AMA TAMQUAM OSURUS

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«Andiamo? Sai fare questo... Che mammoletta!».

«Mammoletta? Quanti cazzo di anni hai? Parli come un vecchio!».

«E tu ti muovi come un vecchio», bastarono queste poche parole per preannunciare la schivata di Taehyung, che si abbassò, prima che il suo pugno si schiantò sul ventre di un Jungkook sudato e ansante.

Un sorrisetto si disegnò sul viso del ragazzo, incassò e ingoiò il dolore senza battere ciglio. I guantoni gli ricoprivano i pugni, quella era boxe e non Le Minacce Di Park Jimin, quindi le regole esistevano e Jungkook era costretto a non trasgredirle.

«Ringrazia che non possa usare i piedi», fu la sentenza dell'eterno nuovo arrivato, che si rimise in posizione da difesa e con cautela si avvicinò al suo avversario.

Un avversario dal corpo seducente e l'espressione divertita. «Non mi servono i tuoi piedi, non sono un fottuto feticista», le labbra di Taehyung si piegarono e Jungkook non ebbe modo di gustarsi il suo sorriso vittorioso, perché fu costretto a sollevare le braccia sul viso per parare uno dei suoi colpi.

Hoseok e Seokjin li avevano lasciati da soli per rintanarsi negli spogliatoi e usare per primi le docce: gli allenamenti avrebbero sfinito chiunque a eccezione dei due protagonisti, l'uno contro l'altro che si rincorrevano nella perpetua ricerca della vittoria.

Jungkook studiò con malcelata lussuria il petto nudo e sudato di Taehyung, i muscoli delle spalle e delle braccia rigidi e tesi in avanti per prevenire un attacco—come se ne avesse avuto bisogno, lui, di prevenire un suo attacco. Una fascia rossa gli copriva la fonte, sollevando le ciocche bionde che ricadevano scompigliate ai lati del suo volto, in quel momento contorto da un'espressione sinceramente compiaciuta.

Quel giorno, Jungkook aveva fatto irruzione nel Danger con nuova determinazione: aveva afferrato i guantoni, si era fermato davanti a un Taehyung ovviamente scorbutico, gli aveva spinto quegli stessi cazzo di guantoni al petto e lo aveva obbligato a combattere con lui.

Combattere significa affrontare, sostenere e non mangiare con gli occhi: Jungkook, tuttavia, non sembrava intenzionato a comprarlo.

L'aria che si respirava incendiava le narici e ribolliva sull'epidermide. Jungkook assottigliò lo sguardo e provò un affondo, che però cadde nel vuoto; osservare era la parola chiave, quindi analizzò lo sguardo di Taehyung, fisso nel suo, e la posizione del suo corpo, leggermente ruotato verso destra. Deglutì e, abbassandosi, tentò dapprima un destro per distrarlo e solo successivamente gli colpì la mascella con il sinistro, facendo spuntare un sorrisetto tremendamente eccitante sul volto del biondino.

Lo vide leccarsi le labbra, i denti scoperti. «Niente male per un coglione come te», disse, prima di balzare all'indietro, coprirsi il viso con le braccia e, come un fulmine, scattare in avanti e colpirlo sull'addome. A Jungkook mancò il respiro per un momento e Taehyung non si lasciò scappare l'occasione di tormentarlo di colpi, costringendolo a indietreggiare fino a quando la sua schiena non incontrò le corde rosse del ring.

Jungkook sollevò le braccia e urlò un «Resa! Mi arrendo! Ho capito!», sollevando i pugni in aria solo quando i colpi terminarono. Nell'esatto momento in cui venne eliminato l'ostacolo che gli impediva di incrociare lo sguardo di Taehyung, prese consapevolezza di quanta distanza li separasse: pochi centimetri, i loro petti e i loro visi erano divisi da un soffio d'aria.

I loro occhi si scontrarono, iride su iride, respiro contro respiro, desiderio contro desiderio. Fuoco ardente scivolava sull'epidermide di Jungkook, fluendo nel ventre e fra le cosce, l'istinto di riempire la distanza e prendersi quello che voleva a cozzare contro la consapevolezza di un rifiuto.

LA LEGGE DEL PIÙ FORTE // vkookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora