Capitolo secondo - Sara

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Odio i matrimoni.
Se non si trattasse di quello di mia sorella, avrei accampato la scusa di essere malata. E invece sono qui, a interrogarmi per l’ennesima volta sui motivi che l’hanno spinta a farlo.
Non capisco granché il senso di queste cerimonie. Oddio, dovrei essere contenta per mia sorella, ma siamo sinceri! Che speranze ha di essere felice con uno che fino al giorno prima è stato un donnaiolo famoso in tutto il circondario? Dobbiamo proprio credere alle favole e sperare che l’amore compia l’incantesimo?
Mi spiace, sono molto più pragmatica, per quanto mi riguarda questa è una giornata persa.
Sospiro, rassegnata, durante lo scambio degli anelli, mentre mia madre e le varie zie e cugine si sciolgono in lacrime. Spendere fior fior di euro per l’estetista e poi rovinare tutto: la logica dei matrimoni.
A Napoli, si sa, sono eventi che tirano fuori il meglio delle persone… È una gara a chi è più originale, più sontuoso… più… ridicolo.
Ecco. Non saprei trovare un vocabolo più adatto. Me ne intendo di parole, quindi so quello che dico. Ho tollerato per mesi gli sproloqui di mia sorella su vestito, fotografo, partecipazioni, addobbi floreali, ristorante e amenità del genere. Sono una persona tollerante e voglio davvero bene a mia sorella, ma giuro che ci sono stati momenti che hanno messo a dura prova la mia pazienza.
«Come fai a non commuoverti?», singhiozza accanto a me mia cugina Rita. «È così romantico!».
«Cosa ci trovi di romantico in una folla di persone riunite in pieno luglio a sudare sotto la cupola di una chiesa?»
«Dici così perché non hai un fidanzato!».
«Per questo è tanto acida», rincara la dose Simona, un’altra delle nostre cugine.
Signore mio, che male ho fatto per meritarmi questo?
«Silenzio! Stanno per concludere!», ci redarguisce mia madre, entrata in modalità Terminator: niente e nessuno potrà rovinarle questa giornata.
Chiudo la bocca, decisa a preservare il mio fegato già messo a dura prova. Del resto lo devo mantenere in salute in vista del buffet. Se proprio devo soffrire, che almeno sia per riempirmi la pancia di schifezze.
Anche se, a onor del vero, c’è un inconveniente alquanto fastidioso, anche per me che odio stare qui. Si sente risuonare per le volte della basilica un rumore non proprio elegante: pare che qualcuno mi abbia battuto in quanto a noia e stia dormendo saporitamente. Russando, addirittura.
Il risucchio tipico è inconfondibile. Mia madre fa finta di nulla, ma è davvero impossibile ignorare quel suono. Più di una persona si gira per capire da dove provenga il rumore molesto. Seguo la traiettoria e non posso fare a meno di trattenere una risata alla vista del colpevole: è un uomo, apparentemente sulla trentina o poco più, bruno. È totalmente vestito di nero e porta anche gli occhiali da sole. In chiesa. Forse prevedeva di dormire e li ha indossati per questo, per mascherare gli occhi chiusi.
Peccato che le adenoidi denuncino in modo clamoroso il suo livello di interesse per quello che gli capita attorno.
Se dovessi tirare a indovinare, credo sia uno degli amici di bevute dello sposo.
Bell’amico, non c’è che dire. Fossi in lui mi arrabbierei da matti, ma in fondo mica è il mio matrimonio!
Mi volto rapidamente e smetto di prestargli attenzione: non è che un altro uomo stupido e superficiale.
Per grazia divina la predica chilometrica è terminata. Siamo arrivati al momento della firma. Vorrei fiondarmi fuori, ma mia madre mi artiglia il braccio: è decisa a non perdersi un secondo e vuole coinvolgere a tutti i costi anche me. E io che avrei voluto riemergere alla luce del sole!
Mi ritrovo, invece, inscatolata tra i seni di zia Filomena, che per sfogare la sua felicità ha deciso di trattarmi come un orsacchiotto di peluche.
«La mia bella nipote! La mia bella nipote si è sposata! Prego tutti i giorni di vedere questo giorno anche per te!», confessa senza alcun pudore.
«Risparmia le preghiere per le tue figlie, zia», farfuglio tentando di divincolarmi.
«Oh, ma le mie figlie non hanno bisogno di preghiere». “Tu invece…”, sembra sottintendere.
Non c’è che dire, i miei parenti hanno il tatto di un elefante.
Posso già immaginare cosa stia pensando. Io sono la nipote sfortunata, quella che, a trent’anni, non si è ancora sposata, quella che è al matrimonio della sorella minore senza un fidanzato. Dalle mie parti la mia condizione viene considerata una vera e propria tragedia.
Odio il fatto che mi guardino come una povera vittima della società. Io la società ce l’ho in pugno! O almeno ci provo.
Devo tollerare ancora per quanto il suo sguardo compassionevole? Per una manciata di ore?
“Sara, stringi i denti e pensa al buffet”, mi ripeto come un mantra, avvicinandomi a mia sorella per salutarla.
Sonia è l’immagine della felicità: bella oltre ogni dire, ha ereditato dai miei tutta l’altezza che io non ho. In compenso io ho fianchi e curve che valgono per due, ma sono dettagli.
Mia sorella mi stringe affettuosamente, ma il suo sguardo è calamitato dal neo-marito, che pare non riesca a stare lontano da lei troppo a lungo, quindi mi affretto a lasciarla libera. Non mi piace fare da terzo incomodo. Ci avviamo all’uscita e mi posiziono dietro di loro, ma capisco quasi subito quanto sia poco brillante l’idea: fuori sono tutti schierati come cecchini, pronti a tirare il riso. Se c’è una cosa che detesto all’ennesima potenza è il riso che si appiccica dappertutto e ti entra perfino nelle mutande.
La mia espressione infastidita si trasforma in un attimo in puro terrore quando mi rendo conto che oltre al riso stanno lanciando anche i confetti. La famosa smania di fare meglio di cui ho parlato: ma che intenzione hanno? Di ucciderci a suon di confettate?
Neanche il tempo di pensarlo che uno di quegli oggetti volanti fa un tuffo carpiato direttamente sulla mia faccia. Il tentativo di proteggermi è vano, perché il proiettile zuccheroso si conficca in una delle lenti dei miei occhiali. I miei occhiali nuovi, per la precisione.
«Teo!», grida lo sposo, dirigendosi come una furia verso l’uomo in nero, quello che ci ha allietati con la sua russata in do minore. È lui il colpevole?
Mi sfilo gli occhiali e strizzo gli occhi. Due sono le cose: o mi condanno a una serata passata a tastare i muri per non cadere, o me li rimetto e mi rassegno ad avere un aspetto ridicolo. Per il momento inforco di nuovo la montatura e decido di affrontare il bello addormentato. Il suo è stato un gesto premeditato, ci scommetterei il reggiseno.
Il mio tentativo di parlargli non sortisce però l’effetto aspettato: non che immaginassi che mi avrebbe risposto gentilmente, ma addirittura guardarmi come se fossi un moscerino che gli offusca la visuale…
La mia belligeranza raggiunge i livelli di guardia mentre lui mi scruta quasi stesse per scrivere una recensione su di me. Dal suo sguardo comprendo che mi darebbe una sola stellina. Come se lui fosse bello!
Oddio… bello è bello, con quei capelli scuri e quegli occhi azzurri. È alto e ha un fisico niente male. Sarò anche cinica e disincantata, ma so riconoscere un bel ragazzo quando lo vedo, anche se mi funziona solo un occhio, al momento. Mi ha fatto l’onore di togliersi gli occhiali da sole costosi e ora mi sta omaggiando del suo sguardo disgustato. Ma chi si crede di essere? Sarà pure un bel ragazzo, ma sono sicura che ha la profondità di un cucchiaio d’acqua. Un uomo senza consistenza.
«Sei un cafone!», lo attacco senza troppe cerimonie. Ed è strano, perché in genere non sono scortese con gli sconosciuti, ma questo tira fuori il peggio di me e credo che la colpa sia unicamente sua.
«Me ne farò una ragione», ha il coraggio di replicare, dandomi le spalle e fuggendo come se avesse un lupo mannaro alle calcagna.
Razza di… razza di…
Il mio cervello non riesce a formulare un insulto adeguato. Un momento! Non sarà mica scappato credendo, per qualche contorto motivo, che io abbia provato a flirtare con lui?
A giudicare da una prima occhiata, deve avere un ego grande come un castello gonfiabile, di quelli che usano i bambini alle feste di compleanno. È plausibile che abbia temuto che ci stessi provando con lui?
Il pensiero mi fa scoppiare in una fragorosa risata: è una cosa assolutamente ridicola.
Spiacente, mio caro, ma non sei il mio tipo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 22, 2019 ⏰

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