1. Conseguenze

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Mi accorgo di essermi addormentata quando la vibrazione del cellulare mi costringe a riaprire gli occhi.
Mi fa male la testa e ho pronto in gola un conato di vomito.
Avevo dimenticato quanto fossero fastidiose le ore dopo un volo.
Cerco di distrarmi, mi sistemo sul sedile del bus, appoggio la testa sullo schienale e guardo oltre il finestrino: il maestoso fiume Willamette occupa tutto lo scenario.
Sono davvero tornata a casa.
Il conato di vomito non è mai stato così molesto.
Quando vai via da casa non pensi mai a cosa ti lasci dietro, a cosa la tua assenza può comportare. Stai andando via, ciò che ti lasci dietro non ti riguarda più.
Non hai motivo di pensarci.
Fino all'estate dell'ultimo anno di Liceo, esattamente quattro anni fa, vivevo a Portland, nell'Oregon.
Una sera come tante, in una strada come tante,
un ubriaco alla guida mi ha strappato via i genitori.
Inutile dirvi che la mia vita è cambiata per sempre.
Sono andata via da Portland quattro mesi dopo,
sebbene amassi la mia città, in quel momento mi stava troppo stretta.
Così mi sono trasferita a Boston e lì sono rimasta fino ad oggi.
Daniel Donovan ha avuto un incidente brutale che ha distrutto la sua auto.
Le condizioni sono molto gravi, è possibile che non si risvegli più.
Ho impiegato due ore a preparare la valigia e a prenotare il primo biglietto aereo per tornare a casa dopo che mia zia Clare mi ha informata dell'accaduto.
Danny era il mio migliore amico, l'unico ragazzo di cui mi sia mai importato qualcosa.
Nessuno aspetta il mio ritorno, anche se tutti si aspettano che torni.
Prendo il cellulare dalla tasca dei jeans e leggo il messaggio di Holly, l'unica amica che sia riuscita a farmi a Boston.
Scusami se non ti ho accompagnata all'aeroporto, ma è successa una cosa incredibile!!
Chiamami non appena ti sistemi!
Un'ultima cosa Maggie: fai un bel respiro e... ce la farai!

Ho conosciuto Holly mentre lavoravo in una caffetteria durante i primi mesi a Boston, era la cliente più chiacchierona a cui avessi mai servito un caffè corretto alle nove del mattino.
E' istruttrice di yoga e un ottima psicologa quando si tratta di drammi,
a lei devo molto.
Ma i fantasmi della morte dei miei genitori sono ancora da qualche parte dentro di me,
e in questi anni non ho fatto altro che ignorarli, nella speranza che prima o poi, se ne sarebbero andati da soli.
Ma così non è stato, e adesso mi trovo a doverli affrontare tutti insieme.

Le gambe mi fanno male e mi sento la testa piena di pensieri disordinati, ma cerco di sembrare perfettamente integra mentre attraverso le villette che costeggiano il quartiere in cui si trova la casa di mia zia.
Ho sempre avuto un rapporto speciale con lei,
probabilmente dovuto all'affetto profondo che la legava a mia madre.
Ricordo quando lei mi disse che Clare era la più furba delle due, e che un giorno sarebbe riuscita a ottenere dalla vita tutto ciò che voleva.
E' così è stato: si è sposata con Mark, il suo amore dai tempi del college.
Lui primario di cardiochirurgia, lei avvocatessa di successo.
Vivono nella loro casa da sogno, cosa possono volere di più dalla vita?
Un pargoletto forse, ma non penso sia nei loro programmi, per adesso.
Varco la soglia del grande cancello verde, il prato è così verde che mi sembra finto, un sentiero di ciottoli chiari mi indica la strada.
"Oh mio Dio." Riconosco la vigorosità della sua voce.
"Che bello! Finalmente!" Zia Clare è intenta a oscillare su una dondola color crema posizionata sotto il portico. Un tavolino basso e delle sedie creano un'aria suggestiva.
Si alza in piedi, scende i gradini del portico e corre verso di me.
Indossa una tuta frizzante verde chiaro che le armonizza le forme, un cappello di paglia la ripara dai raggi solari che invece stanno per ustionare il mio viso.
"Ciao zia!"
Le dico prima di lasciarmi stringere in un abbraccio materno.
Ha il profumo di mia madre.
"Sono così felice di vederti."
Mi scruta, mi accarezza i capelli e poi il viso.
E' ancora bella con i suoi capelli ricci e scuri, rivedo lo sguardo di mia madre nei suoi occhi verdi, che poi sono anche i miei.
"Anche io." Sussurro sottovoce.
In realtà sento il mio cuore strapparsi in mille pezzi.
Clare è la sorella minore di mia madre, c'è chi pensava che fossero gemelle, l'unica caratteristiche che impediva di confonderle erano sempre stati i capelli: mia madre aveva i capelli color miele, zia Clare aveva una chioma folta e di un castano tendente al mogano.
"Lascia che ti aiuti."
Interrompe il filo delle mie considerazioni e mi strappa uno dei due trolley che sostenevo a fatica.
"Andiamo dentro, ho preparato la spremuta d'arancia." Il cuore mi sussulta. "Come piace a te."
Mentre la seguo lungo il prato verde, ricordo che zia Clare mi ha sempre viziata.
Con il cibo, con i regali, con le sorprese.
Mi ha sempre trattata come se fossi sua figlia.
L'interno è fresco, i colori tenui rilassano gli occhi e mi fanno sentire a casa.
Non è cambiato nulla dall'ultima volta che sono stata qui.
Una scala a chiocciola divide in due parti la grande stanza rettangolare: a destra prende vita una cucina moderna con un tavolo di vetro su cui poggia un altezzoso vaso di gigli, nella parte opposta si trova il soggiorno con il camino che ha fatto parte delle più belle sere passare con la mia famiglia.
Ricordo che abbiamo aspettato la mezzanotte dell'ultimo Capodanno insieme proprio lì, ricordo che mia madre  mi teneva stretta la mano mentre l'anno volgeva al termine.
"Manca anche a me."
Mi becca in pieno mentre fisso il camino, e sebbene non abbia detto nulla non ci vuole poi molto per capire a cosa sto pensando.
Le rivolgo appena uno sguardo,
cerco di soffocare il groppo in gola che sento dolorosamente riaffiorare.
"E tu me la ricordi tantissimo."
Spero che non abbia sentito la mia voce instabile,
ero appena arrivata, non volevo piangere.
Ma Clare mi precede,
singhiozza in modo incontrollato e si strofina gli occhi per asciugarsi le lacrime.
Si è tolta il cappello di paglia rivelando un viso stanco ma pur sempre raggiante.
E' la prima volta che non mi sento sola.
Il mio dolore non è solo mio.
Io ho perso i miei genitori, ma anche lei ha perso sua sorella.
E non è da meno.
Così decido di fare una cosa che non ero solita fare, non più.
Abbraccio Clare.
Ha significato molto per la mia adolescenza, e molte volte mi sono ritrovata a pensare come sarebbe stata la mia vita se non avessi avuto zia Clare sempre pronta ad aiutarmi lì dove una madre, per prassi, non arriva.
E' stata la prima persona a capire la mia cotta per Danny, a consigliarmi su ciò che fosse meglio per il mio cuore; era consapevole che stavo sprecando il tempo migliore della mia vita nella speranza che prima o poi, lui si sarebbe accorto del miei sentimenti.
"Devi imparare ad amare chi ti ama Mag, non c'è cosa più bella di essere ricambiati."
E nonostante prendessi i consigli di mia zia Clare e ne facessi, da sempre, un mantra della mai vita, non ero riuscita ad amare qualcun altro, ad amare qualcun altro che non fosse Daniel Donovan.
"Ho sistemato la mansarda per te, Maggie."
M'informa dopo che, entrambe, ci siamo ricomposte.
"Non c'era bisogno, andava benissimo la stanza al piano di sopra."
Mi lego i capelli in una coda di cavallo, e cerco di tonificarmi il viso per nascondere il pianto.
"Oh ma dai, hai ventidue anni Maggie."
Mi accarezza il mento, i suoi occhi diventano dolci.
"Non sei più una bambina."
Poi la seguo di sopra.
E rimango affascinata dalla capacità di Clare di rendere un posto inabitabile tanto ospitale.
Un odore di muschio e cannella mi invadono subito le narici.
Visualizzo un soggiorno ampio con un divano a quattro posti piazzato al centro della grande stanza dalle pareti giallo chiaro, un televisore di fronte e una grande libreria contorna le pareti opposte. Sul lato destro della mansarda visualizzo una scrivania il legno battuto e una sdraio niente male.
Ma la camera da letto è la mia preferita, anche se la vasca da bagno ai piedi del letto matrimoniale mi lascia un po' perplessa. Per un attimo ho pensato che quella fosse l'unica vasca presente, invece il bagno è ampio e di una tonalità turchese così armoniosa da rilassare subito i miei sensi.
"Sembra quasi che tu abbia creato questo posto a posta per me."
Clare è ferma sullo stipite della porta e rimane in silenzio mordendosi il labbro inferiore.
Se chi tace acconsente...
"E' così?"
Stringo lo sguardo, focalizzo tutta la mia attenzione su di lei.
"Beh, in realtà l'idea è venuta a Mark." Inizia. "Nel caso tu saresti voluta tornare perché ti mancava Portland, o perché magari ti mancavamo noi, saremmo stati pronti."
Non riesco a dire nulla.
Lo stupore mi ha praticamente annullato la facoltà di parlare, sento solo il cuore riempirsi di tanta gioia.
Non mi sentivo così da tanto tempo.
"E c'è una scala proprio sulla finestra del soggiorno."
Hanno fatto tutto questo per me.
Solo per me.
Per quattro anni hanno aspettato che tornassi a casa.
"Io... io sono... Clare io non... non so che dire."
Dalla loro morte ho pensato che se fossi rimasta a Portland, per loro sarei stata un peso. Avevano diritto a crearsi una famiglia, la loro famiglia, non c'entravo nulla io.
"Lo so Maggie."
Clare si è avvicinata, mi tiene il viso tra le mani, esattamente come faceva tutte le volte che, da piccola, piangevo.
"Lo so perché sei andata via. Pensavi che qui non ci potesse essere più posto per te e va bene così, andava bene così perché avevi bisogno di capire chi sei."
Mi accorgo di star piangendo solo quando la visuale mi si appanna.
"E va bene lo stesso se non hai ancora trovato te stessa. Non c'è fretta."
Clare mi asciuga le lacrime.
"Ma non sei sola, Maggie. Io e Mark siamo la tua famiglia, e ci sarà sempre un posto per te nella nostra casa."
Quanto sono stata stupida.

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