Capitolo due

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"Sarà che passano, le cose passano."


Le relazioni sono fatte di coraggio, se manca quest'ultimo tutto va a puttane; può esserci la passione, il rispetto, l'amore ma se manca il coraggio del proseguire e perseguire i fatti e i sentimenti, allora tutto finirà per sgretolarsi.

Quel coraggio, con Alberto, è mancato una volta di troppo dell'umano necessario. Anche lui, comunque, diventava un codardo quando si trattava di prendersi le responsabilità dei propri sentimenti; forse è ancora così visto gli sms di ieri sera.

Ovvio che non voglia più vedermi, è così da sei anni perché la situazione dovrebbe cambiare solo perché ci siamo ritrovati per incidere un duetto?

Lui è andato avanti ed io pure, quindi possiamo dimenticare tutto. Possiamo farlo. Possiamo finire di preparare questa cosa e tornare a non sentirci e vederci.

È perfetto.

È ciò che voglio, forse è anche quello che merito. Non lo so.

«Vaffanculo.» Impreco da sola, sbattendo la tazza sulla tavola. È frustrante. Non so cosa, esattamente, ma è frustrante.

Prendo il cellulare, apro Instagram e vado sul suo profilo; non ci seguiamo più da parecchio, oramai.

La me che voleva fare quella superiore a tutti aveva sempre pensato che quando una relazione terminava –amicizia o amore non era rilevante- fosse da stupidi bloccarsi sui social o non seguirsi più. Poi ci lasciammo e dopo qualche mese smisi di seguirlo, silenziai ogni parola che mi riportasse al suo profilo o a sue notizie.

Il problema è che poi il non sapere faceva più male che bene e allora vaffanculo –ancora-, una o due volte alla settimana facevo –e faccio- un giro sui suoi social.

È da tre giorni che non aggiorna instagram, però lo hanno taggato in qualche foto in cui lo si vede uscire da un ristorante; con lui ci sono delle persone che non conosco.

Mi piacerebbe conoscerlo questo Alberto; sarebbe bello presentargli la versione cresciuta di me.

Sospiro e butto giù l'ultimo sorso di cappuccino.

«Puoi farcela, Tish. Vai, incidi il duetto e te ne torni a casa.»

«Ora parli pure da sola?»

«O, preblagi Isuse!» Mi porto una mano sul cuore, un pochetto spaventata dall'entrata di Mameli.

«A soreta, nel dubbio.» Gli tiro un fazzoletto sporco. «Sempre così facilmente spaventabile.»

«Ma si dice spaventabile?»

«Non ne sono sicuro ma prendiamolo per buono.» Si siede di fronte a me e si versa del caffè nella tazzina verde. «Perché sei ancora in ansia? Avete rotto il ghiaccio cantando e litigando, ora è tutta una discesa. Vedrai, andrà bene.»

«Non funziona così, Mame. È Alberto, non è cambiato il modo in cui il mio corpo e il mio subconscio reagiscono alla sua presenza.»

Il mio amico mi guarda con biasimo. So che mi biasima, so che un po' l'ho deluso. In questi sei anni ho fatto un percorso che non sempre è stato facile, ma che alla fine ha dato dei frutti.

Il problema è che non riesco a capire se quei frutti mi siano graditi o meno. Non capisco se questa versione di me stessa mi faccia cagare oppure no.

«Almeno mettiti il rossetto rosso così gli ricordiamo cosa si sta perdendo.»

«Va bene, Clio make up.» Mi tira un tovagliolo.

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