24

5.5K 377 98
                                    


Siccome mia madre dice il vero quando sostiene che penso sempre al peggio, non ho chiuso occhio per cercare di capire cosa avesse turbato Jake al punto da cacciarmi dalla sua stanza, con quell'aria a metà tra chi vorrebbe sferrare un pugno al muro e chi soffre di delusione cronica. Ma un pugno destinato a chi? E deluso da cosa?

Tanto per cambiare non sono giunta a nessuna conclusione. Quindi, alla fine, il sonno ha preso il sopravvento - ma, dopo quell'ora striminzita di riposo, ho ripreso a macinare ipotesi come e più di prima... e la teoria più solida di tutte si è fatta largo dentro di me: adesso che la notizia delle riprese è stata resa pubblica, Jake non ha più bisogno di me. Ci penserà l'eco del film a mantenerlo sulla cresta dell'onda o, perché no, un nuovo amore conosciuto proprio sul set, di quelli capaci di far sognare generazioni intere.

Non gli servo più. E quindi tanto vale che si liberi di me.

Nella mia testa, questa teoria muta in certezza a ogni gesto che compio: lavo la faccia e sono una povera illusa; spazzolo i denti e sono stata fregata; pettino i capelli e Jake è uno stronzo; scelgo un bel vestito e vorrei mandarlo a quel paese.

Poi arriva il momento di occuparsi del trucco e mi faccio più vicina allo specchio. Da questa distanza riesco quasi a contare le piccole efelidi che ho sul naso, mi meraviglio della pienezza delle mie labbra come se le vedessi per la prima volta e, finalmente, mi concedo un po' di tempo per scrutarmi a fondo, guardandomi dritta negli occhi.

«Ho fatto la mia parte» ragiono ad alta voce, mentre lo specchio si appanna sotto il mio respiro. «E anche se lui non dovesse più avere bisogno di me, avrò comunque ottenuto qualcosa.»

La promozione, ad esempio.

«Di certo non ci perdo.»

Eppure, l'idea di tornare a Torino in anticipo e con la coda tra le gambe non mi rende felice per niente.

«D'accordo, forse mi sto fasciando la testa prima di rompermela, come al solito» medito osservandomi con occhi a mezz'asta. «In fondo, Lorrain ha assunto lo Studio per un altro motivo.»
Termino di prepararmi come ringalluzzita e, mentre salgo sull'ascensore che mi porterà nella sala della colazione, canticchio mentalmente un motivetto sentito per radio. Nella mia testa continua a suonare la musica dei Coldplay, almeno finché non mi avvicino a sufficienza al tavolo a cui sono seduti Jake e Mia; dopodiché Jake accenna un mezzo saluto privo di colore e si allontana con il cellulare ben premuto contro l'orecchio, portando con sé anche la voce e il carisma di Chris Martin.

«Buongiorno!» esclama Mia, indubbiamente di buonumore. «Pancakes?»

Ho lo stomaco chiuso, non riuscirei a farci entrare neppure una briciola. Scuoto lentamente la testa.
«Non ero mai stata in Italia, mi piace tantissimo!»

«Ne sono felice.»

«Qui si respira bellezza in ogni angolo, non vedo l'ora di visitarla tutta! Tu di dove sei?»

«Torino» mormoro funerea. «Più a nord.»

«Dove c'è il museo del cinema? Ne ho sentito parlare, sembra ci sia una gigantografia di mio padre appesa a una delle pareti! Sarei davvero curiosa di and...»

«Mia, non è che... sì, insomma, so che ci siamo presentate solo ieri e tutto il resto. Ma mi chiedevo se tu avessi idea di cosa stia passando per la testa di tuo padre.»

«Per il film, intendi? Oh, ne è entusiasta, non sta più nella pelle perché è un po' il suo ritorno a...»

«Non mi riferisco al film» mi faccio più vicina e la bellissima ragazzina che ho di fronte fa altrettanto. «Pensavo più alla mia presenza qui.»

Purché se ne parliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora