La mia isola

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Eccomi dunque solo su quest'isola. Io, unico sopravvissuto del naufragio, mi trovo ora a vagare su una spiaggia desolata, senza che davanti a me si manifesti nessun'altra forma di vita.

All'inizio, quando al mio risveglio mi accorsi di non essere morto, le cose sembrarono facili perché a breve sarebbe sicuramente arrivata una nave o un elicottero a salvarmi. Il primo giorno dunque lo trascorsi in riva al mare, in attesa di una apparizione in lontananza, cosa che non avvenne ma non mi disperai, i soccorsi sarebbero sicuramente arrivati nei giorni successivi e così aspettai, seduto in riva al mare, per tre giorni di fila. Alla fine del terzo iniziai ad accorgermi di essere terribilmente affamato, stanco, accaldato ma soprattutto assetato. Così concordai con me stesso che assentarmi dalla riva per qualche ora non avrebbe precluso la possibilità di venire salvato e mi inoltrai nella giungla. Questa si rivelò una delusione poiché dopo neanche dieci minuti sbucai dal lato opposto e si parò nuovamente davanti a me il mare. Per fortuna avevo notato diverse palme da cocco i cui frutti mi diedero cibo ed acqua per i giorni a venire.

Ora, a dieci notti dal mio naufragio, inizio a dubitare del mio futuro. I soccorsi si stanno facendo attendere più del dovuto e le risorse dell'isola scarseggiano (ho calcolato di avere cibo ed acqua sufficienti per circa altre due settimane). Il sole inoltre sembra ogni giorno più rovente e le notti sono terribilmente afose, tanto che non mi permettono di dormire a dovere. Ieri mi sono deciso a fare una cosa che fino ad allora avevo evitato, ovvero immergermi nell'acqua. Forse l'essere naufragato ha sviluppato nel mio inconscio la paura dell'oceano, il quale mi ha strappato dal mondo e catapultato in un inferno di solitudine e paura. Paura di non poter ritornare a casa da mia moglie e mia figlia, dai miei amici, da mia madre ed in generale da tutti coloro ai quali sono emotivamente legato. L'acqua si rivelò calda ma cosa più importante priva, come l'intero ecosistema dell'isola, di una qualsiasi forma di vita.

Oggi, al pensiero di quanto ho passato e appreso finora, vengo colto dal panico, il più totale terrore e smarrimento, un'angoscia che contorce le viscere e fa battere il cuore ed io, come un cavallo selvaggio, sto correndo ora attorno all'isola da più di due ore, le gambe a pezzi e senza fiato e barcollo poi cado ma mi rialzo e riprendo a correre o forse meglio dire trascinare le gambe perché sono esausto, dopo più di due ore di corsa sotto un sole cocente senza essermi mai fermato per una pausa in cui dissetarmi e riprendere le forze, ma ciò nonostante continuo ad avanzare nell'illusione di scoprire di essermi sbagliato, che questa non è un'isola e io non sono solo. Ma poi finalmente dopo essere caduto per l'ennesima volta con la faccia stampata sulla sabbia, in procinto di svenire, mi appare come una illuminazione il reale motivo per il quale sono qui. Quest'isola mi si rivela finalmente nella sua essenza ed io inizio a ringiovanire. Mi rialzo da terra e mi accorgo di avere vent'anni e non quaranta, perché consapevole di non avere più un lavoro che mi stressi ogni giorno e mi tenga impegnato fino a notte fonda, di aver abbandonato una moglie con la quale non scopo da più di dieci anni e che mi crea solo disagio e un'ingrata figlia, senza un minimo di rispetto e pronta a ricordarsi del padre solo se al contempo ha bisogno di soldi. Ecco che dopo aver considerato questo aspetto del mio isolamento l'inferno diventa paradiso, il sommerso diventa salvato ed il futuro mi appare candido e radioso. Chi mai avrebbe pensato che quella che agli occhi di tutti è una sciagura rappresenti invece l'ancora di salvezza della mia esistenza.

I giorni seguenti a questa mia epifania li affronto con gioia, tento di costruirmi una zattera, esploro ogni anfratto dell'isola, provo a pescare e mi costruisco una capanna rudimentale. Ed eccomi ora, dopo due settimane dal mio arrivo, di nuovo in riva al mare ad aspettare di essere salvato. Benché io sia consapevole che il naufragio si è rivelato non rovina ma liberazione dal ritmico incedere della mia odiata vita, desidero comunque poter andarmene da qui e sperare in un futuro felice. Ma appena dopo che nella mia mente ho formulato questo desiderio vengo colto da una nuova illuminazione, questa volta riguardante le cose che amo di più al mondo. La maestria della mia segretaria nel succhiarmi l'uccello, i soldi che mia moglie porta a casa e le amiche di mia figlia che non vedono l'ora di calarsi le mutandine davanti a me. Capisco all'ora che quest'isola non rappresenta ne l'inferno ne il paradiso, ma bensì il mio purgatorio terreno. Io sono stato condotto per mano divina in questo limbo di sabbia nel quale dovrò scontare le mie pene per i peccati di adulterio, avarizia e lussuria da me commessi, fino a quando il mio corpo non cesserà di muoversi e si sgretolerà confondendosi con la sabbia sulla quale cammino. Ed ecco ora che subito dopo aver scoperto la vera essenza di questo luogo ritorno ad avere quarant'anni, anzi sessanta, e sento già che il mio corpo inizia a scomporsi e cadere in quella che adesso mi si rivela come cenere dei passati naufraghi, anch'essi condotti qui a scontare le loro pene, morti logorati dal sole e dalla sete. Sono per un attimo paralizzato e non riesco a muovermi, ma poi la paura diventa adrenalina e la mia voglia di vivere mi spinge verso il mare che forse ripulirà il mio corpo dal sudiciume del quale l'ho cosparso in tutti questi anni, ma l'acqua ormai mi arriva alla gola e così decido di girarmi verso l'isola la cui sabbia però continua ad apparirmi cenere ed ora gli alberi scompaiono e vedo solamente una terra desolata senza nessuna parvenza di vita. Allora infilo la testa nell'acqua con gli occhi aperti, sperando di lavare via il filtro che li ricopre, ma la situazione peggiora e vedo sgorgare dal terreno un liquido rosso e la sabbia si fa presto color sangue. Inorridito mi giro e continuo a nuotare lontano da quello che forse adesso assomiglia più all'inferno, ma poco m'importa perché voglio solo fuggire.

Mentre affogo un'ultima intuizione si fa strada nella mia testa, forse se ci fossi arrivato prima sarei potuto sopravvivere, ma oramai è troppo tardi e così mentre il mio cuore smette di battere e il mio corpo raggiunge il fondale dell'oceano, l'isola si inabissa con me.

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Questo one-shot partecipa per la categoria Green Awards ed è stato scritto seguendo il prompt1

Kosovo Hikikomori Naufrago - Raccolta di One-ShotDove le storie prendono vita. Scoprilo ora