Capitolo quattro: dettagli

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Sherlock aprì lentamente gli occhi, guardando il soffitto della stanza in cui si trovava.
Incontrò un lieve riflesso della luce sul tale, e la sua testa iniziò a dolere.
Fotosensibilità. Perfetto.

Si tenne la radice del naso fra l'indice ed il pollice, e provò a sbattere le palpebre due o tre volte.
Gli bruciavano gli occhi, faticava a tenerli aperti.
"Dio, non oggi" si ritrovò a pensare. "Non può farsi sentire nel bel mezzo della caccia."

Si rigirò nelle coperte e nascose la faccia nel cuscino.
Il dolore alle tempie non voleva abbandonarlo, anche se lui ci lottò a lungo.
Alla fine decise di scegliere il male minore.

Avrebbe dovuto chiedere aiuto a suo fratello, cosa che fece utilizzando il telefono Usa-e-getta cui era stato munito.
Compose un numero di telefono, poi un codice seguito da un altro numero di telefono.

《Già finito a Lhasa?》
《Mi piacerebbe.》
《Allora per cosa hai chiamato?》
《Ho bisogno di te, fratellone》trattenne un urlo fra i denti.
《Dio, proprio oggi?》
《Eh, già.》
《Grande Giove, non so quando potrò fartene avere una dose.》
《Fai. In. Fretta.》

Il politico chiuse la chiamata, e si chiuse la testa fra le mani, le dita incastrate nei capelli.
Il suo fratellino stava soffrendo, in un paese straniero, per un mondo che non lo aveva accettato.

Chiamò in fretta e furia la Ventlian, la casa farmaceutica che curava i Soli.
《Mandatemi il farmaco più potente che avete, più due mesi di quelli Medi.》
Chissà da quanto tempo non prendeva la sua dose giornaliera.

Il grande scatolone arrivò in giornata, come richiesto dall'uomo, ed esso fu subito indirizzato ad un magazzino fuori Lhasa.
Un giorno e Sherlock avrebbe smesso di soffrire.

.oOo.

Il riccio riuscì infine, dopo non poche imprecazioni, ad alzarsi dal letto.
Lasciò le coperte disordinate sul materasso ormai spoglio,  decise di prendere una boccata d'aria fresca, cercando di non dare ascolto ai brividi che gli scuotevano tutto il corpo.

Doveva essere strano trovare, nel deserto, un uomo rosso e riccio indossante una vestaglia pesante nel bel mezzo del mattino.
Ma, stranamente, nessuno lo notò.
Passò tutta la giornata seduto davanti alla finestra, intento ad osservare il suo obbiettivo.

A mezzanotte precisa il sicario andò a dormire, e Sherlock svenne sul suo letto.
Aveva proprio bisogno di quel farmaco, e pregò che il fratello si sbrigasse.

.oOo.

Il medico sorrise e, come ogni mattina, nascose il braccio sinistro sotto la manica del maglione.
Accese poi il telefono, guardando fra i contatti aggiunti di recente.
"Mary" figurò fra essi.

Se la ricordava, conosciuta il giorno precedente ad una festa.
Lei per vivere faceva l'infermiera, ed i suoi capelli biondi rilucevano ogni volta di luce propria quando si metteva in posizione perpendicolare ad una fonte di luce.

Quegli occhi che parevano sorridere ogni volta che lo guardavano, lo avevano stregato.
Aveva capito subito che quel forte sentimento che aveva provato, da quella sera in poi, era amore.

Certo, la Linea rossa sul braccio non lasciava altre interpretazioni, ma di quello se ne sarebbe accorto solo la sera successiva.
Come quella sera si accorse anche che la Linea, prima di un rosso vermiglio, si stava mutando in nero pece.

Sorrise, notandola, e quasi riuscì a dimenticarsi del piccolo bocciolo di rosa che si trovava sul suo avambraccio sinistro.

.oOo.

La mattina successiva alzarsi fu una sfida ancora più ardua.
Ogni muscolo del suo corpo si rifiutava di rispondere ad ogni comando.

"Dovrebbe arrivare tra poco, spero."
Pensò, indicando il camion di provviste che ogni Martedì faceva il giro della città.
Infatti, poco dopo, sentì un suono di un clacson che lo fece saltare.

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