Sono passate esattamente quattro settimane da quel pomeriggio.
Ho esplicitamente chiesto a Kyle una tregua,
che lui ha palesemente rifiutato.
Sono stata una vera stupida.
Il giorno dopo ci siamo incrociati in giardino: io andavo a correre, lui veniva a svolgere il suo solito compito.
Ci siamo scambiati un lungo sguardo, poi sono corsa via.
Il giorno dopo è successo di nuovo, alla stessa ora, nello stesso momento.
Il terzo giorno ho deciso di uscire dieci minuti prima perché sapevo che in qualche modo,
una piccolissima parte di me,
forse insignificante e non so quanto importante,
soffriva.
Perché mi sentivo più simile a lui di quanto avessi mai potuto immaginare,
o forse, desideravo solo trovare conforto in qualcuno che capiva davvero com'è vivere senza Daniel.
Di conseguenza passavo poco tempo in casa dato che ormai Kyle passava intere giornate a casa dei miei zii.
Stavo molto tempo con Josie e Tala,
con Quentin alle calcagna, è vero, ma preferivo la fastidiosa presenza di Quentin all'assordante indifferenza di Kyle.
In più, avevo aiuto Clare ad organizzare la serata di beneficenza che, come da rituale, si sarebbe tenuta a metà estate.
I ricavi sarebbe andati interamente all'ospedale pediatrico di Portland fondato dalla mia famiglia più di un secolo fa.
Ragion per cui, mi trovo nel negozio più fiorato di tutta Downtown con mia zia, alla ricerca dei fiori che avrebbero addobbato il castello di domani sera.
"Pensi che scegliere dei fiori rossi sia troppo eccessivo?"
Tiene in mano una bellissima rosa rossa, la annusa e poi mi rivolge uno sguardo disperato.
"Hai scelto dei colori neutri per i tessuti quindi puoi optare per qualsiasi fiore."
La raggiungo abbandonando il mazzo di margherite bianche che avevano catturato la mia attenzione.
"Dovrei chiamare Mark e chiedergli cosa ne pensa."
Riposa la rosa nel suo fascio e mi indica il mazzo di rose blu poste accanto.
"Forse il blu è più elegante, non credi?"
Mi accorgo del suo viso stanco, organizzare quest'evento occupa le uniche ore libere che il lavoro le concede.
"Che ne pensi se ci prendiamo una pausa con una bella tazza di caffè?"
La prendo a braccetto e la invito ad uscire dal negozio.
Il proprietario del negozio ci sta guardando confuso.
"Mi scusi signor Penny, le spiace se rinviamo la scelta dei fiori a più tardi?" Gli chiedo.
"No, certo che no, signorina Maggie. Pensateci pure con calma."
Si merita un bel sorriso per aver compreso l'esasperazione di mia zia.
"Scusami Penny, è che non riesco a scegliere, sono tutti così belli!"
Il gentile fioraio alza le mani in aria e continua a sorridere con gentilezza.
Mentre usciamo dal negozio mia zia continua a blaterare, io mi assicuro che il proprietario sappia che sarei passata più tardi.
Due minuti dopo siamo seduti al bar accanto,
sorseggiamo un fumante caffè nero davanti al Pioneer Court house Square, "il salotto di Portland".
"Ti chiedo scusa Mag, mi sembra d'impazzire!"
Si stringe la testa fra le mani e socchiude gli occhi.
"Stai tranquilla, capisco quanto sia stressante."
Le sorrido mentre avvolgo in una stretta la mia tazza di caffè nero.
"La verità è che era tua madre quella esperta con questi eventi. Io non sono mai stata portata per le cose di famiglia!"
Mi confessa, aprendo gli occhi e appoggiando la testa sullo schienale della poltroncina.
"Adesso rilassati, okay? Tu e Mark siete un'ottima squadra, non c'è nulla di cui preoccuparsi. I fiori sono solo un dettaglio!"
Man mano che le parole uscivano fuori, l'espressione corrugata di Clare si scioglieva e la preoccupazione sembrava abbandonarla, per il momento.
Sorseggiamo il caffè e per qualche minuto rimaniamo in silenzio, ammirando la bellissima piazza di Portland che oggi è particolarmente affollata.
"Non mi hai ancora detto chi ti accompagnerà alla serata."
Roteo gli occhi, rivelando la mia assoluta indisposizione a trattare l'argomento.
"Non ricominciare con quella storia." Mi lamento.
"Penso solo che tu e Kyle siete gli unici a non aver ancora un accompagnatore, mi sembra assolutamente logico prendere in considerazione la possibilità che potreste venirci insieme! Tutto qui."
Le rivolgo una lunga occhiataccia.
"Non ho intenzione di sostituire Daniel con nessuno." Clare sembra sorpresa dalla mia spiegazione, poi mi rivolge un lungo sguardo di compassione.
"Non si tratta di sostituire qualcuno, Mag - stringe la mia mano che se ne stava libera sul tavolo -si tratta di capire che la tua vita non può fermarsi, fare da sola o con qualcun altro quello che facevi con lui non vorrà dire sostituirlo."
Spero che quel caffè nero possa inghiottire la mia intera esistenza, ma non succede.
"Non... non sarebbe la stessa cosa." Non lascio che il suo sguardo analizzi il senso di colpa che inonda i miei pensieri . Non voglio che mi compatisca. "Non sarà mai la stessa cosa, ma sarà solo diverso, nuovo." Mi incoraggia come può e vorrei davvero che questo basti a non farmi sentire in colpa.
"E poi è arrivato il momento che tu e Kyle smettiate di comportarvi come due adolescenti capricciosi." Continua, lasciando la mia mano e ritornando a stringere la sua tazza di caffè. "Siete due adulti adesso e dovete smetterla con questi stupidi dispetti."
Ne beve un sorso e lascia che mediti le sue parole.
In quell'esatto momento vorrei davvero confessarle che ho provato, che ho cercato di essergli amica, di essere gentile e comprensiva, ma ho sbattuto contro un gigantesco muro.
"Sono sicura che se tu gli chiedessi di accompagnarti lui non rifiuterebbe."
Stavo di nuovo per contraddirla ma la mia attenzione viene catturata da una risata eccentrica.
I miei occhi si allungano fino alla porta d'entrata, visualizzo una ragazza con un caschetto color nero corvino, di media altezza, che sicuramente sa bene cosa indossare per farsi notare.
Ciò che davvero mi toglie il respiro è sentire un'altra risata che vibra all'unisono con la sua.
E' la risata di Kyle, le sta di fianco, le cinge il bacino con la sua grande mano, ride con lei.
Mi sorprende scoprire che le fossette sono venute fuori, segno che sta davvero ridendo.
La tazza rischia di scivolarmi dalle mani.
Mi accorgo a malapena che mia zia ha ripreso a parlarmi di qualcosa, ma non riesco a sentire altro se non le loro risate riecheggiarmi nella mente.
Li osservo mentre si avvicinano al bancone di fronte alla porta d'ingresso, a circa tre metri dal nostro tavolo, aspettano che il cameriere arrivi per l'ordinazione.
Mi accorgo subito della loro strana complicità.
"Maggie, mi stai ascoltando?"
Mi chiede Clare costringendomi a distogliere lo sguardo.
"Si." Probabilmente ho un'espressione indecifrabile. "Certo." Mi affretto a fissare la mia tazza quasi vuota.
Non non convinta, si volta.
"Ma...è Kyle!"
Con una figurina.
Avrei voluto aggiungere, ma preferisco rimanere zitta e continuare a fissare la mia tazza.
La mia mente ha già iniziato a elaborare circa un migliaio di scenari diversi al riguardo.
"E lei chi è?"
Mi riempio la bocca di caffè sperando con tutta me stessa che non provi a scoprirlo.
"Non pensarci nemmeno, zia." So bene che ha intenzione di agitare la mano per attirare la sua attenzione.
"La conosci?"
Con un cenno del capo indica la figurina accanto al bel tenebroso, ritorna a guardarmi per qualche secondo.
"No." La sua mano freme dalla voglia di agitarsi, lo riesco a percepire dal mondo in cui stringe debolmente il bordo della poltroncina sulla quale è seduta.
"Sopravviverò anche senza scoprilo." La incoraggio.
"Davvero? Perché mi sembra di averla già vista da qualche parte."
Ipotizza Clare, poi si volta di nuovo.
"Se non smetti di girarti si accorgeranno che li stiamo..."
Ma non faccio in tempo ad avvisarla, la sua mano non stringe più la poltrona.
"Ehi Kyle!"
Mi copro immediatamente il viso con le mani.
Non mi merito tutto questo.
"Hey! Ma che sorpresa!"
Mi scopro la visuale
e solo allora mi accorgo che Kyle e la sua figurina vengono verso di noi.
"Splendido! Davvero perfetto!"
Blatero fra me e me.
"Ma che coincidenza! Che ci fai qui?"
Non mi preoccupo delle cortesie, al contrario di mia zia che si è alzata in piedi per salutarli.
"Lei è Sierra Laurenti, ti dice qualcosa?"
Indica proprio colei che le sta appiccicato come una cozza. Spinta dalla cuorisità mi convinco ad alzare lo sguardo.
"Sierra? Quella Sierra?"
Perchè ho l'impressione che per mia zia non sia più del tutto una sconosciuta?
"Già, sono proprio io, la Sierra che domani suonerà al tuo evento!"
Il suo accento è straniero, ma da vicino, è talmente bella da lasciarmi stizzita.
"Sono così felice di conoscerti!" Clare la stringe in un abbraccio. "Sono davvero contenta che tu abbia accettato di venire, Kyle mi ha parlato così tanto di voi che ho pensato fosse un'ottima idea invitarvi all'evento di beneficienza."
La domanda è: perché io non ne sapevo un'accidenti?
Sierra allunga la sua mano sottile e stringe il braccio di Clare,
il suo sorriso è fastidiosamente perfetto.
"Sono così felice, grazie di averci invitato. Kyle mi ha detto quello che stai facendo per lui... quindi ti ringrazio il doppio."
La sua gentilezza mi fa venire da vomitare.
Il mio sguardo vacilla per un attimo,
attimo che mi costa caro: incrocio lo sguardo di Kyle.
Ammetto che non me lo aspettavo, ma mi sta guardando con una virulenza che mi fa battere forte il cuore.
Mi sta scrutando,
mi osserva con attenzione,
come se stesse cercando qualcosa nei miei occhi.
"Lascia che ti presenti mia nipote."
Clare mi indica, e avrei preferito di gran lunga che continuassero a parlare, elogiarsi e scambiarsi sorrisi puerili senza che mi tirassero in ballo.
Mi stampo il più bel profondo falso sorriso che ho in tasca e le porgo la mano.
"Maggie."
Mi limito a dire.
"Sono Sierra, è un piacere conoscerti, ho sentito molto parlare di te."
Non c'è traccia di malizia nella sua voce,
è davvero fastidiosamente gentile.
"Oh ma davvero?"
Il mio tono è palesemente ironico, motivo per cui Clare mi lancia un'occhiataccia,
Sierra invece sembra solo confusa.
Kyle cerca di nascondere quello che sembra essere un evidente ghigno di compiacimento.
Compiacimento per cosa poi?
"Volete unirvi a noi?"
Propone mia zia, come ciliegina sulla torta.
"Ma si, mi farebbe davvero piacere."
Sierra si precipita a sedersi accanto a me offrendomi un sorriso di cortesia.
Cerco di non badare troppo al fastidio che sento nell'averla vicina, e mi accorgo che Kyle mi sta esattamente di fronte, mia zia le sta accanto fronteggiandosi con la nuova arrivata.
Ordinano da bere, io prendo un altro caffè perché ho bisogno di tenermi impegnata con qualcosa, ma per fortuna non vengo interpellata nella chiacchierata intensa fra Clare e Sierra.
Si scopre che la nuova arrivata vive in Italia, precisamente a Firenze.
Cantante solista di una band inglese impegnata in un tour europeo che, a quanto afferma la figurina, rappresenta il loro trampolino di lancio.
Vorrei dire che a me non frega nulla del trampolino di lancio di una band inglese,
l'unico pensiero che mi tortura è sapere perché Kyle le cingesse il bacino, le sorridesse rivelando un'insolita complicità di cui ero completamente all'oscuro.
Probabilmente, per tutto il tempo della chiacchierata,
i miei occhi gli e lo hanno chiesto un milione di volte.
E succedeva spesso, non che io abbia cercato il suo sguardo,
non che lui cercasse il mio,
ma capitava che le traiettorie dei nostri sguardi si scontrassero,
più volte di quanto, due persone che hanno deciso di essere perfetti sconosciuti,
dovrebbero lasciare che accada.
Una vocina dentro di me mi suggeriva che dovevo lasciar perdere,
che non erano affari miei,
e non lo sarebbero mai stati perché era meglio così. Perché Kyle aveva deciso così.
Non mi deve importare il fatto che la sua mano fosse scivolata sul suo bacino come se conoscesse alla perfezione la strada,
non mi deve importare sapere per quale ragione le fossette fossero venite fuori mentre le sorrideva.
Nel riflesso di me stessa, in quel caffè nero, mi sono resa conto che, invece, m'importava eccome.
Nel momento esatto in cui sono uscita da quel bar mi è sembrato come di risalire a galla dopo una lunga apnea.
Dopo aver salutato Kyle e la sua figurina, sono riuscita a convincere Clare a lasciarmi occupare dei fiori.
"Ho davvero bisogno di staccare la spina."
Mi aveva detto.
E poi è salita in macchina, lasciando a me la responsabilità di scegliere i fiori perfetti.
Faccio un lungo respiro, cercando di rilassarmi.
Giro i tacchi e voltandomi, trovo il signor Penny sulla soglia del suo negozio di fiori.
Mi sorride e m'incoraggia ad entrare.
"Ti porto in un'ala speciale, lì tengo tutti i fiori più belli."
Mi dice mentre mi accompagna lungo un corridoio.
"Sei identica a tua madre" Aggiunge poi. "Ma questo, forse, te lo hanno detto già tante volte."
Osservo il signor Penny con dolcezza,
è rimasto lo stesso.
Indossa la solita salopette usurata e una camicia a quadri,
è invecchiato un po' dall'ultima volta che sono stata qui,
ma è ancora un caro fioraio.
"No signor Penny." Gli sorrido. "E' la prima volta che qualcuno me lo dice."
Ricordo la passione di mia madre per i fiori di questo negozio,
motivo per cui Clare ha scelto di venire qui.
Stiamo percorrendo un lungo corridoio costeggiato da piante di tutti i tipi.
"Da questa parte." Mi indica di svoltare a sinistra.
"E' difficile riuscire a tenerle vive in questo periodo dell'anno, sono fiori che preferiscono il freddo, la montagna." Ci fermiamo davanti a uno splendido piccolo giardinetto in miniatura, vengo subito rapita dalla varietà di colori.
"Resistono al gelo invernale e non amano l'eccesso del calore, se stanno in penombra possono durare e fiorire per molto, molto tempo."
Mi metto in ginocchio, per avvicinarmi.
Sono enormi fiori a forma di coppa, semplici ma maestosi,
in bianco, giallo, rosa, arancio, rosso e viola con qualche nota azzurra.
"Come si chiamano? Non penso di averle mai viste prima."
Confesso, incantata.
"Sono le peonie. Precisamente Peonia Lactiflora."
Spiega con tono fiero.
"Le mie preferite."
Le immagino a colorare i tessuti bianchi della tavola, delle statue in marmo, posizionate come bouquet al centro di ogni tavolo, raggruppate in vasi posti all'entrata, lungo la scalinata e ai lati del palco.
"Sono perfette."
Mi alzo in piedi e sorrido al fioraio.
"Verrà a prenderle Mark domani pomeriggio, poco prima dell'inizio dell'evento,
le dispiace se le prendo tutte?"
Spero solo di non avergli portato via il suo lavoro migliore.
"Oh no signorina Margot, faccia pure. Sarei davvero molto onorato di donarvi i miei figlioli per un evento così importante."
La soddisfazione nei suoi occhi mi fa quasi emozionare.
"Perfetto."
Penso proprio che Clare impazzirà quando le vedrà.
Concordiamo il prezzo e l'ora precisa in cui Mark li verrà a prendere, intanto ne prendo un mazzo per portarli a casa e mostrarli a Clare.
"La ringrazio."
E con il profumato mazzo di Peonie viola-azzurre in mano esco dal negozio.
Guardo l'orologio al polso,
sono ancora in tempo per prendere la metro delle undici.
Mi avvio verso la galleria sotterranea che si trova dall'altra parte della strada, quindi aspetto che il semaforo diventi verde per attraversare il passaggio pedonale.
La mia mente mi riporta all'immagine della mano di Kyle sul fianco di Sierra, ai loro sorrisi complici.
Non deve importarmi.
A semaforo verde, attraverso la strada, entro in galleria, scendo le scale,
prendo la metro e in dieci minuti sono già a casa.
"Sono tornata."
Annuncio non appena mi chiudo la porta alle spalle.
Visualizzo immediatamente un vaso libero posto al centro del tavolinetto del soggiorno, mi affretto a impegnarlo con le mie bellissime peonie.
"Manca solo la fonte di vita."
Lo prendo in mano e mi avvio verso la cucina per riempirlo d'acqua.
"Guarda Clare sono i fiori più..."
Mi blocco quando visualizzo una figura inattesa. Lunghi capelli ricci e neri, impossibile non riconoscere il marchio di famiglia.
Karen Black è seduta a capo tavola, Clare le sta accanto.
Mi rivolgono entrambe un lungo sguardo.
"Oh." Appoggio il vaso con i fiori sul primo mobile che ho vicino.
"Non volevo disturbare, scusate."
Non posso fare a meno di notare la sua contrastante bellezza, un viso delicato ma asciutto contornati da una chioma riccia e spavalda.
"Non disturbi." Mi sorprende che sia lei a rispondere. "Ciao Margot."
Ci metto qualche secondo a non farmi distrarre dalla famigliarità del suo sguardo.
"Ciao Karen." Devo aver pronunciato il suo nome un pò troppo duramente, perchè noto subito che mia zia prolunga lo sguardo su di me.
"Mag." Si affretta a riprendermi.
Non so se sia dovuto al tono di voce severo di mia zia o al fatto che avevo davanti colei che aveva distrutto la vita di Kyle, ma sentivo un groviglio di rabbia prendere posto nel mio stomaco.
"E' passato tanto tempo." Mi limito a dire. "Come va?"
Clare si accorge dell'apatia della mia voce che minaccia di esplodere.
"Quasi non ti riconoscevo." Karen accenna un sorriso che ritrae immediatamente.
"Perchè lo hai fatto?" Non sono mai stata fatta per i convenevoli inutili.
"Maggie!" Mi riprende di nuovo Clare.
"No Clare." Karen prende parola "Ha ragione." Sii alza in piedi e viene verso di me. "Non ti racconterò quello che già probabilmente sai, invece vorrei che tu sapessi che molte volte non abbiamo scelta." Non capisco quelle parole. Non capisco perchè sia venuta qui.
"Abbiamo sempre una scelta." Mi affretto a dire. E lo penso davvero.
"Non quando amiamo qualcuno più di quanto amiamo noi stessi."
Rivolge un ultimo sguardo a mia zia e poi si avvia verso l'uscita.
Io sono rimasta lì immobile a riflettere su quelle parole che adesso mi appaiono senza alcun senso.
L'amore per Rob non può costringerla a buttare fuori di casa suo fratello. Non ha senso.
Osservo confusa mia zia che accompagna Karen alla porta, poi richiude il portone d'ingresso.
Abbasso lo sguardo sulla punta dei piedi, forse ho esagerato.
"Sei sicura di odiarlo?"
Non mi ero resa conto di quanto Clare mi fosse vicina.
"Chi?"
Replico confusa.
"Kyle." Asserisce. "Sei sicura che non ti stai convincendo che odiarlo sia più facile che capirlo?"
Clare sa bene quali parole usare, come posizionarle.
E' il suo lavoro, è la cosa che più le viene meglio.
Io non sono mai stata brava con le parole, neanche adesso so cosa dire per giustificarmi.
"Sono bellissime, comunque." La osservo odorare le peonie con gli occhi socchiusi.
"Ero sicura che avresti fatto la scelta giusta."
Vorrei che fosse così anche per le scelte della mia vita.
Più tardi, nella mia camera, mi convinco che è davvero arrivato il momento di fare "scelte giuste", come per esempio prendere in mano la mia vita: sto meditando seduta sul mio letto, ho in mano un bigliettino bianco sulla quale è inciso un numero di telefono e una didascalia che dice "Backson's Journalism Company".
L'ho trovato sulla mia scrivania questa mattina, non ne ho fatto parola con nessuno, ma credo fermamente che sia stata Clare a mettercelo.
Chi ha altro, più di lei, spera che io riprenda in mano la mia vita al più presto?
Prendo il mio iPhone, compongo il numero, metto il vivavoce.
Sorprendentemente, dopo appena tre squilli una voce armoniosa sostituisce il silenzio.
"Parla con Julie della Backson's Journalism Company, come posso aiutarla?"
Le labbra si schiudono, ma non esce alcun suono.
"Pronto?" Replica la signorina dopo pochi secondi.
Non essere codarda.
"Pronto... salve, io..." Mi alzo in piedi, passeggio per la stanza e cerco di prendere un respiro profondo. "Sono Margot Jonson e chiamo per..."
"Oh, signorina Jonson – mi interrompe – attendevamo la sua chiamata."
I miei piedi si bloccano, non me l'aspettavo.
"Sono felice che abbia deciso di collaborare con noi, la signora Donovan ci ha parlato così tanto di lei." Aggrotto la fronte con naturale spontaneità mentre sento il cognome di Daniel risuonarmi nelle orecchie.
"La signora... Donovan?"
"Si." Asserisce decisa. "Cheryl Donovan."
E allora comprendo.
Non è stata mia zia ad aiutarmi, ma Cheryl, la madre di Dan.
Mi si riempie il cuore di gioia.
"Lei è Margot Jonson e vive a Boston, ma di recente è tornata a Portland, è corretto?"
Dalla sua voce percepisco la paura di aver commesso un errore.
"Si, sono io. Conosco la signora Cheryl... solo che, non... lasci stare. Mi scusi. E' tutto nuovo per me."
Ritorno a passeggiare per la stanza, strofino ossessivamente il palmo della mano sulla fronte che quasi mi brucia per la pressione.
"Perfetto, signorina Margot." Sento di nuova la voce armoniosa e decisa che mi rasserena.
"Possiamo incontrarci la prossima settimana per un appuntamento qui in sede?"
Mi precipito sulla scrivania a recuperare un foglio e una penna.
"Ma si, certamente." Non trovo nulla sulla quale poter scrivere, solo una biro quasi scarica. Poi ricordo del bigliettino e corro a recuperarlo sul letto.
"Perfetto, signorina Margot." Ripete ancora una volta. "Ci vediamo giovedì alle 11:30, le invio l'indirizzo per e-mail. Mi raccomando sia puntuale!"
Mi sorprende come possa essere gentile e risultare, allo stesso tempo, dispotica.
"Non tarderò Julie, la ringrazio." Scrivo l'ora sul bigliettino e mi appunto di controllare la posta elettronica.
Il telefono mi scivola volontariamente sul letto mentre tengo nelle mani il bigliettino che non smette di avere la mia più totale attenzione.
Penso solo a una cosa: Cheryl ha fatto tutto questo per me. Per la seconda volta ha deciso di darmi fiducia.
E stavolta, ce la metterò tutta per non mandare le cose in aria.
Rieccomi mamma, rieccomi papà.
Sono tornata, sono di nuovo la Maggie che conoscete.
Non vi deluderò, ve lo prometto, io non vi deluderò più.
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Spazio incontaminato
Romance"Esiste uno spazio nella nostra anima, un luogo in cui solo ciò che è abbastanza forte riesce ad entrare. Solo ciò che è puro, sincero e potente riesce a penetrare le sue mura. Mia nonna lo chiamava "spazio incontaminato". Non pensavo che anch'io...