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Erano i primi di agosto, il caldo arava i miei respiri mentre il sudore umidificava la mia pelle, l'odiavo l'estate. L'incomprensione della gioia socialmente accettata per quel torpido calore mi irritava, come si poteva amare una stagione che non ti permetteva di dormire alla notte, che ti lasciava esausta di giorno, che affondava il suo egoistico sole nella tua pelle.
Tra quei pensieri mi dirigevo da Bryce, ero ormai diventata una cliente abituale, il suo totale menefreghismo ed estraniamento dai clienti, che quotidianamente andavano ad acquistare da lui, quasi mi era piacevole, girare in quel piccolo negozietto mi rilassava, osservavo quello che faceva Bryce, a volte leggeva la sua solita rivista di motocicli, solitamente i primi giorni della settimana, quando l'edizione settimanale usciva, altre volte lo trovavo immerso nella pulizia dei suoi occhiali, aveva un set completo di straccetti e una boccettina di un liquido, ci metteva circa dieci minuti, pazientemente strofinava le lenti una alla volta, continuando a guardarle, alla ricerca di qualche alone inesistente, altre volte vedevo entrare sua figlia, era sulla quarantina, magrolina e fedelmente indossava un tailleur, fantasticavo sul suo lavoro, pensavo che doveva essere la ceo di qualche grande azienda, laureata in una buona scuola pagata interamente da Bryce, me lo immaginavo invecchiare su quello sgabello, come me lo immaginavo il primo giorno di apertura, altre volte immaginavo che forse prima di essere il suo negozietto appartenesse a suo padre, lui cresciuto tra quelle piccole corsie, sempre piene di cose, ma mai una volta riuscì a scambiarci più di qualche parola, era come se lo conoscevo anche se in realtà, i fatti mi imponevano di comprendere che io quel vecchietto non lo conoscevo per niente.
Quel giorno alla cassa Bryce non c'era, sostituito da una ragazza della mia età.
Dovevo prendere dei preservativi ma il fatto che Bryce non ci fosse mi rendeva nervosa - e se lo avessero ricoverato? E se fosse morto? un infarto? Il collasso di un rene? - mi chiedevo mentre nervosamente guardavo i pacchetti di preservativi di fronte a me.
Dovevo comprare per forza qualcos'altro, mi metteva in imbarazzo solo il pensiero dell'espressione di quella ragazza mentre glieli porgevo alla cassa, rimasi dieci minuti davanti al reparto, non tanto perché non sapevo cosa prendere ma perché dovevo riuscire prima a focalizzare le mie energie così da non provare pudore per l'acquisto.
Un ragazzo si mise di fianco a me mentre ancora riflettevo a quale fosse il motivo per il quale Bryce non ci fosse in quella giornata, mi sentii osservata per un istante, ma cercai di darci il meno peso possibile così esitai a guardarlo con la coda dell'occhio. Si avvicinò di più a me, le mie gambe si irrigidirono improvvisamente. Guardai le sue mani, erano bianche, troppo bianche per quella stagione dell'anno, le dita sottili e il dorso marcato da delle venette violacee le rendeva particolarmente attraenti, prese il pacchetto di durex davanti a me - queste? - mi chiese, io non capii, cosa voleva da me? Se fossi stata Grace lo avrei compreso il suo avvicinamento, ma avevo i miei classici pantaloncini neri sportivi e una t-shirt bianca larga. Lo sentí avvicinarsi al mio orecchio, mi voltai a guardarlo, aveva gli occhi scuri, niente di particolare se non per la forma e il modo in cui mi scrutavano il volto, non saprei descriverli se non dicendo che erano arrivati, fu il primo termine che mi sorpassò in testa, poi lo vidi sorridermi e porgermi il pacchetto ad una distanza di dieci centimetri da me - apri la borsa - sussurrò per poi guardare la commessa che stava facendo dei calcoli in cassa, aveva una t-shirt nera che esaltava la sua carnagione biancastra, sembrava uscisse direttamente dal l'inverno, che in casa sua la primavera e l'estate si fossero perse in un'altro spazio tempo. Scossi la testa, comprendendo che volesse rubarmi, presi un altro pacco e feci per andarmene, mi bloccò per il polso.
Mi voltai per guardarlo distorto, notai solo in quell'istante una luce diversa da quella che avevo visto qualche secondo fa, i suoi occhi trasmettevano malinconia e tristezza, mi ricordavano i miei, forse per quello decisi di seguirlo fuori dal negozio dopo che aveva dato un'occhiata alla ragazza alla cassa che si era girata, alzò la maglietta e mise il pacchetto nei pantaloni, mi sorrise - vieni - disse. Per mio criticismo l'essere umano si innamora di qualcuno perché ci ricorda noi stessi, in qualche maniera strana, questo nostro narcisismo sfocia nel corpo e nell'anima di qualcun altro, forse perché ci manca il coraggio di amare noi stessi e crediamo che solo l'essere amati sia una vera forma di amore.
Femmo qualche passo, entrambi in silenzio, il disagio degli sconosciuti o forse era soltanto una mia impressione, ci fermammo in un vicolo a qualche centinaio di metri dal negozio.
Lui mi guardò per poi prendere il pacchetto e porgermelo.
- perché lo hai fatto? - chiesi prendendo i preservativi e mettendoli in borsa.
- per evitarti il disagio, eri lì davanti da mezz'ora - disse sorridendomi
- non ero a disagio, non sapevo cosa prendere -
Lui sorrise
- il tuo ragazzo sarà felice del regalo allora-
- non sono per me - dissi abbassando la testa ed arrossendo - sono per una mia amica -
Lui scoppiò a ridere.
Guardai i suoi capelli muoversi, non erano né troppo corti né troppo lunghi, quasi ricci scuri, come quelli che piacevano alle ragazzine infatuate di un timothée chalamet qualsiasi, capelli che ritenevo sopravvalutati, tranne su di lui, a lui stavano bene.
- cavolo - disse poi - allora ho lasciato il numero sul pacchetto per la tua amica e non per te - disse sorridendomi.
Non compresi quando ebbe il tempo di scriverlo, forse mentre impacciatamente nel percorso guardavo tutt'altro fuorché lui per l'imbarazzo.
- allora ci si vede in giro... - si fermò - come ti chiami? - chiese
- River - dissi
Lui sorrise - Layton - fece un cenno con la mano e svanì dietro a quel vicolo dove eravamo fermi.
Tornai al parcheggio, il cuore a mille, era strano sapersi visibile agli occhi di qualcuno, ripensavo al fatto che mi avesse notata, che avesse visto il disagio che provavo ad acquistare i preservativi, che avesse voluto aiutarmi o forse era solo un folle, non mi conosceva, come aveva il coraggio di fare quello che ha fatto, normale non era di sicuro, la sua stranezza mi rimase impressa.
Salvai il suo numero una volta tornata a casa, pensai che avrei potuto scrivergli come Grace, eppure non volevo, non volevo che lei si prendesse lui.

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