhi erano fissi su un uomo di media altezza, dai corti capelli castani che teneva una spada in una mano e un pugnale nell'altra. Con calma ripulì le armi dal sangue delle vittime e le rinfoderò, poi gettò una moneta d'oro all'oste che, pur attonito come tutti gli altri, meccanicamente prese al volo.
«Scusa se ho sporcato un po’.» disse lo straniero e con tranquillità si diresse verso l'uscita. Si fermò a metà strada.
«Ah, se delle brave guardie vi dovessero chiedere cosa è accaduto a questi due balordi dovrete dire la verita: si erano ubriacati e si sono azzuffati tra loro, finendo con l'uccidersi a vicenda. È chiaro?» Ci fu un mormorio di assenso spaventato.
L'uomo si rimise in marcia, facendo un cenno col capo alle ragazze indicando di seguirlo.
Alcalime guardò interrogativa la sorella, che dopo un attimo di incertezza annuì brevemente e si alzò per seguire lo sconosciuto.
«Che avete fatto per meritarvi le attenzioni di quelle guardie?» chiese l'uomo misterioso quando furono lontani dalla locanda.
«Tu chi sei? Perché ci hai salvate, tra l'altro con un'azione tanto sconsiderata?» domandò di rimando Elora.
«Preferivate stare con quei due gentiluomini?»
«No, ma…» rispose Elora, incerta se continuare a giocare il ruolo di ragazza indifesa o dirgli la verità. Non fu necessario scegliere.
«Comunque mi chiamo Ghilian e non mi piacciono molto i Maistir, specie quelli che fanno i prepotenti. Ma ora che sapete chi sono io, mi sembra corretto dirmi chi siete voi e cosa ci fate fuori dal Sailand, non capita spesso.»
Elora era titubante ma Alcalime parlò.
«Io sono Alcalime e lei è Elora. La nostra gente è stata attaccata dai Maistir proprio durante il suo matrimonio. Ora stiamo cercando qualcuno che ci faccia attraversare il lago per poi andare a Dwyfon.»
«Dwyfon non è la mia meta finale, ma ci devo passare. Potreste venire con me, un po’ di compagnia non mi guasterebbe. E voi non siete equipaggiate per un viaggio così lungo, io invece ho un bel carro con delle provviste. Ho già contrattato un passaggio per attraversare il lago. Il capitano non farà storie per due passeggeri in più. Partiamo stasera»
Alcalime accettò con entusiasmo, Elora era molto più dubbiosa, ma non si oppose.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 18, 2019 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Alcalime {sospesa} Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora