capitolo 2

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Da quel giorno iniziai a far parte del mondo della realtà. Incominciai a frequentare vari psicologi, ma non sembrava riuscisero ad aiutarmi. I miei nonni, prima di andarsene via da questa vita, iniziarono a pensare che il mio problema fosse troppo difficile per loro quindi pensarono bene di portare me e il mio fratellino Ross di undici mesi in una casa famiglia.

Il mio bellissimo mondo variopinto si ridusse ad un unico colore: nero. Non parlavo con nessuno e se parlavo troppo mi chiudevano a chiave nel dimenticatoio, una stanza piena di ratti. Le pareti erano spoglie e fredde, puzzavano di muffa. Il pavimento era sporco e così impolverato che mi faceva schifo sedere a terra, non c'era luce. Si intravedeva una fioca e lontana fiamma provenire da un candelabro ormai pieno di ragnatele.

Passavo quasi tutti i giorni lì. Studiavo, raccontavo le fiabe a Ross, mangiavo. Era il mio rifugio. La sera quando avevo nostalgia della mia famiglia, scappavo dal dormitorio femminile e mi recavo in soffitta. Lì, c'era una piccola finestrella che si affacciava sul tetto, quando scavalcavo la vecchia finestra impolverata mi sedevo sul grande tetto della casa e guardavo le stelle. Facevo finta di acchiapparle, ma anche nelle mie fantasie non ci riuscivo.

All'età di 9 anni mi affidarono ad una mia lontana Zia di nome Sara. I primi anni furono massacranti, non ricordo il numero di volte in cui scappai di casa. Finalmente trovai un equilibrio dopo quattro anni.

Ma quando a Villan, un quartiere di Londra, si venne a sapere di tutta questa situazione, divenni lo zimbello di tutta la scuola e del quartiere. Ci volle un trasloco in California per dar fine a questa situazione.

L'unica ragazzina, mia alleata, era la mia migliore amica Jenni. tutto cambiò in meglio, Ma il nostro legame si spezzò all'età di 13 anni a causa del trasloco.

Ricordai le sue ultime parole. Era estate, io le stavo dando una notizia devastante: mi trasferivo a Los Angeles!

Le sue parole continuano ancora a ronzarmi nella testa come una trottola senza fine.

– Come, come puoi andartene. No! Questo non può essere vero. Noi, noi siamo inseparabili. E tu cosa fai? Te ne vai a Los Angeles, così per fare nuove esperienze, per staccare quella maledetta spina dai ricordi dei tuoi genitori.. Basta non ci credo. IO sono stata l'unica che ti ha supportato in questi tre anni. L'hai dimenticato?

Non l'avevo mai vista così disperata, il mascara le colava dai suoi grandi occhi, lasciando sulle sue guance rosee una striscia nera di dolore. Dal modo in cui strattonava in modo nervoso i suoi capelli castani. Iniziai a tranquillizzarla

- Jenni, cavolo, sì mi ricordo cosa hai fatto per me. Mi hai aiutata a rialzarmi dal mio buco nero di ansie e paure. Ma ora stai parlando a ruota libera, come una cascata, dicendo tantissime parole senza un senso logico.
noi saremo AMICHE, sempre e per sempre. Abbiamo giurato e io ti chiamerò ogni giorno. Viviamo in un mondo tecnologico, abbiamo Instagram, Facebook e Whatsapp possiamo messaggiarci ogni giorno, saremo sempre.. -

Jenni non mi fece finire il mio discorso ed iniziò a gesticolare nervosamente.

- I giorni passeranno e i messaggi diminuiranno. I nostri ricordi si cancelleranno come quelli dei tuoi genitori. Le nostre catene di amicizia formate e consolidate giorno dopo giorno si scioglieranno. Ma sai che ti dico? Ne ho abbastanza, sono contenta che te ne vai, non voglio più vederti. Ora vattene sono stufa delle tue scuse, vattene e non ritornare mai più-

Le sue parole mi lasciarono un vuoto nel cuore. Sentivo una pressione come un pugno nello stomaco, interminabile. In quel momento vidi mia zia davanti al cancello, mi stava aspettando, era il momento di andare.. cercai di abbracciarla ma si scostò in maniera teatrale. Me ne andai verso la macchina in lacrime con un dolore al cuore, non iniziai a pensare cosa mi aspettava l'indomani ma mi concentrai sul presente, un ultima goccia di lacrima finì sul mio braccio e con coraggio ma con tristezza andai verso una nuova vita, la nuova strada della mia vita.

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