3 - Una notte di follia

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Non era una buona giornata per Paul, non lo era affatto. Del resto erano poche le giornate degne di nota nella sua vita. Un'esistenza mediocre, come lui stesso la definiva. Niente di buono, niente di cattivo. Un lavoro da assicuratore, che non gli piaceva particolarmente, ma che allo stesso tempo non odiava. Era un lavoro come un altro e, arrivato a ventisette anni, si era convinto di non avere particolari passioni o aspirazioni. Gli bastava avere uno stipendio per permettersi una casa, qualche cena fuori con gli amici e andare in un bel posto durante le ferie estive. Si era sentito così anche durante l'unica relazione della sua vita, durata otto anni e terminata sei mesi prima, quando lui e Kate erano diventati niente altro che amici che si facevano compagnia. Non ne aveva neanche sofferto particolarmente quando lei lo aveva lasciato.

Paul entrò nel motel che oramai, negli ultimi mesi, conosceva forse più di casa sua. Era un posto accogliente, al centro di tutta l'area lavorativa a lui assegnata, non lontano da Minneapolis. Un luogo tranquillo, frequentato soprattutto da uomini d'affari e assicuratori come lui. Si avvicinò all'accettazione, fermando il trolley lì vicino e posando il cappotto sul bancone, godendo finalmente del tepore di un interno riscaldato che creava un piacevole contrasto con il freddo dell'esterno. Perché in Minnesota l'inverno poteva essere davvero rigido.

«Buonasera, avrei bisogno di una stanza singola per qualche giorno» disse al nuovo concierge che non conosceva, scrutandolo attraverso le lunghe ciglia dei suoi occhi chiari. Forse Fred, l'abituale portiere del motel, era malato o in ferie.

«Buonasera a lei, signore. Sì, abbiamo delle stanze libere» gli rispose l'uomo prendendo i suoi documenti e la carta di credito, per iniziare a registrare la sua presenza.

Paul annuì senza rispondere, aprendo il bottone della giacca del classico completo grigio che indossava, che per fortuna, grazie al suo fisico magro e longilineo, acquistava eleganza, nonostante la semplicità della fattura. Si guardò per qualche attimo allo specchio posto di fronte a lui alle spalle del concierge, passando una mano nei corti capelli castani. Amava essere sempre in ordine anche quando non aveva appuntamenti di lavoro o di altro genere e i tratti del suo viso, eleganti ma senza nessuna particolare nota, lo aiutavano a dare un'impressione di credibilità e fiducia, che nel suo lavoro era fondamentale.

«Ecco a lei i documenti e la carta, questa è la chiave della sua stanza, il piano è il terzo» la voce del concierge attirò la sua attenzione e Paul riprese anche il cappotto, pronto a muoversi e ringraziare. Ma l'uomo gli mostrò una seconda chiave, sorridendogli in un modo che non seppe decifrare «vedo che è venuto a cercare un letto qui perché è solo. Potrei darle un letto dove dormire, naturalmente, ma posso fare anche una cosa diversa per lei.»

Paul ascoltò le parole dell'uomo senza rispondere e, alzando un sopracciglio con aria lievemente perplessa, lasciò che lui continuasse, senza puntualizzare che il suo era un viaggio di lavoro «questa è una chiave, una chiave come tutte le altre. Però nella camera che apre, c'è già una persona, una persona sola come lei. Questa persona sa che questa notte nella sua stanza potrebbe entrare qualcuno. Se accetterà di essere quel qualcuno, tutto quello che succederà in quella stanza riguarderà solo voi due. Perché non si possono mettere più solitudini in una stanza, a meno che non si voglia che si dissolvano.»

Paul rimase in silenzio per qualche altro istante, osservando la chiave che il concierge gli stava porgendo. Quello che gli stava proponendo era qualcosa di totalmente al di fuori delle sue abitudini. Mai nella sua vita era andato oltre, mai aveva osato. Forse era anomalo come uomo, ma il sesso, anche solo vagamente proibito, non lo attirava, o forse addirittura lo atterriva, non lo aveva mai compreso. Non era neanche attratto dalla pornografia. Più che altro, il sesso non gli aveva mai comunicato nulla di particolare, neanche con Kate. Eppure ora si ritrovava a fissare quella chiave e a chiedersi se, per una volta nella sua vita, poteva osare e provare qualcosa di nuovo, fare qualcosa di meno ordinario e mediocre.

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