Era ingiusto che, quel giorno, il cielo stesse sorridendo. Un tributo a Hoseok, avrebbero pensato le menti più fiduciose, se non fosse che di Hoseok, il mondo, si era scordato nel momento esatto in cui aveva permesso che lo uccidessero.
Non c'era molto da raccontare. Gli attimi che avevano seguitato lo sparo erano stati disintegrati dalla memoria ed erano rimaste solo sensazioni.
Il sole sembrava stesse sfidando le leggi della fisica e bruciava sulla pelle nonostante il freddo di quel martedì mattina. Le dita di Jungkook allentarono il nodo alla cravatta che gli stava impedendo di respirare. Con tutte quelle persone non poteva respirare. Insieme al volto straziato dal dolore di Hoseok, insieme al suono di lacrime infrante contro l'asfalto e promesse di vendetta sussurrate, riemergevano memorie addormentate.
Le persone si stringevano tra di loro e piangevano la morte di Hoseok. Abiti lunghi, neri, coprenti, a mascherare le proprie vergogni per rispetto. Gli ricordava il funerale di suo padre, quando aveva sei anni. L'aria che aleggiava allora puzzava di morte e ipocrisia. L'unica differenza stava che, in quel momento, Jungkook era maturato e, al col tempo, aveva perso la capacità di piangere. Non aveva gli occhi gonfi e pesanti come quelli di Taehyung, che nemmeno provava a nascondere la tristezza grondante sul suo viso; non aveva le labbra sanguinanti di Seokjin, che non riusciva a guardare negli occhi nessuno; non aveva nemmeno il pianto isterico e stridulo di Jiho, le cui dita non avevano cessato nemmeno per un secondo di torturarsi i capelli fino a strapparseli.
Invidiava la libertà con cui si esprimeva. E invidiava anche Hoseok, che aveva così tante persone riunite per piangere la sua assenza.
Il funerale non durò molto, la tortura finì presto, ma questo non impedì ai genitori di Hoseok di avvicinarsi.
Jungkook li riconobbe perché avevano caratteristiche uniche che aveva riscontrato nei lineamenti di quel ragazzo dai capelli rossicci: gli occhi sottili, le labbra malandrine, o semplicemente quell'aria da Peter Pan inconfondibile.
Si fermarono d'innanzi a loro, la signora Jung puntò il dito contro il volto sorpreso di Seokjin. «E' colpa tua,» ringhiò, le guance arrossate e bagnate, «E' solo colpa tua se mio figlio è finito in questi giri.» Il marito l'afferrò gentilmente per un braccio, cercando di farla allontanare, «Lo hai ucciso tu!» Urlò, prima di sparire nel marasma di persone.
«Non ascoltarla,» sussurrò Taehyung, appoggiandogli una mano sulla schiena. Non lo guardava nemmeno, non guardava nessuno. «Non è vero.»
«Sì che lo è!» Il labbro inferiore di Seokjin tremò, la sua giacca fu smossa dal vento quando si abbassò sui talloni e si infilò le dita fra i capelli. Guardò a terra perché non aveva il coraggio di guardare nessun altro. «Ho fatto conoscere io questo mondo di merda a Hoseok. L'ho presentato io a Jimin. E ora... E' morto. Hoseok è morto.»
«Non conosciamo il motivo,» la voce di Jungkook era indecisa, non capiva se avesse dovuto infilarsi in quella situazione o farsi da parte. «Solo quando lo scopriremo potrai darti la colpa, Jin.»
Nessuno aveva capito chi avesse sparato quel colpo di pistola. Hoseok non era nei guai, Hoseok era l'unica persona a non aver mai stretto legami pericolosi con i pezzi grossi del ghetto all'infuori di Jimin. Il mistero della sua morte non faceva che aumentare la rabbia covata nei cuori dei suoi amici.
Jungkook distolse lo sguardo. Fissare quello scambio reciproco di attenzioni lo faceva sentire un guardone catturato a infrangere un'intimità non sua. Evitò di guardare i famigliari di Hoseok, riuniti attorno alla bara, e spostò la sua attenzione verso l'uscita del cimitero, articolata in modeste lapidi sistemate in fila su un lungo prato curato. La sua bocca si spalancò e l'espressione si tinse d'orrore quando notò una figura scura procedere lentamente lungo il percorso verso di loro. «Ragazzi,» sussurrò, la voce spenta. «Ragazzi,» alzò il tono, ottenendo gli occhi dei due su di lui. «Che cazzo ci fa lui qui?»
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LA LEGGE DEL PIÙ FORTE // vkook
Fiksi PenggemarJungkook non ha idea di quale sarà il suo destino quando viene cacciato dal dojo in cui è cresciuto e mette piede nel Danger, una palestra di pugilato nei bassifondi della capitale sudcoreana. Il suo temperamento irascibile e provocatorio si scontr...