Grenade

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《Sono riuscito a salvarlo dalle erbacce, ma non a riparare le radici e ripiantarle nel giusto terreno》

Eren aveva salvato Mikasa da Kyomi, ma non aveva ancora salvato la sua anima dalle tenebre e non aveva riparato i ricordi distrutti. Se ripensava a tutto. . . La sciarpa, la promessa, l'infazia avrebbe provato solo dolore, e il castano non avrebbe permesso che un suo errore la portasse a non sorridere a quei ricordi. Era stanco di vedere lacrime sul suo bellissimo volto, puro e candido rovinato da calde e umide goccie di tristezza bagnate che arrossivano i suoi occhi grigi e meravigliosi.

Dopo averla portata in una che doveva essere una camera da letto, Mikasa si addormentò subito. Non si dimenò dalla stretta di Eren, e questo tranquillizzò un po' il ragazzo: forse non tutto era perduto.
Eren rimase ben mezz'ora attaccato allo stipide della porta ad osservare Mikasa dormire. La guardava come se fosse l'ultima volta che l'avrebbe vista così serena, e forse era davvero così. Sapeva che appena si sarebbe svegliata avrebbe cominciato ad urlargli contro e a cacciarlo via.

《Eren, la nave è pronta》raggiunse Eren il ragazzo biondo, guardando anche lui Mikasa dormire. Aveva paura di quello che sarebbe accaduto appena avrebbe aperto gli occhi, ma l'importante era portarla lontano da lì, il più presto possibile.
Per fortuna le guardie erano ancora prive di sensi grazie alla sostanza che Armin gli aveva fatto odorare, ma l'effetto non sarebbe durato ancora per molto.

Eren annuì e prese Mikasa tra le sue braccia muscolose e la strinse a se cercando di fare piano per non svegliarla. Al contatto con quelle braccia, il corpo di Mikasa smise di tremare. Eren le aveva messo la sua maglietta, ma le gambe rimasero scoperte e quindi non poteva non provare brividi di freddo, specialmente quando uscirono dal tempio.
Salirono furtivamente sulla nave e poi partirono in tutta fretta: il viaggio era lungo essendo dall'altra parte dell'oceano; avrebbe avuto tutto il tempo per parlare con Mikasa, sempre che lei riuscisse a rivolgergli ancora la parola.

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La stanza in cui si trovava non le era famigliare: le pareti erano di un bianco candido, e accanto a lei non c'era il suo solito comodino con i fiori viola-bluastri. Provò ad alzarsi, ma il continuo giramento di testa la costrinse ad abbassarsi nuovamente.

《Non ti conviene strafare: non ti sei ancora ripresa del tutto》

Poi quella voce. Quella voce che non voleva più sentire e che mai avrebbe più voluto ascoltare una minima parola di quell'uomo che le aveva distrutto la vita, gliel'aveva creata un inferno.
Si girò verso la fonte della voce e lo vide seduto su una panchina accanto a lei, con i gomiti sulle ginocchia e le mani congiunte.
Era stanca per provare rabbia, e l'indifferenza con cui parlò fece addirittura più male delle urla.

《Vattene. Ora》ordinò Mikasa con il suo solito tono freddo e pacato, indifferente. Eren non aveva mai sentito la corvina rivolgersi in questo modo con lui, e ciò lo feriva.

《Mikasa, io-》
《Qualsiasi cosa sia, è no, Eren》fece la ragazza, per poi guardarsi le mani. Non aveva neanche il coraggio di guardarlo in faccia.
Eren fece un respiro profondo contando fino a dieci. Era consapevole che non sarebbe stato facile, quindi avrebbe dovuto avere molta più pazienza di quanto ne avesse mai avuta.
Poggiò le mani sulle coscie, strofinandosele.

Rimasero in silenzio per qualche minuto, fino a che il giovane non decise di riprendere il discorso:
《Mikasa, per favore, ascoltami: io-》
《Eren, sono stanca di ascoltarti. Per troppo tempo l'ho fatto, e guarda come sono ridotta ora. . . Ti ringrazio per avermi salvata, ma questo non cambia nulla tra noi due. . . Puoi anche andare. . . E riprenditi la maglietta》disse per poi sfilarsi l'indumento verde salvia restando in intimo, porgendogliela al ragazzo, che diventò paonazzo alla vista della sua amica mezza nuda.
Scosse la testa leggermente per riprendersi, e scansò delicatamente la mano di Mikasa, che rabbrividì a quel contatto.

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