Capitolo 1- Buon compleanno, Rebel

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Il supervisore bussa a tutte le porte, chiamandoci per cena.

Mi alzo controvoglia, dato che sto disegnando, ed esco sul corridoio. Ci mette tutti in fila e ci conduce al piano terreno. Ognuno siede al proprio posto, tranne me, che me ne vado nell'angolo più lontano. Non ho voglia di interagire con nessuno, e soprattutto di sopportare le solite prese in giro, gli scherzi e le offese che mi rivolgono da sempre. Sono qui da quattro anni, e da allora le cose vanno sempre peggio. La cosa che più mi turba è che nessuno, e dico letteralmente nessuno, ha mai preso in considerazione di adottarmi, o di prendermi in affido. Tanti i ragazzi e gli amici che ho visto andare via, senza fare più ritorno. E questa cosa mi ha fatta sprofondare in me stessa. Mi sono chiusa, ho costruito una spessa muraglia attorno al mio cuore, e ho rimosso qualsiasi speranza albergava in me.

Sono sola e lo sarò per sempre. E non vedo l'ora di compiere diciotto anni per andarmene da questo posto, che altro non è che l'inferno travestito da paradiso.

«Ehi, assassina, che hai nel piatto, un gatto morto?» il solito bullo, che scatena le risa di tutti. E dopo questo, iniziano subito a tirarmi di tutto addosso. Abbasso la testa, senza reagire né emettere un fiato. Ho fame, e sono stanca di tornare in camera con lo stomaco vuoto e i crampi che mi divorano.

Mangio velocemente, porto i piatti al loro posto e scappo via.

Mi chiudo dentro a chiave, volendo evitare le intrusioni sgradite che mi riservavano fin troppo spesso.

Spengo anche la luce, e mi vado a sedere di nuovo alla finestra. La luna è alta nel cielo, costellato da milioni di stelle. Al posto del solito latteo chiarore ha una patina rossastra che fa pensare al sangue, o a un velo insanguinato. Ma è comunque attraente, magnetica, per me. Prendo il pastello rosso e inizio a colorarla, per poi sfumare col dito. La scogliera fa da contrasto, con la moltitudine di alberi che spiccano verso il manto blu notte. Continuo a disegnare per un bel lasso di tempo, fino a che non mi si chiudono gli occhi. Poso il materiale sulla piccola scrivania e mi metto sotto le coperte, addormentandomi subito.

***

Mi sveglio di soprassalto, percependo qualcuno nella mia camera.

«Buongiorno, cara. Buon compleanno.» La signorina Dobson è ai piedi del letto che mi sorride felice.

«Buongiorno, grazie.» Ricambio con poco entusiasmo.

«Suvvia, non essere così di cattivo umore. È una giornata molto speciale per te.» Intreccia le dita delle mani, rivolgendomi un'occhiata profonda.

«Se lo dice lei. A me non interessa festeggiare, lo sa.» Mi metto seduta, cercando di far ripartire il cervello che è ancora in balìa del sonno.

«Certo che lo so, ti conosco bene. Ma oggi... beh, sarà davvero diverso. C'è qualcuno che ti deve parlare, vestiti e scendi, veloce!» mi stringe la mano ed esce, chiudendo la porta. La speranza fa capolino, ma la scaccio subito. So che cosa mi devono dire: hanno organizzato una festicciola, alla quale non voglio partecipare. Mi alzo comunque, vado a fare una doccia e mi vesto. Scendo con calma, evitando gli sguardi cattivi degli altri ragazzi. Arrivata all'ultimo gradino vengo spinta, cadendo pesantemente a terra, tra le risate generali.

«Ben ti sta, stronza.» Il solito Billy, che mi assesta anche un calcio nell'addome. Aspetto che tutti se ne vadano, e a fatica mi rialzo, aggrappandomi all'appendiabiti.

«Rebel, vieni, ti devo parlare.» La direttrice mi chiama dal suo ufficio. Mi ricompongo alla meglio e vado al patibolo.

«Buongiorno» saluto, restando in piedi.

«Buongiorno a te, e buon compleanno.
Siediti, dobbiamo discutere di una cosa importante.»

«Senta, non c'è alcun bisogno di parlare della festa che mi ha organizzato. Non mi interessa, né tantomeno festeggiare una ricorrenza che odio.»

Adottata dal Vampiro Solo Su Amazon. Pubblicata 11/05/2019.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora