Capitolo 3

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"Sarah, è pronto il pranzo, ho cucinato il tuo piatto preferito." dice mia madre urlando dalla sala da pranzo al piano inferiore. 
"Un attimo e arrivo." rispondo finendo di togliere i libri dalla cartella. Appena scesa vedo mio padre entrare dalla porta, non mi degna neanche di uno sguardo, ma non ci penso e vado dritta verso la sala da pranzo. Arrivata da mia madre vedo che non è ancora pronto. 
"Mi aiuti a preparare la tavola?" chiede lei. 
"Ma perchè mi hai chiamato se non è ancora pronto?!" dico in tono severo.
"Beh...perché...è quasi pronto" fa in tono di scuse. 
"Va bene" le rispondo sbuffando. 
Quando è quasi pronto il pranzo, mio padre entra nella stanza. 
"Accendi la televisione!" mi dice in tono autoritario. Obbedisco, senza risponderlo, parecchio indispettita dal suo tono. Seduti a tavola, mio padre è troppo occupato, mentre guarda la TV, a fingere di non sentire le parole di mia madre, che gli ripete più volte se avesse voglia di ascoltare com'è andata la mia interrogazione di oggi. 
"Hey caro, allora?" dice mia madre alzando troppo la voce senza accorgersene. 
"Adesso no, non vedi che sto guardando la TV?" 
"È andata bene, se proprio lo vuoi sapere!" dico con rabbia dopo attimi di silenzio. 
"Buon per te." risponde lui con nonchalance. Arrabbiata mi alzo senza finire di mangiare e, sbattendo la porta, entro in camera, sdraiandomi sul letto. Dal salone si sentono le grida di mia madre chiaramente arrabbiata con mio padre per il modo in cui ha risposto. 
Mi metto le cuffiette per non ascoltare e contatto immediatamente Arivel. 
"Hey...hai qualcosa da fare?" le chiedo in un messaggio. Dopo pochi minuti mi arriva una notifica. 
"Beh... sono sdraiata sul letto senza fare nulla...quindi no, non ho programmi." risponde lei. 
"Hai voglia di uscire? Mi devo distrarre."
"Certo...è successo qualcosa?"
"Te ne parlo quando ci vediamo." Prendo alcune monete che avevo conservato ed esco di casa. 

Appena mi vede per strada, mi raggiunge di corsa mi abbraccia: 
"Cos'è successo?" chiede preoccupata. 
"Te lo spiego al bar." Una volta arrivate ordiniamo un caffè e un cornetto ciascuno e ci sediamo ad un tavolino all'aperto. Quando arrivano le ordinazioni, ringraziamo e comincio:
"Il problema è mio padre, sai già più o meno com'è il suo carattere, quindi spero che almeno tu riesca a capirmi."
Mi guarda attentamente, come a non voler far sfuggire qualcosa. 
"Il punto è che ultimamente il mio rapporto con lui sta diminuendo sempre di più, ogni volta che mi vede o che provo a parlargli, lui mi tratta come se gli avessi fatto un torto, come se mi odiasse, con indifferenza, più di prima, ogni giorno" dico abbassando lo sguardo.
"So che non è un dramma ed è sempre stato così, ma mi sono stancata, capisci?" continuo guardandola con gli occhi un po' lucidi. 
"Sì, ti capisco" comincia Arivel. Mi sento già più sollevata. 
"Ma devi imparare ad essere più forte, fregatene delle persone che ti fanno male, tu puoi farcela... anche se è tuo padre" dice con tono rassicurante. La abbraccio e dopo vari discorsi per distrarmi, decidiamo di tornare a casa. Senza accorgercene il tempo è volato e ormai è già buio. 

Dopo esserci salutate, mi avvio all'entrata di casa ma, voltando lo sguardo alla porta accanto, vedo tanti pacchi uno sopra l'altro e qualche mobile ancora imballato sparsi qua e là. Con aria perplessa entro in casa e in salotto trovo i miei genitori con due ospiti: è una coppia sposata, penso sulla quarantina, non è difficile capire che si siano trasferiti nella casa accanto. Spero di soppiatto di evitare altre conversazioni spiacevoli, ma una voce sottile mi blocca: 
"Sarah, non vieni a conoscere i nuovi vicini?" chiede mia madre invitandomi a raggiungerli. Dopo aver bevuto un caffè con loro e dopo varie chiacchiere, ci salutano e se ne vanno; mi dirigo in camera, abbastanza soddisfatta dei nuovi arrivati, mi infilo sotto le coperte e mi addormento.

"Non c'è domani senza te"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora