Alessia ha dodici anni e frequenta la scuola media. È svogliata e complessata come si conviene alle ragazzine della sua età. Veste con gli stessi leggins e le felpe delle sue compagne di scuola, dalle quali è impossibile distinguerla quando sono in gruppo. Ha un fratello piccolo che adora, tanti compiti da fare e ama l’hip hop. Una ragazzina qualunque.
E, proprio come tante altre, Alessia è autolesionista. Si infligge lunghi tagli sugli avanbracci, postando poi le foto delle cicatrici su Ask. Se un’amica le chiede come fare altrettanto Alessia la tratta malissimo, prodigandosi poi in frasi di incoraggiamento per aiutarla a uscire dalla crisi.
Alessia è brava con le parole. Le usa per esprimere odio, disagio, affetto, riempendo ogni sentimento di sfumature. Eppure né le parole né i tagli che porta sul corpo sono stati sufficienti a portare alla luce il suo dolore.
Le amiche le stanno vicino con un misto di timore e ammirazione. “Raccontaci una storia” le chiedono ogni sera dalle pagine di Ask.
E lei racconta…‘Ma ti muovi!’ dice mia madre bussando alla porta del bagno. Bussa. bussa. Bussa.Sta solo amplificando il mio mal di testa.
“Ora esco!” urlo in risposta.
Mi asciugo le lacrime e mi guardo allo specchio.
Inevitabilmente scoppio a piangere, di nuovo.
Mi accascio lungo la porta.
Le mie lacrime sono salate e calde.
Mi fa male il cuore. Non so se per le troppe emozioni, per il troppo dolore o per un problema fisico…
So solo che mi fa malissimo.
Stringo di nuovo quell’oggetto di metallo che mi ero ripromessa di buttare.
“Esci da li!” dice mia madre, e cerca di aprire la porta.
Eh, no, mamma. È chiusa a chiave.
Come ci si sente a non riuscire ad aprire la porta? Brutto eh?
Affondo la lametta più in profondità, faccio dei tagli verticali più difficili da ricucire.
Apro l’acqua della vasca da bagno bollente, rileggo un ultima volta la lettera fatta e la metto sotto l’uscio della porta.
Sono piena di sangue.
Entro nella vasca.
Il sangue sgorga più velocemente.
Mi gira la testa. inizio a vedere chiazze scure.
“Apri ti prego, apri!” mia madre piange, sta picchiando la porta.
Vorrei tanto stringerti mamma.
Dirti che ti voglio bene, venire li ad aprirti ma non ce la faccio.
Lei urla e io affondo la testa nell’acqua non mi sono mai piaciute le sue urla.
L’acqua è rossastra, adesso è rosso acceso.
Faccio in tempo a cogliere l’ultima frase “non sei un disastro sei la persona più forte e bella di questo mondo” e mi addormento così con il sorriso.