Oggi la luce fioca e chiara del sole illumina a stento la bella e grande città di Miami. I ragazzi ricominciamo a studiare, i lavoratori tornano a svolgere i loro compiti e i genitori, dopo aver accompagnato i figli a scuola, per poco riescono a respirare una rinnovata aria di libertà in seguito alle vacanze estive. Sull'acqua blu e cristallina dell'oceano risplende quella luce brillante e soffusa che cerca di mostrarsi in tutta la sua bellezza, di uscire allo scoperto, di liberarsi dalla cupa e greve presenza di quelle poche nuvole che raramente a quest'ora si spostano sulla nostra città. Io, come la luce, cerco di evadere, se solo ne avessi la possibilità sarei pronta ad attraversare qualsiasi strada, qualsiasi strettoia, pur di scappare via.
E intanto mi siedo a rilento sul divano per realizzare ciò che è appena successo. Ormai da più di dieci minuti i miei occhi sgranati minacciano di uscire dalle orbite e cadere a terra.
Se gli avessi procurato qualcosa di grave Sophie probabilmente avrebbe fatto di peggio, non credo si sarebbe limitata a piangere date le sue probabili intenzioni.
Vado accanto al figlio di lei, Ryan, e titubante mi permetto di chiedergli se si sente bene."Secondo te come dovrei sentirmi dopo aver ricevuto da una ragazza psicopatica una lampada di vetro in testa?" mi risponde con una schiettezza paurosa nei miei confronti, una sconosciuta.
"Beh, credo che dovresti provare un forte dolore in testa ed un istinto omicida verso di me." rispondo in modo sarcastico, anche se so benissimo che ha tutte le ragioni per essere arrabbiato.
"E allora se lo sai che lo chiedi a fare?" dice alzando gli occhi al cielo e contemporaneamente scostandosi i capelli dalla fronte.
"Beh sai, si chiamano buone maniere, da quanto vedo la tua mammina non te le ha insegnate molto bene." rispondo con un sorrisetto velenoso.
"Non provare a dire una sola parola contro mia madre, ragazzina!" esclama a mo' Harry Potter alzandosi dal divano. Ovviamente la sua non è stata una buona idea e infatti si mette una mano sulla ferita dolorante e si risiede.
"'Ragazzina' ci vai a chiamare qualcun altra, mio caro." rispondo con un'espressione che probabilmente infonde pura antipatia.
Prima che lui possa rispondere interviene mia madre, l'angelo custode della nostra casa.
"Smettetela voi due di litigare! Ryan, devi perdonarmi, non ho avuto occasione di comunicare a mia figlia che tu e tua madre vi sareste trasferiti qui per due settimane." dice mia madre in tono tranquillo.
"Cosa?!" urlo alzandomi di scatto e rassegnandomi al mio triste destino.
"Irina, la loro nuova casa non è ancora disponibile e non hanno dove andare." aggiunge mio padre.
"Ma la casa dove credevo che vivessero fino a due minuti fa dov'è finita?" chiedo esasperata.
"La settimana scorsa l'hanno venduta e i nuovi proprietari ci sono andati a vivere proprio ieri, per necessità" risponde mia madre mentre Sophie e il figlio assistono allo spettacolo.
"Ma perché diamine l'hanno veduta?" domando nervosa.
"Perché abitare vicino a noi e più facile per Sophie che ogni giorno deve venire qui." risponde mia sorella Elizabeth al posto di mia madre sbucando dal nulla.
"Quindi anche tu sapevi che questo mostro e sue figlio sarebbero venuti qui? Non mi avete detto niente!" urlo mentre cerco di trattenere le lacrime.
"Non ti abbiamo detto niente perché sapevamo che ti saresti opposta, conosciamo fin troppo bene il rapporto che hai con Sophie e non abbiamo voluto che lei fosse costretta ad alloggiare in un hotel con suo figlio mentre la nostra casa è aperta e disponibile!" esclama mia madre con la voce debole.
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The Fardest
RomanceLuigi Pirandello diceva che ognuno di noi possiede una maschera: una per la famiglia, una per la società ed una per il lavoro. Quando si è soli però tutte queste maschere spariscono e fanno diventare quella miriade di sentimenti ed emozioni che abb...