Capitolo 7 Decisioni e speranze

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'Allora, Banner?' Il Falco camminava su e giù in corridoio, gli amici vicini a calmarlo.

Bruce, ogni tanto, usciva dalla camera da letto attigua, dove la moretta stava partorendo fra pianti e strilli, per prendere un asciugamano o altro 'Clint, è la sua prima gravidanza, devi essere molto paziente. Non usa e non ho mai saputo di un marito che lo abbia fatto...perché non entri? Almeno ti dai pace!'.

Avevano sdoganato le tradizioni per ogni aspetto! L'arciere si precipitò, al capezzale della sua sposa, che, sudata, nuda e ricoperta da un lungo telo bianco, era in preda ai dolori del parto, aiutata da Natasha, che la incoraggiava e le rinfrescava la fronte ed il petto.

Lui si mise all'altro lato del letto 'Amore mio, come va?'.

'Insomma...fa male...' gli porse la mano e la strinse prontamente. Era rossa in viso e provata.

'È bravissima; ho aiutato a far nascere molti bambini e se la cava egregiamente, credimi...' la Romanoff la spronò 'spingi come si deve, quando arrivano le prossime contrazioni'; quella lo fece, con un urlo mostruoso.

Clint era pallido e preoccupato; provava a farsi vedere calmo, riuscendoci poco 'Andrà tutto bene!'.

'Fra cinque minuti, sarà tutto finito...' chiarì Bruce 'vedo la testa che sta uscendo, il più è fatto...'.

Rafflesia spinse con forza, all'ultimo spasmo, espellendo il bambino con facilità, un grido strozzato stavolta.

'Che bellino! Senti come piange! Taglio il cordone e lo lavo...ecco a voi' Banner commentò, gli occhi lucidi, ogni suo gesto, per renderli edotti, e portò il neonato ai genitori, a seguito di un veloce bagnetto, avvolto in una copertina candida 'Auguri! È un maschietto e sanissimo!'.

'Hai ragione Bruce, è un capolavoro' la mora contemplava il piccolo, che aveva smesso di frignare, nel momento esatto in cui lo aveva stretto a sé e gli aveva dato un bacino; l'aveva fissata, sgranando gli occhi, ed abbozzato una sorta di sorriso. Aveva una marea di capelli castani chiari come suo padre, il volto molto simile al proprio, per quanto si capisse appena nato.

Il Falco le si era seduto accanto ed aveva preso in braccio il figlio, un istante dopo, talmente sconvolto da ciò che sentiva, in quel momento, da non riuscire a parlare, toccato nell'anima come da nessun avvenimento che lo aveva visto coinvolto.

'Fai entrare i ragazzi, per favore' la neo mamma lo chiese alla Romanoff, che aprì la porta, ed i Vendicatoti, festanti ed urlanti, accerchiarono Clint.

Ognuno voleva tenere il bambino qualche minuto e commentava.

Quando fu il turno di Loki, rimirò il piccolo e la scrutò, con uno sguardo diretto, in silenzio, in attesa che la sua vecchia amica, finalmente, esprimesse i propri desideri. Aveva aspettato, impaziente, sapendo già che avrebbe udito quelle esatte parole che stava per pronunciare.

'E sia, principe asgardiano, mi hai persuaso...nostro figlio, Falco' si rivolse a suo marito 'ha sangue reale nelle vene. Il trono di Flyd spetterà a lui, un domani, ed è per lui che dobbiamo farlo, dovete farlo. Per lui, per noi, per gli abitanti della mia Contea...' avrebbe giocato il tutto per tutto, per non farlo vivere come uno schiavo. Aveva cambiato idea, in un istante, non appena lo aveva tenuto fra le sue braccia; le era bastato uno sguardo alla loro creatura, per convincersi e abbandonare le proprie paure.

'D'accordo...se è ciò che vuoi' mormorò lui, intanto che Loki restituiva il bambino alla sua mamma, con un cenno complice del capo.

'Sì! Vendicatori, Natasha, vi informo che questo giovanotto si chiamerà Clint, come suo padre' aggiunse, assertiva, strappando all'arciere un sorriso, in un mare di preoccupazioni.

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