3° Capitol
- Louis! Louis posso parlarti un attimo? - bloccai il ragazzo che sembrava voler scappare sia da me che da quella stanza. Avevo parlato per quindici minuti, poi avevo fatto parlare anche gli altri, notando l'espressione di Louis cambiare. Era passata dalla stanchezza, all'indecifrabilità.
- C-cosa? P-perchè...? -
- Tranquillo non voglio farti niente. Non so se ti ricordi di me... ti ho trovato in una traversa la sera in cui ti hanno picchiato... - fissai i suoi occhi e mi soffermai anche su alcuni tagli che aveva sul viso.
- Mi dispiace... non ricordo - certo come biasimarlo... era drogato e ubriaco quella sera.
- Beh... stai meglio? - chiesi, notando che ormai eravamo rimasti solo noi due.
- R-rispetto a quando? A... ieri? -
- Esattamente -
- I-io penso di si... grazie! - parve illuminarsi, come se per la prima volta qualcuno gli avesse chiesto come si sentisse.
- Di nulla. Dove stai? -
- E' un po' lontano da qui e... oh mio Dio devo correre a prendere l'autobus o mi tocca tornare a piedi! C-ciao - indeciso sul come salutarmi, mi feci avanti e lo abbracciai. Mi guardò scioccato per qualche secondo, poi gli feci segno di correre e a passo svelto e ancora un po' trascinato uscì da quella stanza.
Feci per raggiungere l'uscita, ma il signor Gilbert mi annunciò di raggiungerlo.
- Signor Gilbert... -
- Quante volte ti ho detto di chiamarmi Robin e basta? - ridacchiò, facendo ridere pure me.
- Molte... molte volte. Ma cosa posso fare per te? - guardai la sua cravatta gialla intonata con la camicia del medesimo colore ma a pois rossi. Non molto carina, devo dire.
- Ho notato che hai parlato con quel ragazzo... Tomlinson... beh se hai modo di stargli vicino anche fuori da qui, te ne sarei grato. Ha tentato il suicidio una volta ed è qui contro la sua volontà. Qualche amico non gli farebbe male... - annuii seria, rispondendo che avrei fatto il possibile per lui. Poi, una volta che finimmo quel discorso, uscii dal centro di riabilitazione e mi avviai alla fermata più vicina. Ero curiosa di sapere se Louis avesse già preso l'autobus. Contro ogni mio pensiero, era ancora fermo ad aspettare, così mi avvinai a lui.
- Non è ancora passato? - mi informai, affiancandolo. Sussultò e poi mi sorrise debolmente, scuotendo il capo e facendomi capire che ci toccava aspettare un altro po'.
- Vieni qui sempre con l'autobus? - mi azzardai a chiedere, volendo conoscere qualcosa di lui. Era così misterioso, chiuso e spaventato dal mondo, che mi ricordava me. Il modo in cui guardava ciò che lo circondava, mi faceva capire che per lui non era stupore, ma brivido, terrore. Di solito si guarda il mondo come i bambini guardano una novità. Io invece avevo iniziato a guardare il mondo con una spaventosa meraviglia negativa. Era stato facilissimo cadere in quelle tentazioni. Ma io ero piccola, lui invece avrebbe dovuto essere abbastanza maturo, eppure non c'è un'età per scoprire le cose. Non ci vuole saggezza per non avere paura. Tutti ne abbiamo. Chi più, chi meno, ma c'è sempre qualcosa che ci terrorizza. E Louis, si vedeva bene che fosse terrorizzato dalla realtà. Dal mondo. Dallo stupore.
- Beh se non venissi con l'autobus mi toccherebbe farmi quasi 45 minuti di strada a piedi - ridacchiò nervoso, nascondendo l'amarezza nel suo tono di voce.
Subito ripensai alla sua confessione:" Vengo considerato uno sbaglio della natura, dai miei genitori" e di sicuro erano stati loro a costringerlo ad andare in quel centro di rabilitazione, non offrendosi nemmeno per un passaggio. Lasciavano vagare il figlio da solo, in quelle circostanze. Malridotto sia fisicamente che mentalmente.
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La maschera di ferro
FanficDai capitoli: - Questa volta su quale porta di legno hai sbattuto? - .... - Sei hai modo di stare vicino a Louis te ne sarei grato. E' debole - ... - Se urli in una bolla di vetro chi sta fuori non ti sente proprio. Ma se fai un foro, c'è sempre qu...