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La giornata era afosa, avevo perso il mio classico bisogno di guardare un film e non sapevo che fare.
Odiavo perdermi a guardare il soffitto, a volte pensavo troppo, pensieri distruttivi che mi divoravano l'anima, allora preferivo perdermi a guardare vestiti online.
Mi tornò in mente quella storia mentale che mi ero creata, quella ragazza che volevo far vivere in me, una sconosciuta che sarebbe diventata mia amica.
Io River non ero un granché, timidamente mi spostavo di casa per le cose più essenziali, le sigarette principalmente.
Cercai una parrucca, rosa come quella di Natalie Portman.
Mi rimase quel nome, Grace, inizialmente casuale ma poi riflettendoci era perfetto. Grace significava grazia, tutto ciò che volevo che Grace non fosse, un ossimoro, contrario alla persona che avevo in mente. Grace doveva essere ironica, di quell'ironia dark che pochi riuscivano a comprendere e allo stesso modo spinosa, menefreghista dei sentimenti altrui, il suo egoismo era il principale valore che le apparteneva. Volevo che fosse guardata da tutti per strada, volevo che le persone bisbigliassero incrociandola, che volessero ucciderla, scoparla, baciarla, conoscerla, non le doveva importare, doveva sentirsi sempre al centro dell'attenzione e non sentirsi a disagio per questo.
Qualche giorno dopo il campanello suonò, era il corriere.
- Grace Nillman? - chiese
- si - dissi prendendo il pacco e firmando il foglio che mi porse.
Corsi in camera, mia madre era a lavoro, aprì il pacco ed estrassi la parrucca, mi legai i capelli in uno chignon stretto, misi la retina incorporata nel pacco e presi la parrucca, la indossai e mi guardai allo specchio, cercai di sistemare qualche ciocca scombinata, non mi stava male ma riuscivo ancora a riconoscermi.
Corsi in camera di mia mamma e aprì il cassetto dei trucchi presi gli ombretti e cercai tra i rossetti, tutti quasi finiti, tranne uno, nuovo di zecca, rosso fuoco, sorrisi guardandolo. Tornai in camera mia e iniziai a truccarmi.
Il risultato era orrendo, dovevo prenderci la mano prima. Mi struccai e passai il pomeriggio a guardare tutorial di trucco. Non avrei mai pensato di ritrovarmi su youtube ad imparare l'arte del makeup proprio perché non mi era mai interessato truccarmi ma era come se un fuoco interiore mi portasse a voler perfezionare l'immagine che volevo di Grace.
Cominciai ad elaborare uno stile a questo mio alterago e quindi iniziai ad ordinare dei vestiti, volevo che Grace fosse completamente diversa da me, volevo guardarmi allo specchio e non riconoscermi in lei.
Calze a rete, minigonne in pelle, top scolati, niente tute sportive, niente felpe.
Era da un paio di settimane che le cose erano arrivate, perdevo le ore della mattinata a farla vivere, mi vestivo, mi truccavo e iniziavo a camminare per la stanza, era come se dovessi trovare una connessione psicologica con lei prima di uscire di casa e fingere di essere lei, avevo paura che il mio io la sovrastasse, che fossi ancora troppo legata ai miei disagi per poter sconfiggerli solo con uno stile diverso. Dovevo riuscire ad abituarmi a lei, all'idea che avevo di lei. Non fu facile, quando mi guardavo allo specchio le gambe erano le mie, tremolanti e spaventate, quando mi guardavo in Grace e mi riconoscevo nei tratti del corpo, mi odiavo così come odiavo il corpo di Grace e tutto quel lavoro mi sembrava inutile, sentivo che non sarei mai uscita di casa vestita così, sentivo che anche quella volta avrei fallito. Che Grace sarebbe esistita solo nella mia fantasia, credevo che fosse tutto una pazzia, una mania della noia per liberarmene e sentirmi meno deprimente.
Quel pomeriggio mia madre entrò in camera di colpo, spalancò la porta.
- River che cazzo sono queste? - disse mostrandomi il pacchetto di sigarette vuoto che avevo dimenticato in cucina al mattino.
Mi alzai dal letto di colpo.
- non è mio - dissi
- mi prendi in giro? Ne avevamo parlato di questa cosa, lo sai che è successo alla nonna - disse entrando e aprendo la mia borsa.
Mia nonna era morta di tumore ai polmoni, non aveva mollato sigaretta fino all'ultimo giorno e poco le importava di smettere di fumare.
- che cazzo fai? - dissi prendendole la borsa dalla mano.
- non puoi fumare - iniziò a gridare
- mamma lascia la borsa - dissi stringendola tra le mani
- no assolutamente, lo dirò a tuo padre, hai solo 17 anni, non farò in modo che mia figlia muoia per arricchire gli Stati Uniti d'America -
- ma quanto cazzo sei drammatica - dissi tironando la borsa e afferandola, in quel gesto lei cadde indietro nella sua fragilità e nel suo classico vittimismo si alzò in piedi con gli occhi lucidi, mi condannò ai miei sensi di colpa con uno sguardo ed uscì dalla stanza.
Odiavo ferirla, era così fragile ai miei occhi che non permetteva alla mia quieta apatia di permanere dentro di me. Iniziai ad agitarmi, sentivo di non essere quello che lei voleva, sentivo di non essere ciò che io volevo. Mi sentivo una merda ad ogni piccolo litigio, la mia mente espandeva quelli stati d'animo, portandomi ad avere attacchi di panico. Era per quello che non volevo uscire di casa, non volevo creare rapporti che sapevo si sarebbero distrutti e mi avrebbero condannato a distruggermi assieme a loro.
La fobia sociale è un particolare stato ansioso nel quale il contatto con gli altri è segnato dalla paura di essere malgiudicati e dalla paura di comportarsi in maniera imbarazzante ed umiliante. La fobia spinge il soggetto ad evitare situazioni spiacevoli, aumenta il disagio nel caso debba affrontarle, mi ripetei nella mente quelle frasi di Wikipedia mentre il mio stato d'animo peggiorava.
Mi alzai dal letto con l'idea che dovevo cambiare quella situazione ma che io, da sola non sarei riuscita a cambiarla.

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