Capitolo 2

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Carino si, ma insopportabile anche.

Erano passate due settimane dal suo arrivo a Riverdale, e Ginevra era riuscita a stringere diversi rapporti di amicizia -che, sicuramente, mai avrebbero eguagliato quelli che era stata obbligata a lasciare nella sua vecchia città- con quasi tutti quelli che aveva incontrato, tranne che con una persona: Jughead. Erano troppo diversi e troppo simili allo stesso tempo.

Sarcastico, riservato, misterioso. Lui.
Sarcastica, curiosa, in grado di tenergli testa. Lei.

Era questo il principale motivo dei loro battibecchi: continuavano a lanciarsi battutine, senza mai concedere all'altro l'ultima parola, finendo con il discutere anche su cose di poco conto, pur di avere ragione e non lasciarla vinta all'altro.
Tra di loro il tempo trascorreva così.
L'unica eccezione era quando, in un momento di calma, lei cercava di instaurare una conversazione normale, non riuscendoci come avrebbe voluto a causa delle brevi risposte di lui.

Tutto ciò mandava in crisi il suo stesso essere.
Aveva trovato qualcuno che le rispondeva a tono, usando parole che in genere lei avrebbe rivolto agli altri, e che, in aggiunta, non soddisfaceva la sua curiosità, non lasciando trapelare nulla che lo riguardasse.

Per questo, lo riteneva insopportabile. Decisamente la persona meno compatibile con lei che avesse incontrato fino a quel momento.

Era questo ciò a cui stava pensando mentre si dirigeva verso il luogo in cui si sarebbe dovuta incontrare proprio con lui, ovvero "Pop's", uno dei luoghi preferiti del ragazzo in città, una delle poche cose che sapeva sul suo conto.

Ovviamente, i due non si sarebbero mai dati appuntamento da soli di loro spontanea volontà, sapevano che non sarebbe finita bene. Tuttavia, quella era stata una decisione -un'altra, nella vita di Ginevra- che non era dipesa dalla loro volontà.

Quella mattina, il professore, entrato in classe, esordì: "Vi dividerò in coppie, in modo casuale, per organizzare una presentazione su un argomento che vi assegnerò."
Quando, pochi minuti dopo, la ragazza sentì pronunciare il suo nome accanto a quello di Jughead, avrebbe voluto opporsi, ma non lo fece per educazione.

Ed ecco come si ritrovò seduta ad un tavolo di fronte a quegli occhi verdi che, di tanto in tanto, le lanciavano uno sguardo, di sfuggita.

Passarono ore -non prive di battutine e discussioni su cosa fosse meglio inserire nella presentazione- e finalmente potevano liberarsi l'uno della presenza dell'altro. O almeno così credeva lei. Ma si sbagliava, e lo avrebbe scoperto presto. La cosa più divertente è che fu proprio a causa della sua eccessiva curiosità se i due continuarono a passare del tempo insieme. Infatti, quando si alzarono per uscire dal locale, lui camminava davanti alla ragazza, che, di conseguenza, non potè evitare di notare la strana giacca che indossava l'altro. Ormai aveva capito che non era una persona comune -anche nel modo di vestire, considerando il cappello da cui non si separava mai- ma una giacca di pelle con la stampa di un enorme serpente le sembrava eccessiva anche per lui. Per questo, non si trattenne dal chiedergli:
"E questa dove l'hai presa?" Indicando l'indumento.
"È simbolo di appartenenza ai Southside Serpents."
"South cosa?"
"Southside Serpents, è una gang."
"Una gang?" Dire che era sbalordita era poco. Quante cose non sapeva di quel ragazzo?
"Si hai capito bene, una gang. Ti stupisce che un tipo come me possa farne parte? Adesso, se non ti dispiace, dovrei andare."
"Si." Rispose alla sua domanda, e proseguì: "E poi, dove credi di andare? Non puoi dirmi una cosa del genere e piantarmi in Nasso da un momento all'altro. Ormai dovresti aver capito che sono curiosa, sei crudele a non rivelarmi altro."
"Cosa dovrei dirti?"
"Non lo so. Ad esempio, perchè ne fai parte." "Mio padre è il capo."
"E poi ancora-"
"Senti." Non le fece terminare la frase, interrompendola. "Facciamo così: al posto di farmi tutte queste domande, vieni con me."

Una volta usciti, lo vide dirigersi verso una moto su cui salì, porgendole un casco.
"Hai perfino la moto? Che succede? Adesso vengo a scoprire che sei il tipico bad boy gangster che profuma di menta e tabacco?" Disse ironica.
"Muoviti se non vuoi che me ne vada lasciandoti qui."

"Benvenuta nel Southside." Esordì lui quando furono arrivati.
Una zona malandata in cui spiccava quello che sembrava essere un bar, chiamato "White whyrm", era tutto ciò che aveva davanti agli occhi in quel momento.
Entrarono nel locale. Diversi uomini, tutti aventi giacche simili a quella di Jughead, erano seduti a sorseggiare qualcosa e a parlare tra di loro.
"Così, questo è il covo dei Serpents."
"Esattamente." "Comunque, ci tengo a precisare che non siamo il tipo di gang che ci si immagina comunemente. Non siamo pericolosi, se non provocati."
"Non so per quale motivo, ma lo avevo capito. D'altronde, per quel poco che ti conosco, non ti ci vedo a far parte di una gang violenta."
Lui, in risposta, accennò un sorriso.

In quel momento, la ragazza pensò di non aver mai visto un sorriso più bello di quello in vita sua.

Uniti dal destino||Jughead JonesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora