1. Rieccomi, Los Angeles

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Eccomi qui, all'aeroporto di Los Angeles. È da tanto che non metto piede in questo posto...mia madre è morta quando io avevo solo dodici anni per un tumore al cervello e mio padre l'ha seguita due anni dopo per un malore tuttavia misterioso. Mia madre era messicana, per questo il mio nome è spagnolo, mi chiamo Abril, Abril Dawson. Sfortunatamente prima di morire mio padre si risposò con Cassandra, la mia attuale matrigna, lei non mi ha mai sopportato così come io non ho mai sopportato lei. Ma se c'è qualcuno che sopporto ancora meno di lei, è Sean, suo figlio. Ha due anni più di me, sembra un po' sociopatico, non tanto per il suo modo di vestirsi da dark, ma il suo carattere freddo e distaccato non nell'ordinario, a volte fa venire la pelle d'oca solo a guardarlo. Un anno dopo la morte di mio padre è successo qualcosa, qualcosa che ho cercato di rimuovere dal mio cervello. Ho avuto l'aiuto della mia famiglia, oltre che un supporto psicologico e col tempo sono riuscita a riprendere il completo possesso della mia vita e ad avere il coraggio di tornare la ragazza forte e solare di un tempo. Fu a causa di quella cosa che presi la decisione di andare a vivere in Messico da mia zia Lucinda, lei mi adora e mi tratta come se fossi una principessa, ma ora devo iniziare l'università e ce n'è soltanto una nella quale voglio andare. La Primary University, la stessa università dove mia madre e mio padre si sono conosciuti, quella in cui avrebbero voluto vedere anche me e mio fratello maggiore, Francisco. È un'università molto prestigiosa e solo i migliori vi possono accedere, io ce l'ho fatta. Per frequentare quest'università dovrò vivere sotto lo stesso tetto con la mia matrigna e il mio fratellastro, ma va bene, farei qualsiasi cosa pur di andare lì. I miei occhi azzurri leggermente tendenti al grigio vagano in cerca delle mie valige. Il mio metro e settanta non mi aiuta molto a vedere tra la folla. Con un gesto della mano destra porto i miei lunghi capelli nero corvino dietro l'orecchio. Nonostante le mie origini sud americane la mia pelle è piuttosto pallida, non dico bianca, ma leggermente rosata. Cammino, cercando di non fami scaraventare a terra da tutti questi stacanovisti in giacca e cravatta che non vedono oltre lo schermo del loro cellulare. Sono vicino al nastro trasportatore dove escono le valige e attendo con impazienza le mie. Una volta prese mi dirigo verso la fermata dei taxi, ce ne sono tre, ma a quanto pare sono tutti prenotati. Incrocio le braccia attendendo con impazienza che ne arrivi uno e mi guardo intorno. Dalla porta dell'aeroporto vedo uscire un uomo alto 1.80 più o meno, con gli occhiali da sole, indossa una maglietta aderente a mezzemaniche, che marca perfettamente i suoi pettorali, i jeans blu scuro, anche questi stretti ma non in modo eccessivo, ai piedi porta un paio di Nike nere con il segno della firma in blu. Si passa la mano destra tra i capelli castani che brillano alla luce del sole, spettinando ancora di più il suo ciuffo ribelle rivolto verso destra. Volta lo sguardo verso di me e mi sorride, dannazione deve avermi notata, chino il capo osservando il suolo nella speranza che serva a non degnarmi più di uno sguardo, ma sento il suono dei suoi passi avvicinarsi sempre più a me. <<Ciao splendore>>. Lo guardo, mentre si toglie gli occhiali mostrando i suoi occhi verdi e il sorriso smagliante, al collo porta una collana con due ciondoli, uno è una medaglietta rettangolare nera e l'altro è una spada, lo guardo e faccio un cenno col capo per salutarlo per poi voltarmi dall'altra parte. <<Cosa ci fa una tale bellezza qui tutta sola?>> sbuffo. <<Sto aspettando un taxi>> <<Che coincidenza anche io, se vuoi possiamo prenderne uno insieme>> roteo gli occhi per poi guardarlo <<Siamo alla fermata dei taxi, non è una coincidenza che entrambi stiamo aspettando un taxi e no, grazie, non ho nessuna intenzione di prendere un taxi con lei>> sbotto irritata dal suo comportamento. <<Come siamo nervosi...scommetti che io riuscirei a farti rilassare?>>. Bello sì, ma anche arrogante e presuntuoso, il classico playboy. Ringrazio il cielo che finalmente mi manda una macchina gialla <<No grazie, arrivederci>>, gli sorrido prima di allontanarmi per prendere il taxi appena arrivato. Dò l'indirizzo di casa all'autista e mi metto a guardare il panorama fuori dal finestrino. Mi è mancata Los Angeles, la città affollata piena di centri commerciali e strutture imponenti, negozi e gente che va freneticamente avanti e dietro per le strade. Gli edifici immensi e altissimi. In Messico vivevo in un piccolo paesino abbastanza carino, dove tutti conoscevano tutti e lì, il massimo del lusso era il mercato. Nel paese non c'erano i grandi centri commerciali che ci sono qui, bisognava andare verso il centro per trovarli, anche se i negozietti erano davvero graziosi, tutti arredati secondo lo stile messicano. Arrivata a destinazione, pago l'autista e poi scendo dall'auto, sulla porta ad attendermi ci sono mio fratello maggiore, Francisco e mio cugino, Diego Álvarez. Diego è il figlio di zia Sol, una delle sorelle di mia madre, è voluto venire a vivere qui per frequentare lo stesso liceo di Fran e successivamente anche lui l'università di Primary. Sono sempre stati molto legati. Diego ha la stessa età di mio fratello, vale a dire due anni più di me, 23 anni. Sia Diego che Fran hanno la carnagione più scura della mia, soprattutto Diego che è di madre messicana e padre spagnolo. Anche lui come me ha i capelli neri e gli occhi azzurri, ma i suoi sono color ghiaccio. È alto 1.78 ed è più muscoloso di come lo ricordavo, ha il classico aspetto da latin lover, non che mio fratello si tiri indietro, ovviamente. Francisco ha gli occhi identici ai miei, i suoi capelli sono leggermente troppo lunghi a mio parere, quasi gli cadono sugli occhi, sono di un castano chiaro che ha ereditato dalla mamma. Lui è alto 1.80, lo trovo in forma esattamente come mio cugino. <<Fran!!! Diego!!!>> lascio le valige e gli corro incontro abbracciandoli, loro ovviamente ricambiano <<Sorellina!!! Quanto mi sei mancata>> <<La piccola Ab è tornata>>. Mi allontano e dò un pugno sulla spalla di Diego <<Heyyy non sono più così piccola>>, protesto, mentre loro ridono. <<Su su, prendete le mie valige>> <<Signor sì signora>> rispondono all'unisono obbedendo all'ordine. All'interno noto che la casa è cambiata, è più luminosa, i divani di pelle nera sono stati sostituiti da quelli in pelle bianca, i mobili marroni in stile antico rimpiazzati da bellissimi mobili moderni, lucidi, bianchi e azzurri, le pareti sono state ricoperte da una carta da parati azzurra con il disegno in bianco di tanti rami e alcuni fiori. C'è anche una parete attrezzata che si intona col resto. <<Wow>> <<Belli vero? Opera della signora Harris>>, mi dice mio fratello e io lo guardo corrugando la fronte <<La signora Harris?>> <<Sì, ricordi? Due giorni dopo la tua partenza sarebbe dovuta venire a vivere qui una famiglia>>, spiega mio fratello. <<La famiglia Harris, per l'appunto>> continua Diego, per poi lasciar concludere Francisco <<La casa apparteneva a Jack Harris e papà pagava l'affitto. Alla sua morte, Jack, ha lasciato la casa in eredità al figlio che si è trasferito qui con la sua famiglia e loro, sono stati così gentili da proporci di restare a vivere facendo pagare a Cassandra un leggero affitto invece di sfrattarci vista la presenza di stanze>>. Terminato il discorso, faccio un cenno di assenso <<Ah bene! Non vedo l'ora di conoscerli allora>>. La casa ha completamente cambiato aspetto, è tutto in stile moderno, minimalista, vicino alle grandi finestre del salone, c'è un piano a coda nero, assolutamente bellissimo. <<La mia stanza è sempre la stessa?>> chiedo, avendo seri dubbi in proposito. <<No, la signora Harris ha fatto una ristrutturazione completa>> conferma Francisco, un po' mi dispiace, ero affezionata alla mia vecchia stanza, ma d'altro canto muoio dalla voglia di vedere lo stato attuale. Diego apre la porta della mia stanza, sta per entrare, ma io lo precedo. È sempre grande, è stata fatta aggiungere un'altra finestra vicino a quella già esistente, adesso entra più luce. Il pavimento è stato tappezzato con una specie di tappeto rosa scuro, di quelli pelosi, lo tocco con la mano, sembra di stare accarezzando un peluche, anche queste pareti sono state ricoperte da una carta da parati, color rosa antico con una striscia bianca al centro. C'è anche una scrivania bianca e il letto a una piazza e mezza, mi ci butto sopra e... <<Non ci credo! È un materasso ad acqua!!!>> esulto continuando a buttarmici sopra come una bambina di sette anni. <<Sì!!!>> esclama mio fratello, per poi gettarsi al mio fianco insieme a Diego, facendomi cadere distesa sul materasso. <<Heyyy è il mio letto!!!>> <<Sì da soli cinque secondi>> gli faccio la linguaccia. <<Sei un fratello odioso>> <<E tu una sorella odiosa>>. A interrompere le nostra "allegra" conversazione è mio cugino <<Ab, dovresti venire a conoscere la signora Harris>>, suggerisce e io annuisco. Entriamo in cucina e vedo una donna con un'acconciatura impeccabile, dei boccoli castani che le scendono morbidi sulle spalle, un vestito bige con la gonna a campana e un cinturino marrone in vita, molto semplice. Porta delle scarpe dello stesso colore della cinta, con il tacco e delle strisce che lasciano mostrare i piedi con le unghie perfettamente curate. È una donna così elegante. <<Lola, per favore, ricordati della Mud cake, è il dolce preferito di Trent>> <<Certo, signora>>. La domestica si allontana, ci sono tantissimi piatti in questa cucina e tantissime persone che si muovono tra i fornelli. Francisco avanza di un passo <<Kate, Trent è già arrivato?>>. La donna si volta verso di lui posandogli una mano sulla guancia <<Oh caro, non lo so ancora, quel benedetto ragazzo non si degna neanche di rispondere al cellulare!>> mi volto verso mio cugino <<Chi è Trent?>>, gli chiedo sottovoce <<È il figlio degli Harris, viene all'università con noi ed è il nostro migliore amico>> e capisco subito, da come ne parla, che Diego è molto affezionato a questo Trent. Mio cugino è sempre stato un Don Giovanni, come del resto anche mio fratello, ma con gli altri ragazzi, non erano mai stati molto socievoli, anzi, si tenevano distanti, per questo il fatto che abbiano permesso a qualcuno di entrare nel loro "clan" mi fa pensare che questo ragazzo sia un tipo in gamba. <<Mamma, dopo la ventesima chiamata dovresti aver capito che non ti risponderò>>. Al suono di quella voce a me sconosciuta, tutti quanti ci voltiamo verso la porta e riconosco subito il ragazzo dell'aeroporto. <<Oh! Tesoro!!!>>. La donna corre ad abbracciare quello che suppongo sia il figlio, mentre io faccio un ultimo, misero, tentativo, pregando in silenzio, con gli occhi chiusi che quello non sia davvero Trent Harris. <<Ti prego dimmi che non sei Trent Harris, ti prego dimmi che non sei Trent Harris, ti prego, ti prego, ti prego>> supplico con le dita incrociate. <<Beh te lo direi pure, ma sarebbe una bugia>>, apro gli occhi, ispirando dal naso e me lo ritrovo molto vicino a me <<Potevi almeno farmi illudere per un altro po' no?>> rispondo, facendo una smorfia. <<Tu sei la ragazza dell'aeroporto>> dice indicandomi con l'indice destro <<Ah però! Molto perspicace>> sorrido ironica. <<Trent!!!>> Francisco e Diego gridano il suo nome all'unisono per poi abbracciarlo, Francisco, gli avvolge il collo sotto al braccio sinistro, così facendo, Trent è costretto a piegarsi in due mentre mio fratello gli strofina il capo con un pugno chiuso dell'altra mano. <<Te la sei spassata eh?>> <<Racconta! Come sono le inglesine?>> chiede mio cugino, io inarco un sopracciglio guardandoli. Decisamente non sono cambiati affatto. <<Beh che dire, se la tirano un po', ma sotto sotto sono carine e poi nessuna di loro ha resistito al mio fascino, ovviamente>>. Tzé quante arie! Cosa mi tocca sentire. <<Cara, tu devi essere Abril>> la voce della donna al mio fianco, mi distrae da quell'oscena conversazione. <<Sì signora, molto piacere>> afferro la sua mano così da stringerla. <<Chiamami pure Kate cara, tuo fratello mi ha detto che vai pazza per i cake pops, ne ho fatti preparare di tutti i tipi e ci sono anche le fragole bagnate nel cioccolato con le noccioline>>. Wow questa non me l'aspettavo. <<Ehm...grazie! È...è davvero troppo, sul serio non doveva>> dico un po' imbarazzata, questa donna neanche mi conosce e si è presa così tanto disturbo per me? <<Sciocchezze cara, se vuoi altro devi solo dirlo>> sento il suono del forno e lei si volta mettendo le presine, lo apre e tira fuori un dolce che ha davvero un buon'odore, ho l'acquolina in bocca. <<Quindi tu sei Abril Dawson>> mi volto verso il figlio degli Harris <<E tu sei Trent Harris>> scrollo le spalle. <<Sembra che entrambi rimarremo delusi da questa storia>> affermo con finto dispiacere. <<E chi dice che io sia deluso?>> chiede mordendosi il labbro inferiore e guardandomi da capo a piedi <<Volatilizzati>> gli dico categorica. <<Che caratterino, sai mi piacciono quelle aggressive>> mi volto dall'altra parte per ignorarlo. <<Trent>> una voce maschile, pacata, lo richiama dall'uscio della porta, non posso fare a meno che dare un'occhiata. Un uomo vestito elegante, slanciato, capelli marroni, occhi verdi e un po' più alto di Trent, fa la sua entrata <<Papà!>>, esclama lui, successivamente gli va incontro abbracciandolo. <<Com'è andato il viaggio d'affari?>> <<Bene, ma la prossima volta vorrei portarmi anche Francisco e Diego, è noioso stare lì da solo>>. Alle parole del figlio, l'uomo accenna un sorriso. <<Va bene, va bene>>. Vedo mio fratello e mio cugino darsi il cinque, esultando sottovoce. <<Andate tutti a lavarvi le mani, tra poco si cena e non voglio sentir parlare di lavoro mentre siamo a tavola>>, annuncia la donna di casa, mi piace la signora Harris e non solo perché ha preparato i miei dolci preferiti, ma perché mi ricorda mia madre, basta guardarla per vedere il bene che vuole a suo figlio, a suo marito e persino a Francisco e Diego. Mi dirigo verso l'uscita e dinnanzi a me, mi ritrovo lei, Cassandra Hall, la mia matrigna. I suoi ricci rossi sono lucenti, gli zigomi sono più alti di come me li ricordavo, ma probabilmente la memoria non mi inganna, perché anche la labbra sono più gonfie e sono sicura, che non avesse quel davanzale prima che io mi allontanassi. <<Cassandra>>, la saluto con la testa alta e sollevando di poco il mento, non mi intimidisce più come quando ero una bambina, posso reggere il suo sguardo da serpe velenosa senza neanche fare troppa fatica. <<Bentornata Abril, è un piacere rivederti>>. Falsa, fredda, gelida come il ghiaccio e il mio tono di voce non sarà da meno <<Vorrei poter dire lo stesso, ma mentirei, quindi non lo farò. Con permesso, stavo andando a lavarmi le mani>>. Vedo il suo sorrisetto, quello che usava anni fa prima di chiamarmi insolente, o di picchiarmi, ma adesso non sono più una bambina Cassandra, adesso non puoi alzare una mano e darmi un ceffone per il tuo divertimento. Le passo davanti e mi dirigo nella mia stanza, una volta dentro prendo la valigia poggiandola sul letto, la apro, tolgo il jeans e la maglietta che ho usato per il viaggio. Mi dò una sciacquata rapida, indosso un vestito verde acqua corto davanti, che arriva poco sotto le ginocchia dietro, a giro maniche, con una molla in vita coperta dal cinturino beige. Mi guardo allo specchio e dopo aver indossato dei sandali a schiava, intonati con la cinta, mi alzo in piedi. Sento il rumore della porta aprirsi e un brivido percorre la mia schiena al vedere di chi si tratta. <<Sean>> pronuncio il suo nome utilizzando il tono più acido e sprezzante di cui sono capace. Sean ha gli occhi scuri, è alto 1.77, magro, con i capelli neri, lunghi fino alla fine del collo, stile emo, porta una camicia bianca con una cravatta, dei pantaloni grigi e il suo sorrisetto raggelante stampato in faccia. <<Guarda, guarda chi è tornata all'ovile. Complimenti Ab, sei più bella di quanto ricordassi, o chissà forse lo sei diventata>> <<Per te sono Abril>>. Vorrei poterlo cacciare a calci ma mi manca il coraggio e per questo mi odio. Avanza di un passo e io indietreggio stando dietro al letto, come se questo potesse sollevare una barriera tra di noi. <<Non ti avvicinare>> ordino con una voce troppo debole, cercando di reggere il suo sguardo, lui ghigna. <<Altrimenti che fai?>> <<Non sono più la ragazzina di quattordici anni che conoscevi, Sean>> lo avverto, ma lui continua ad avanzare. <<Davvero? Io credo proprio di sì>>. I miei piedi sono incollati a terra, come se non potessi più muovermi e sento il cuore salirmi in gola, deglutisco mentre sembra che il tempo si sia fermato. <<Abril sei...>>. Quella voce...finalmente il tempo torna a scorrere normalmente e in silenzio, ringrazio Trent per essere entrato nella mia stanza. Non posso evitare di sorridergli quando lui sposta lo sguardo da Sean a me <<Ho interrotto qualcosa?>> <<No>>, rispondo rapida alla sua domanda. Gli sorrido, salgo con i piedi sul letto per attraversarlo e poi salto giù avvicinandomi a lui, avvolgo le braccia intorno al suo braccio sinistro <<Andiamo a cenare, Trent>>. Lui ricambia il sorriso <<Certo, sei bellissima con questo vestito>> mi sussurra all'orecchio mentre camminiamo <<Grazie, Trent>>, e mentalmente non gli sono grata per il complimento, ma per essere entrato nella mia stanza. Una volta fuori noto che anche lui si è cambiato, adesso porta una camicia bianca di seta con i risvolti all'altezza dei gomiti, un paio di jeans chiari e...ha un buon profumo di colonia. Arrivati al tavolo sposta la sedia per farmi accomodare e io gli sorrido per ringraziarlo, prende posto alla mia destra, mentre alla mia sinistra c'è mio fratello, di fronte Trent è seduto mio cugino, di fronte a me Cassandra, il posto vuoto al suo fianco suppongo sia di Sean, ai due posti a capotavola siedono i signori Harris, dopo qualche secondo arriva anche il mio fratellastro e prende posto accanto alla madre. Le cameriere iniziano a portare alcuni antipasti come bruschette, frittura di pesce, patatine fritte e via dicendo...sembra di essere in un ristorante. <<Trent mi passi la saliera?>> chiede mio cugino. <<Certo>>, Trent allunga la mano per dargliela ma scappa il tappo facendo finire una piccola montagna di sale sulle patatine di Diego. <<Ops>> ridacchia il ragazzo seduto accanto a me <<Questa me la paghi>>. Diego gli afferra il contenitore del sale da mano e glielo getta addosso, io mi scanso il prima possibile mentre loro ridono. <<Ah sì? Vuoi la guerra?>>. Trent si alza e prende la bottiglia d'acqua <<Ragazzi, per favore>> ignora la madre e versa l'acqua in testa a mio cugino, fino a quando lui, con un gesto della mano, rivolge la bottiglia verso la persona che la sta reggendo, così anche la camicia bianca di seta viene bagnata. <<Trent!!! Diego!!! Seduti e mangiate>> ripete la madre, ma il suo tono di voce e leggermente più forte di quello precedente, i due ragazzi ridono, questa volta però obbediscono. <<Mi hai bagnato i capelli>>. Mio cugino si passa una mano tra la folta capigliatura piena d'acqua <<Se è per questo tu mi hai bagnato la camicia nuova>>. Lo guardo, la camicia gli si è appiccicata addosso e mostra i suoi pettorali, inclino leggermente la testa verso sinistra mentre lo guardo, sembra che abbia un tatuaggio sulla parte destra del petto, chiudo gli occhi a fessura osservandolo, ma non riesco a focalizzarlo bene. Quando alzo di poco lo sguardo incrocio i suoi occhi e il suo sorriso carico di malizia mentre mi guarda, arrossisco e mi muovo incomoda sulla sedia tornando a fissare il mio piatto. Spero che nessuno, a parte lui, si sia reso conto che lo stavo fissando. Con la coda dell'occhio guardo mio fratello che sta tranquillamente mangiando, segno che non si è accorto di nulla, anche Diego è occupato a pensare al cibo, mentre gli adulti intrattengono una conversazione. Rabbrividisco quando i miei occhi incrociano quelli di Sean che mi guarda storto, forse lui lo ha notato, mi avvicino a Francisco come in cerca di protezione, mio fratello non mi degna neanche di uno sguardo. Al contrario invece, quando guardo Trent noto che lui sta fissando Sean con uno sguardo ambiguo, quei due probabilmente non si piacciono. Non ne capisco bene il motivo, ma a ogni modo che Sean abbia un nemico in questa casa mi conforta, così riprendo a mangiare. Finito il pranzo, mi alzo in piedi prendendo un altro piattino con le fragole al cioccolato. <<Con permesso, vado a riposare in camera mia, sono molto stanca>> <<Certo cara, va pure>>, annuisce Kate e io non me lo faccio ripetere due volte. <<Ah, Abril>> mi fermo dopo appena due passi per guardarla. <<Nel tuo armadio c'è un regalo per te da parte nostra, spero che ti piaccia>> <<Oh...no, non era necessario sul serio questo è...è troppo davvero>>, dico scuotendo il capo incredula, ho ancora difficoltà a capire perché questa donna sia così generosa nei miei confronti. <<Cara, i soldi non ci mancano, quindi per noi non è un problema. Davvero, ci terrei molto che tu accettassi>>. Ora mi sento ancora più in imbarazzo di prima, sorrido debolmente e annuisco <<Allora grazie>> <<Di nulla!>>. Mi dirigo verso la mia stanza e una volta chiusa la porta, poggio il piatto di fragole sul letto e mi avvicino all'armadio. Dentro c'è un'enorme felpa grigia con la scritta Primary, l'unica cosa che posso dire è WOW! Non ci posso credere! Mi hanno preso una felpa dell'università? Chissà quanto deve essere costata...la indosserò dopodomani per il primo giorno! Dopo aver ripiegato accuratamente la felpa richiudo il cassetto, prendo la rivista dalla mia valigia e mi getto sul letto a pancia in giù, gustandomi il sapore delle fragole bagnate nel cioccolato. Finito di leggere il giornalino lo chiudo e lo lancio a terra, nello stesso momento, sento il rumore della porta aprirsi lentamente, trattengo il fiato immaginando già chi possa essere...

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