Capitolo 17

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Erano le dieci e trenta del mattino e io mi stavo leggermente facendo prendere dall'ansia per l'appuntamento con Magnus che sarebbe dovuto avvenire tra mezz'ora; non sapevo nemmeno se potessi davvero chiamarlo appuntamento, magari era un gesto esageratamente presuntuoso quello di definirlo così: lo avevo abbandonato, facendolo soffrire per anni senza dargli spiegazioni adeguate, e, nonostante avessi capito che il sentimento persisteva, avevo paura che non si fidasse di me a tanto da voler ricominciare. 
Uscii di casa recandomi al solito bar, testimone della mia storia, mai nata, con Magnus; fissavo l'asfalto sotto i miei piedi e pensavo a cosa avrei potuto dire una volta con lui: domani sarei dovuto tornare a Seattle, lasciandolo qui un'altra volta, nonostante le cose fossero diverse adesso, io non sarei comunque potuto restare lì per lui e, sicuramente, non gli avrei chiesto di seguirmi dopo nemmeno ventiquattro ore dalla nostra riconciliazione. Dire che ero in crisi totale sarebbe stato un eufemismo, ero terrorizzato dal futuro del nostro rapporto, tanto da avere il desiderio di disdire tutto e ripartire in quel momento; anche se, così facendo, avrei ripetuto lo stesso errore di quattro anni fa. 

Alzai lo sguardo da terra per capire quanto fossi distante dal bar e notai che lo avevo abbondantemente superato. Maledetti pensieri. 
Corsi nella direzione opposta mentre prendevo il mio telefono, in silenzioso, notando una chiamata persa da Magnus e, sopratutto, l'orario: 11.15. Perfetto, sono un completo cretino. 
Lasciai dietro di me imprecazioni, sudore e un polmone, ma riuscii ad arrivare in un tempo davvero breve al bar trovando Magnus seduto, da solo, con due caffè e due ciambelle davanti a lui. 

-Scusa per il ritardo, davvero, non mi ero accorto di aver superato il bar e avevo il telefono in silenzioso quindi non ho sentito la tua chiamata e ohmiodio mi dispiace davvero tanto, non era mia intenzione farti aspettare. - lo feci sobbalzare iniziando a parlare, probabilmente non mi aveva visto entrare anche lui assorto nei suoi pensieri. 

-Tranquillo Alec, davvero. - mi sorrise, anche se sapevo che c'era qualcosa che non andava e sospettavo fosse legato ai pensieri che tormentavano anche me dal giorno prima. Decisi, però, di non iniziare il discorso subito e in un bar, lo avrei iniziato una volta rotto il ghiaccio. 

Iniziammo a parlare di argomenti futili solamente come incipit per quello che, entrambi, sapevamo sarebbe arrivato, il discorso che ci faceva paura più di qualsiasi altra cosa nonostante l'impazienza di intraprenderlo e di perderci tra le parole come un fiume in piena. Uscimmo dal bar dopo averci passato quasi due ore, accompagnati da parole miti senza un profondo significato, uno sfondo del tempo che passava velocemente, il confronto atteso sempre più vicino e pesante da sopportarne ancora l'attesa. 

-Magnus... - iniziai quasi sussurrando una volta giunti abbastanza lontano dal pienone della domenica mattina. Ormai era l'una passata e la gente si accingeva a rinchiudersi in qualche pub o ristorante per mangiare fuori, troppo stanchi per cucinare o semplicemente troppo attratti dalla bella giornata per tornare a casa. -Sappiamo bene tutti e due il motivo principale di questa uscita, prima o poi dovremmo parlarne. - lui annuì dandomi ragione e, prendendomi per mano, mi trascinò in un piccolo spiazzo verde con un paio di panchine e qualche albero, probabilmente per parlare in modo tranquillo, anche se l'insieme creava davvero una bella atmosfera. 

-Penso che tu abbia i miei stessi pensieri e dubbi. - parlò con timore e io sorrisi leggermente, facendoli capire che aveva capito esattamente cosa mi stesse passando per la testa. Non sapevo se considerare positivo o meno il fatto che avessimo gli stessi pensieri. 

-Io ho paura Mag. - non avevo mai usato il diminutivo, ma volevo fargli capire quanto ci tenessi a lui e al nostro rapporto che non aveva mai avuto l'occasione giusta per sbocciare. - Ho paura perché so quanto ti abbia fatto soffrire quando uscii dalla tua vita quattro anni fa e quando poi, quasi due anni fa, me ne andai da New York. Nella lettera ti ho spiegato tutto quello che, in quel momento, ritenevo essenziale esplicarti. Il resto però, i quattro anni successivi, sono un'incognita per te e sono qui per finire di spiegare tutto quello che ho lasciato in sospeso, tu mi ascolterai Magnus? - si limitò a guardarmi in religioso silenzio, poi mi prese la mano e, senza emettere un suono nemmeno per sbaglio, annuì. -Bene allora. Dopo averti lasciato quella lettera mi sono semplicemente chiuso in casa cercando di lottare contro la mia depressione, perché l'unica cosa che desideravo fare era stare meglio per poter tornare da te e ricominciare come se nulla di tutto quello fosse mai accaduto. Ho lottato per te, Magnus, perché ti amavo e volevo con tutto me stesso tornare da te il prima possibile. 
Sono stato davvero male, la depressione sembrava non volermi lasciare, mi stava logorando dall'interno e ormai non sapevo più cosa fare: provai ad andare da uno psicologo e sembrava che la situazione stesse migliorando. Poi, però, ebbi una ricaduta e sfociai nell'anoressia, facendomi ricoverare per qualche settimana in ospedale per denutrizione e disidratazione. - sentii un sussulto uscire dalle sue labbra ma decisi di continuare il mio discorso per paura di non riuscire più a continuare, una volta fermato. -Riuscii, non so ancora bene come, forse sopratutto grazie a Jace e Clary, a superare anche l'anoressia e la depressione, nel giro di un anno, sembrava essere sparita del tutto. Volevo tornare da te dal primo sorriso che riuscii a fare, dal primo pasto completo che non era finito nel water, dal primo passo deciso fuori casa a testa alta. Ero convinto di voler tornare da te, ma le mie insicurezze e i sensi di colpa mi bloccarono dal farlo ogni volta. Mi imposi di finire l'università e poi, con il mio passato alle spalle e un futuro davanti ai miei occhi, tornare da te per ricostruire il nostro rapporto e così feci, o almeno ci provai. Finii la magistrale in architettura e diventai architetto a tutti gli effetti; mandai il curriculum a varie aziende e aspettai risposte che non arrivarono per mesi e mesi, nonostante i miei costanti tentativi. - mi fermai un attimo per prendere fiato e calmare il battito del mio cuore decisamente troppo accelerato. 

-Un giorno, ero davvero convinto, uscii di casa e mi recai alla mia vecchia università, quella in cui sapevo tu lavorassi ancora, con l'intento di mantenere la promessa che mi ero fatto e che avevo fatto anche a te in quelle righe lasciate codardamente alla tua porta. Corsi fino alla struttura, non avevo più fiato e le mie gambe tremavano... Lo ricordo come se fosse stato ieri, mi fermai giusto poco prima dell'entrata e fu lì, in quel momento, che ti vidi. Avevi il tuo solito caffè in mano e parlavi con quello che, pensai, fosse un docente. - alzai lo sguardo, che finora era rimasto fisso sulle mie scarpe, verso il suo viso e l'ansia e la tristezza erano dolorosamente evidenti sul suo viso. 

-Mi bloccai a guardarti per cinque minuti, forse, senza avere mai il coraggio di camminare verso di te e mantenere fede alle mie parole. Mi limitai ad andarmene con le lacrime agli occhi, maledicendomi per essermi lasciato fermare, ancora una volta, dai miei timori. Mentre camminavo verso casa ricevetti una chiamata da Seattle in cui mi offrivano un lavoro da architetto ben pagato e con orari decisamente convenienti. In quel momento mi sentivo una merda per essere scappato da te e presi la decisione che mi sembrava migliore al momento: fuggire di nuovo. Nemmeno un mese dopo ero già in un ufficio di Seattle con mille pensieri negativi e un nuovo nome. - notai il suo sguardo perplesso e sorrisi leggermente. - Volevo ripartire completamente da zero e cambiare nome mi era sembrata davvero un'ottima idea, peccato che ora i sensi di colpa mi divorino ogni vota che i miei colleghi mi chiamano Mark. - Il fiume di parole iniziò ad affievolirsi fino a interrompere il suo corso completamente e far cadere entrambi in un silenzio pesante come un masso sullo stomaco. Non sapevo più come continuare il mio discorso e speravo vivamente che Magnus iniziasse a parlare perché iniziavo a non reggere più questo stupido silenzio creatosi tra noi. 

-Ho sempre saputo tu fossi una persona attanagliata da migliaia di dubbi e insicurezze... - iniziò il ragazzo davanti a me. Grazie al cielo. - Ma continuavo a ripetermi presuntuosamente che sarei riuscito, prima o poi, ad eliminare tutte le tue incertezze. Non posso dirti che ti perdono perché sarebbe solo l'ennesima ripetizione di un errore che ci ha allontanati una volta e non voglio che questo accada nuovamente. Posso dirti, però, che voglio davvero lasciarmi tutto questo alle spalle ma, esattamente come te, ho paura: tu ripartirai per Seattle e nessuno può assicurarmi che tu non possa sparire nuovamente. Alec, per favore, promettimi che se decido di dare una possibilità a questa cosa tu non mi deluderai di nuovo, perché a quel punto io ti dimenticherò per sempre e non ci sarà nulla che potrai dirmi per farmi cambiare idea. - 

Avrei voluto rispondere con la massima certezza e assicurargli che non l'avrei deluso mai più, che lo avrei trattato come si meritava, con tutto l'amore che gli spettava, ma non potevo avere questa certezza e non potevo mentire un'altra volta. 
Notando la mia titubanza nel dare una risposta, Magnus abbassò lo sguardo sui suoi piedi e il mio cuore si spezzò un po' di più. 

-Magnus ascoltami. - richiamai la sua attenzione mettendo una mano sulla sua e attirando il suo sguardo sul mio. - Non ho esitato perché non sono sicuro di volere qualcosa con te, semplicemente non posso prometterti che andrà tutto liscio come l'olio. - mi fermai un attimo a testa bassa, poi, come colpito da un fulmine, alzai di scatto la testa e notai che Magnus aveva lo sguardo basso; gli misi due dita sotto il mento per farmi guardare e mi avvicinai piano posando un leggero bacio a stampo su quelle labbra a cui avevo pensato molto, troppo, negli ultimi quattro anni. 

-Non posso prometterti una relazione duratura adesso, ma posso prometterti che mi impegnerò al massimo per fare in modo che questa relazione tra noi possa, finalmente, sbocciare. So che adesso i nostri sentimenti sono confusi e sarebbe sbagliato forzarci in una relazione solo per la fretta e la passione che ci consuma. Promettiamoci, adesso, che ci proveremo fino in fondo e accetteremo qualsiasi esito abbia questa prova, promettilo Magnus, io lo sto facendo adesso, tu puoi farlo? - mi guardò per qualche secondo prima di sussurrare un flebile "sì" e fiondarsi su di me per baciarmi togliendomi il fiato, già corto a causa del battito accelerato. 

-Te lo prometto Alexander. - 


Teacher||MALECDove le storie prendono vita. Scoprilo ora