"978, 979, 980, ..."
Jackson contava per l'ennesima volta tutte le mattonelle della sua camera. Avrebbe voluto prendere la sua giacca e uscire fuori a fare una camminata, respirare un po' d'aria fresca fuori da quel mortorio, perdersi tra gli alberi del "giardino". Peccato che non potesse, doveva aspettare quella maledetta di Jennifer, una delle infermiere del piano.
"Ciao Jackson, scusa per il ritardo ma conosci la signora Laureen"
La signora Laureen si trovava qualche stanza dietro la sua, era incredibilmente scorbutica con il personale medico ma estremamente dolce con tutti gli altri pazienti. Jackson la andava a trovare ogni tanto, nella sua camera c'era sempre un odore di lavanda che gli piaceva molto, era la classica "nonna buona". Almeno, finché non ti vedeva indossare un camice o una divisa da infermiere.
Era di compagnia, chiacchierava molto nonostante Jackson non facesse altrettanto, a lui piaceva ascoltarla mentre raccontava (magari per la millesima volta) aneddoti della sua vita. Aveva perso il marito proprio a causa dei medici che avevano sbagliato a prescrivergli i medicamenti contro una brutta malattia che cercava di combattere. "Non li perdonerò mai, sono tutti stronzi" lo diceva con le lacrime agli occhi tutte le volte. Lui non la pensava proprio così ma non diceva nulla, poteva immaginare la frustrazione di quel ricordo e non voleva contraddirla, avrebbe solo che alimentato rabbia nella signora.
"Va tutto bene? Cosa mi racconti oggi?"
Solita scena muta, non gli piaceva raccontare i suoi pensieri, lo avrebbero potuto portare nella "stazione" e quello era il suo ultimo desiderio. Non poteva di certo dire "mi sento così bene che vorrei buttarmi di sotto" oppure "si si ma passami quel flaconcino di pasticche, magari ingoiandole tutte potrei finalmente andarmene" o ancora "puttana esci da qua e fatti i cazzi tuoi".
"Tutto bene, voglio uscire"
Jennifer lo guardò contrariata.
"Non abbiamo nemmeno iniziato la seduta, sai che i tuoi genitori potrebbero arrabbiarsi se non svolgiamo l'ora completa".
A Jackson le sedute imposte dai suoi genitori non piacevano per nulla, era una sorta di lavaggio del cervello. Non si sa come ma le infermiere del reparto, sembravano esser state "addestrate" per fare quel trattamento, ci riuscivano così bene che non sembravano nemmeno umane. La cosa positiva, era che quelle sedute annientavano il fastidioso mal di testa che quasi lo metteva al tappeto. Non sapeva come o perché ma puntualmente, venerdì, il giorno della "seduta", gli prendeva un mal di testa incredibile. Nessun farmaco gli alleviava il dolore, eccetto le sedute, era come se gli svuotassero la mente.
"Va bene, basta che poi non rompi il cazzo"
Jackson notò subito lo sguardo offeso della donna e si affrettò
"Scusa non volevo, va bene, iniziamo."
*****************************************UN'ORA DOPO****************************************
Finalmente la seduta era conclusa, Jackson si sentiva di nuovo libero dal mal di testa, ormai era una routine ma il dolore che provava era veramente forte e nemmeno col passare del tempo si affievoliva.
Il sole stava calando, i colori del cielo erano bellissimi e Jackson non poté che restarne incantato. Passò probabilmente una mezz'ora e quando puntò lo sguardo sull'orologio notò che aveva ragione. Dove diamine erano i suoi?
Nemmeno il tempo di pensarlo che si sentì il rumore del cancello d'entrata aprirsi, la Signora e il Signor Wreiley, quale onore."OSCAR!"
Jackson aspettava l'arrivo dei suoi solo perché sapeva che gli avrebbero portato il suo migliore amico, Oscar, un pastore tedesco dal manto nero e delle insolite macchioline bianche sul muso. A volte dubitava della veridicità della razza a causa di quei strani pois, ma poco importava! Erano cresciuti insieme e di certo sembrava essere l'unico essere vivente contento della sua presenza. Gli altri fingono tutti.
"Hey tesoro come stai?"
La signora Wreiley cercò di sfoggiare il suo miglior sorriso.
"Perché te ne importa?"
Jackson aveva odiato profondamente i suoi quando capì che non avrebbe più avuto una vita normale, da quando lo portarono in quel cazzo di posto. "Prima o poi ve la farò pagare pezzi di merda", lo pensava e ripeteva ogni volta che li vedeva.
La madre si trascurò subito in viso, il signor Wriley non osava nemmeno più chiedere nulla se non in via eccezionale. La risposta sarebbe stata la stessa anche per lui, si limitava a guardarsi intorno come se nemmeno sapesse dove si trovasse pur di evitare lo sguardo con suo figlio.
Nel frattempo, Oscar saltellava e scodinzolava come impazzito, ogni volta sembrava non vedesse il suo amato padrone da anni quando in realtà gli intervalli erano solo di una giornata.
"Vieni Oscar!"
I due giocarono tutto il tempo della visita, sembravano quasi due bambini, quelli sì che per Jackson erano i momenti belli della giornata, del resto, non v'era nulla di divertente.
Passava velocemente il tempo, sembrarono solo 10 minuti ma OSCAR e i suoi dovevano abbandonarlo, di nuovo.
"Ciao ragazzone"
Jackson accarezzò per saluto il cane che non smetteva di scodinzolare. Non ci fu nessun saluto per i suoi, solo un semplice gesto della mano, tanto per non essere troppo maleducato.
Tornato in camera, al secondo piano, in fondo al corridoio di destra, porta Nr. 81, riprese la solita tiritera.
Doccia, deposito dei vestiti usati nella piccola fessura sotto al lavandino (arrivavano nella lavanderia tre piani sotto al suo, chissà con cosa, uno scivolo? Bah, vabbè), preparazione per la notte e attesa della cena.
Jackson non mangiava in mensa, tutti i pasti gli venivano portati in camera da Jennifer.
Quello poteva essere considerato il secondo momento "interessante" della giornata, almeno per una mezz'oretta o più poteva distrarsi.
Non era uno che si abbuffava, anche perché in quella "prigione" veniva misurato tutto al milligrammo, qualcosa di assurdo; ammetteva però che ammazzarsi di cibo non gli sarebbe dispiaciuto. Il cibo non era dei migliori e nemmeno dei suoi preferiti. Erano più le volte che toccava qualcosa qua e là nel piatto che le volte che mangiava effettivamente.
Prese il vassoio e lo poggiò davanti la porta, sotto c'era una sorta di sportello apribile unicamente dall'esterno, altrimenti qualcuno di veramente esile avrebbe potuto passarci sotto e fuggire senza tante difficoltà. La cosa toccava poco Jackson, lui poteva girare per l'intero edificio senza che nessuno gli dicesse niente, non era mica pazzo da dover essere rinchiuso.
Si lavò i denti e si sdraiò sul suo letto, era abbastanza grande, una piazza e mezza. Gli bastava, anche perché non c'era nessun altro con lui e la notte non si muoveva più di quel tanto.
Prese in mano il suo libro, stava leggendo "Eragon" di Christopher Paolini, gli piaceva molto ed era forse la ventesima volta che lo rileggeva, aveva ordinato Eldest appena finito il libro ma quei maledetti ancora non gli avevano spedito nulla... che palle.
Non durò molto la lettura, era abbastanza assonnato e stanco, era così tutte le volte che giocava con Oscar, correre come i matti lo stancava ma gli dava anche quei momenti di felicità che gli tiravano su il morale.
Crollò in un sonno profondo e senza sogni, come lo era sempre stato dal giorno che era arrivato lì.
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CARI LETTORI
Grazie innanzitutto per aver letto questo primo capitolo. Non sono "nuova" qui su Wattpad, in passato scrissi "Io, Alpha" ed ebbe molto successo (avevo un account diverso di cui ora non riesco a recuperare la password). Sono fuori allenamento, lo ammetto, ma spero di recuperare scrivendo "YOU AND ME".
Ho deciso di tornare con una nuova "storia", sono aperta ad ogni tipo di critica se costruttiva.
Non abbiate timore ad esprimere un pensiero su questo capitolo o a correggermi in caso troviate degli errori, provvederò a farli sparire.Grazie ancora e spero vi sia piaciuto!
_Moonry_
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YOU AND ME
RomanceJackson, 18 anni, si trova da dieci anni in un ospedale psichiatrico, non sa nemmeno lui per quale apparente motivo. Le uniche cose che lo fanno sorridere sono Oscar, il suo cane, leggere e chiacchierare con la Signora Laureen... questo finchè non f...