Quella domenica
"Nella vita accade sempre qualcosa di strano", diceva spesso la nonna a me . Diceva sempre che la demenza era una malattia ereditaria, perciò non la temeva almeno da quello che sembrava... Lei preferiva parlarne con me cercando di raccontarmi tutto ciò che sapeva.
Morire senza ricordarti ciò che hai vissuto o chi hai amato, è la cosa peggiore che ti possa mai capitare. "Ricordati: quando sarò caduta nella profonda buca della demenza, ricordami sempre di ripetermi il tuo nome, anche fino all'ultimo", mi sussurrò nell'orecchio mentre stavamo passeggiando nel bosco di casa sua.
Feci tutto il possibile per non dimenticarmene e, quando iniziò a soffrire di demenza, la facemmo trasferire dalla zia Diana, dove andavo spesso a trovarla in bici dopo scuola.
Erano passati due anni e come ogni giorno, tornai a visitarla, anche perché era nata Kezia, mia sorella e quindi volevo farle vedere le foto di nascita. Corsi su per le scale ma improvvisamente mi fermai, sentii dei bisbigli e diversi passi provenire dal piano di sopra; presi a correre ancor più in fretta. Seduto sul letto della nonna c'era il dottore che veniva a controllarla quasi ogni mese, mentre in piedi c'era la zia che si copriva la bocca con la mano e papà camminava su e giù per la stanza muovendo le mani freneticamente e grattandosi la testa ; quando mi vide rimase fermo, guardandomi fisso negli occhi e quasi riuscivo a vedere il mio riflesso su quei occhi pieni di lacrime e di dolore fui inondato nella stessa emozione e, con una stretta al petto, indietreggiai.
La zia non riusciva più a trattenersi e scoppiò in lacrime coprendosi il viso con le mani e iniziò a battere il piede per terra, quando non ce la fece più, si accasciò a terra e si scoprì il volto e fece come per urlare ma ne uscì solo un suono sordo, ma che alle mie suonò come quello più profondo che avessi mai sentito. Indietreggiai ancora di più e corsi giù per le scale con la vista sfocata ed ero del tutto confuso anche se avevo capito tutto.
Avevo un rimpianto: che all'ultimo momento, quando avrei dovuto ricordarle il mio nome, ma non c'era stato il tempo, non ero riuscito ad avverare il suo unico desiderio, anche se era inesauribile. Il mio rimpianto non essere stato ricordato da lei .
Sono passati quattro anni ed ora ho sedici anni e vivo con la mia famiglia in un appartamento. Scusate, quasi dimenticavo, io sono Victor. Tutta la mia famiglia è originaria del Ghana, ma io e mia sorella siamo nati qui, in Italia.
Di certo vi sareste chiedendo perché un sedicenne si metterebbe in testa di sedersi alla propria scrivania e a iniziare a scrivere al computer ciò che non interessa a nessuno, ovvero la sua vita. Sì, avete sentito bene, anzi, letto bene; non vorrei sembrarvi pazzo ma sono passati sette giorni da quando ho cambiato carnagione, e il punto è che non so nemmeno com'è successo!
Penso che tutto sia incominciato da quella domenica, quando mi svegliai, feci colazione e poi me ne andai a far la spesa per mia madre; quando arrivai, c'era un'anziana a cui era caduta la borsa e quando feci per prenderla e ridargliela, mi bacchettò la mano con il bastone da passaggio, ed allora lasciai la borsa ed entrai nel negozio dove, davanti all'entrata, c'erano una madre e il figlio che si stavano avviando alla cassa ma quando passai dicendo cortesemente permesso, la madre si strinse il figlio vicino!
Insomma,mi hanno preso per un ladro e per un pedofilo o qualcosa del genere?!
Nel pomeriggio passai un po' di tempo con il mio migliore amico, Simone: un vero nerd al quale non importa per niente il mondo e che vive solamente di videogiochi e fumetti ed io sono l'unica persona che lui trova interessante, me lo dice sempre ma non ne capisco il motivo.
Rimasi da lui fino a sera e poi me ne andai, e quando uscii da casa sua ed appoggiai una mano sul manubrio e l'altra sul sedile della bici, alzai lo sguardo al cielo e notai una stella cadente in pieno giorno. Mi ricordai improvvisamente di ciò che era accaduto quella mattina: tutta la mia vita sono stato frainteso, preso in giro e discriminato, tutto perché sono un nero, io non me ne vergognavo, ma quando pensavano di fare battute che facevano tanto ridere ne facevano razziali: mi abbassavano l'autostima e la voglia di vivere.
Non ho mai creduto alla storiella sui desideri e le stelle cadenti, ma senza rendermene conto dissi ad alta voce: "Vorrei essere nato diversamente", dopo aver pronunciato quelle parole, mi si socchiusero lentamente gli occhi e mi sembrò di cadere a terra.
Mi si riaprirono lentamente gli occhi e guardai il soffitto: ero in camera mia nel mio letto. La prima cosa che mi venne da pensare fu che era lunedì, il primo giorno delle vacanze invernali, quindi era l'ultimo giorno di lavoro di mamma e, Kezia, che era da una delle sue amichette, mentre papà era a casa. Non sapendo cosa fosse successo il giorno prima, decisi di chiederlo a papà che ovviamente me lo sarei ritrovato in salotto a ciondolarsi sul divano.
Mi incamminai verso il salotto direttamente. Appena arrivai al corridoio mi caddero gli occhiali mi abbassai per prenderli e rimettermeli e quando mi rialzai, vidi questa persona alta con gli occhiali tondi e grandi, i capelli mori ricci, occhi marroni scuri e carnagione bianca.
"Buongiorno", dissi mentre mi sistemavo gli occhiali, ma non ci fu risposta; guardai bene quel ragazzo e lui fece la stessa identica cosa che facevo io: quando strizzavo un occhio, lui faceva la stessa cosa, quando mi stringevo alle spalle faceva ugualmente, quando facevo mosse strane, lui fece la stessa identica cosa.
Non sapevo più cosa fare, ero senza parole. Guardai per terra poi rialzai lo sguardo: dietro a quella figura c'era il riflesso della nostra cucina. Mi ricordai che ci era sempre stato uno specchio enorme davanti alla cucina. Dimenticando totalmente tutto ciò che era accaduto un minuto fa, feci per andarmene in cucina, quando realizzai che ero solo io nel corridoio e che quindi quella figura era la mia!
Ovviamente era impossibile o era uno dei brutti scherzi di Kezia o stavo ancora sognando...
Non potevo essere bianco!
Alzai lentamente le braccia tremanti. Appena ebbi le braccia alzate al livello della vita, girai lo sguardo e serrai gli occhi. "E' impossibile che possa accadere, quindi rimani tranquillo e guarda le tue stesse braccia", pensai con la testa alzata, la riabbassai lentamente con un sacco di domande che mi frullavano nella testa girai pian piano la testa e aprii lentamente gli occhi . Avevo la carnagione chiara come il latte, come una nuvola, come Simone...Ero completamente BIANCO?! Iniziai ad urlare, a strillare e poi sentii me stesso singhiozzare e stavano scendendo rapidamente lacrime dagli occhi. "Sono...sono...sono", mi mancò il respiro e mi sentii cadere lentamente a terra.
Avevo perso i sensi...
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Una settimana in bianco
Fantasy"Possono i desideri avverarsi veramente?" Questa è la storia di Victor: un sedicenne ghanese che, dopo un pomeriggio, vedendo una stella cadente esprime un desiderio.