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Mi svegliai sentendo il mio cellulare vibrare nella tasca della felpa. Aprii gli occhi e mi accorsi di essere sui sedili posteriori della macchina di Niccolò, appoggiata al suo petto, con un suo braccio dietro la spalla. Risposi sussurrando, per evitare di svegliarlo: "Elena?"

"Meg, dove sei?" rispose lei dall'altra parte del telefono.

"Sono con Niccolò. Non preoccuparti, torno da sola a casa."

"Oddio grazie!" esclamò. "Finalmente sei uscita dalla tua fase da emo!"

"Cretina" le dissi, prima di accorgermi che stavo sorridendo.

Chiusi la chiamata e misi il cellulare nuovamente in tasca, prima di guardare Niccolò. Stava dormendo, forse l'unica ora della notte in cui ci era riuscito.

Lo vidi muoversi leggermente, prima di aprire gli occhi e accorgersi della situazione.

"Cazzo!" esclamò. "Scusami, non volevo addormentarmi" si scusò.

"Non preoccuparti" lo rassicurai. "Per una volta che sei riuscito a dormire!" scherzai.

"E poi" aggiunsi, "sono io la prima ad essersi addormentata."

Guardò un attimo il cellulare, prima di: "Cinque chiamate perse da Adriano. Direi che è ora di tornare alla realtà, Wendy."

Detto ciò, uscì dalla macchina, per poi rientrare al posto del autista, e lo stesso feci io, prendendo posto alla sua destra.

Non appena tornammo dagli altri, mi ritrovai gli sguardi di tutti addosso. Grazie al cielo Adriano smorzò la tensione dicendo: "Ah eccovi, pensavamo di dover chiamare la polizia."

Luca ci fulminò con lo sguardo e dovetti ammettere che, pur essendo perfida, mi diede grande soddisfazione fargli credere di aver passato la notte con Niccolò.

"Ecco le tue cose" disse Elena, porgendomi il mio zaino sorridendo. "Andiamo a casa? Ho delle cose da fare nel pomeriggio."

Non potei non notare lo sguardo che si scambiarono lei e Adriano, e mi appuntai mentalmente di chiederle spiegazioni più tardi.

"Certo" sorrisi, allontanandomi leggermente dal gruppo.

Ognuno di noi recuperò le proprie cose, per poi dirigerci verso i rispettivi mezzi. Stavo per mettermi il casco, Elena aveva già acceso il motorino, quando sentii: "Aspetta!"

Mi voltai e vidi Niccolò venirmi incontro. Si avvicinò quasi imbarazzato, per poi sorridermi: "Non mi hai ancora detto il tuo nome."

Sorrisi di rimando, prima di rispondere: "Chiamami Wendy."

Lui abbassò un attimo lo sguardo, poggiando le sue mani coi fianchi, quasi come se si sentisse sconfitto, ma allo stesso tempo divertito: "Allora, ciao Wendy."

"Ciao Nic" sorrisi, prima di mettermi il casco e salire dietro la mia amica, che partì all'istante.

Mi voltai un attimo per vederlo diventare sempre più piccolo, mentre ridendo raggiunse la sua macchina.

Una volta arrivata a casa mia, prima di entrare, mi fermai a parlare con Elena. Io in piedi con il mio casco in mano, lei ancora a sedere sul motorino, ora spento.

"Devi dirmi qualcosa?" domandò, con lo sguardo di chi la sa lunga.

"No, la vera domanda è: tu cosa devi dirmi. Ho visto come vi siete guardati tu e Adriano prima" ribattei subito, divertita.

Lei, colta in fragrante, rise.

"Usciamo insieme oggi pomeriggio" spiegò divertita.

"La tua milionesima conquista" risi.

Lei era l'opposto di me: spigliata, divertente, sempre sorridente e piaceva sempre a tutti, soprattutto ai ragazzi. Aveva avuto più di un'avventura, qualche relazione stabile qua e là, e aveva sempre vissuto la sua vita al momento. Eravamo talmente diverse che delle volte mi chiedevo come fosse possibile che fossimo amiche.

"Questa volta è diverso, Meg. Penso mi piaccia davvero" disse, arrossendo leggermente.

"Sono veramente felice per te, Ele. Ti meriti un po' di tranquillità, ancora di più in questo periodo."

La sua ultima relazione non era finita poi così bene. Non lo aveva mai dato a vedere, ma ci era stata male. Ci eravamo lasciate entrambe a distanza di un paio di giorni, per motivi completamente diversi, eppure, ancora una volta, avevamo fatto le cose insieme.

"E tu, con Niccolò?" domandò poi.

Roteai gli occhi: "Non è accaduto nulla, lo giuro."

"Peccato. Ti servirebbe un po' di svago."

"Se con svago intendi andare con il primo che capita, sai benissimo che non fa per me."

"Intendevo dire vedere qualcuno che non sia io e con il quale tu possa comunque parlare e passare del tempo" disse, puntualizzando ciò che voleva dire prima.

"Sai che è difficile per me."

"Tu, Margherita, sei una di quelle persone che si fanno troppi film mentali" mi ammonì. Poi aggiunse: "In ogni caso, vuoi dirmi che cos'è successo e perché stamattina non c'eravate?"

Sospirai, rassegnata al fatto che glielo dovessi raccontare: "Lui voleva andare a vedere l'alba e io mi sono svegliata. Poi mi ha chiesto se volessi andare a vederla su una collina, per vederla su tutta Roma. E ci siamo addormentati in macchina. Mi hai svegliata tu questa mattina quando mi hai chiamata."

"Quindi non è successo niente?!" domandò quasi dispiaciuta.

"Nulla" dissi.

Sbuffò: "Va be, suppongo di dovermi accontentare del fatto che tu sia riuscita a comunicare con un essere umano di sesso maschile diverso dai nostri amici."

"Suppongo di sì, spero ti basti" ridacchiai.

Lei accese il motorino: "Ora vado davvero. Ho bisogno di una doccia e di dormire un po', prima che passi a prendermi Adriano. Ci sentiamo per domani?"

"Va bene. Buona serata" dissi, schioccandole un bacio sulla guancia, prima di entrare nelle scale del condominio.

Passai il resto della giornata a girare per casa cantando come una bambina, non facevo che ripensare all'alba e ai colori del cielo. E soprattutto a quanto mi fossi sentita a mio agio parlando con Niccolò.

Non lo sentii per giorni, non che la cosa mi preoccupasse. La mia vita andava avanti, il primo giorno di università si avvicinava ed io ed Elena ci vedevamo tutti i pomeriggi, o quasi. Mi raccontava di come andassero le cose con Adriano, del fatto che non si fosse mai sentita così attratta da un ragazzo tanto quanto lo era da lui e di come lui fosse sempre perfetto in ogni situazione.

"Stasera ti va di uscire?" mi chiese ad un tratto, dopo che terminò di raccontarmi dell'ennesima volta in cui si erano baciati.

"Per?"

"Per bere qualcosa in un posto che sia una delle nostre camere?!" domandò retorica.

Ci pensai su, prima di dirle: "Andata. Dove si va?"

"Hanno aperto un nuovo locale a Trastevere" spiegò.

"Va bene. Passo a prenderti in macchina?" domandai.

"No!" esclamò subito lei, con una prontezza che mi fece quasi spaventare: "Andiamo in metro! Così possiamo passare una serata delle nostre come una volta!"

Sorrisi, abbracciandola: "Grazie, Ele."

"Di nulla, Meg" disse stringendomi a sé. "Ora però vai, altrimenti faremo tardi! Ci vediamo alla fermata sotto casa tua tra tre ore."

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