Un amore celato nel cuore II

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II CAPITOLO

Un nitrito nervoso portò il Conte a tirare le briglie: «Eee, calmo. Calmo.»
Lo accarezzò e appena si tranquillizzò con la mano tirò indietro il ciuffo di capelli calato sugli occhi.
Volse un cenno del capo al garzone: «Vi ringrazio» e rimase in attesa che i compagni fossero pronti.
Quando furono in sella i tre uomini diedero il passo agli animali, con un colpo deciso sui fianchi, e intrapresero la lunga via in ghiaia che li divideva dai cancelli della proprietà.
Erano i primi giorni autunnali e gli alberi che costeggiavano la via, con il fogliame colorato, davano visione del lento iniziare ad assopirsi della natura in previsione del gelo invernale. Le foglie mosse da un leggero vento si staccavano dai rami, lasciandosi cullare in un breve volo fino a posarsi sul terreno.
"Chissà se torneremo..." pensò Dave, la tensione fra loro era palpabile e questa frase riecheggiava nelle menti di ognuno.

Gaiad quando lo vide passarsi la mano tra i capelli fece un sospiro, quel semplice gesto del Conte l'aveva sempre ammaliata, con la sua eleganza e il portamento. Il carattere schivo e riservato, lo circondavano da un'aura quasi mistica; il volto esprimeva una vita di malinconia e sofferenza, passata a maledire la stessa fino alla fine.
La ragazza si perdeva nella visione del suo fisico asciutto, i capelli portati lunghi fino alle spalle. Quell’uomo le infondeva un brivido lungo la spina dorsale, ma non era una sensazione spiacevole tutt’altro, di ardore. Un’immagine proibita celata nel suo cuore.
Fin da quando lo vide la prima volta fu attratta da lui, e a debita distanza aveva studiato e appreso ogni sfaccettatura del suo carattere.
"Come sarebbe bello se tu fossi il mio principe...” pensava, con amarezza e la consapevolezza che sarebbe rimasto solo un sogno. Era una serva e ciò non sarebbe mai cambiato. Quindi, le rimaneva solo quella finestra da cui sognava e si perdeva nel suo desiderio di divenire sua.
Viveva di piccoli attimi passati vicino alla sua figura, in cui lei era invisibile ai suoi occhi, e non degna di attenzione. Le volte che lo attendeva vicino alla porta per porgergli la mantella prima della sua uscita, il cuore le batteva a mille e quando le mani erroneamente si sfioravano, le pareva che si fermasse. Le mattine che entrava nella sua stanza per aprirgli i tendaggi mentre lui era ancora assopito, si soffermava a guardargli il volto che emanava tristezza in una quiete apparente portata dal sonno ristoratore. Durante l'orario dei pasti attendeva impaziente il suo arrivo nella sala da pranzo, fremendo per il momento in cui avrebbe dovuto togliere i vuoti dal tavolo, solo per avvicinarsi e sentire il suo profumo.
Istanti in cui in lei cresceva la speranza di un gesto, un minimo cenno di interesse. Ma ogni volta, non le regalava neanche la gioia di uno sguardo, lasciandole la conferma di essere solo un'ombra nella sua vita.
Si sentiva come un'immagine riflessa su uno specchio d'acqua cristallina, che alla prima increspatura svanisce così com'è apparsa. Assorta nelle visioni portate dal tempo passato nell'ombra, una di esse prese forma davanti ai suoi occhi. Mentre l'immagine di lui lentamente si allontanava dalla visuale sul viale.
Quella mattina, una come tante altre, il Conte per la prima volta la notò…

Il buio della notte con la luna e le sue compagne stelle avevano ceduto il loro posto al sole caldo e splendente di fine estate, che scaldava la brezza mattutina coi suoi raggi dorati.
Gaiad dopo aver terminato di aiutare in cucina si stava recando nella stanza del Conte per aprire i tendaggi delle finestre. Cercò di fare meno rumore possibile, poggiò la mano sulla maniglia dorata e l’aprì; il cuore batteva a mille come di consueto.

Dave si era alzato di buon’ora, aveva scostato una delle tende per far entrare i raggi solari e illuminare la stanza. Si soffermò di fronte alla specchiera del mobile per la toeletta e versò con cura l'acqua nel catino per lavarsi. Osservò il riflesso del volto, notando che la ricrescita della barba non dava più visione del pizzetto.
Estrasse dal cassetto il rasoio e dopo essersi insaponato iniziò a radersi, non amava farlo perché rischiava ogni volta di tagliarsi, e a bassa voce ogni tanto imprecava sotto piccoli errori compiuti con l'attrezzo. Terminato si asciugò e recò all’armadio per prendere gli abiti da indossare in quel giorno.
Tornò verso il letto dove poggiò gli abiti e si spogliò, ancora stordito dal sonno, non utilizzò il separé adibito. Rimasto in mutande prese la camicia per indossarla.
Un leggero rumore lo fermò, si voltò verso l'uscio da dove entrò Gaiad. La ragazza si addentrò nella stanza in silenzio col capo chinato, voltandosi per accostare la porta senza far rumore per non svegliare il padrone. Quando si girò per dirigersi alla vetrata, si trovò di fronte l'immagine di lui in intimo.
«Ah!» Portò una mano davanti alla bocca: "Oh, mamma..." abbassò lo sguardo arrossendo: «Mi scusi Signore» la voce era tremante.

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