Roger voleva solo dormire un po', si sentiva così stanco e debole. Di solito era sempre energico e vivace, ma in quel momento desiderava solo chiudere gli occhi e riposare. Laggiù, dove lo avevano rinchiuso come un animale, c'era molto silenzio e la nave che oscillava appena sotto le onde sembrava cullarlo. Il problema era l'umidità che rendeva l'ambiente freddo. Non solo, ovunque si rannicchiasse, aveva delle continue goccioline che ogni qualche minuto gli cadevano addosso, infastidendolo. E se, per puro caso, riusciva ad assopirsi, si risvegliava subito dopo per via di qualche incubo, che in realtà era solo un rivivere la nottata orribile appena passata. Gli doleva tutto il corpo e in quel momento l'avere Clare che gli passava un panno umido sulle mani gli sarebbe stato di grande sollievo. Cercava di distrarre la mente, ma non aveva nulla da fare. L'ambiente attorno a lui era pressoché spoglio: c'erano alcuni barili e delle casse, qualcosa nella penombra attaccato al soffitto che Roger non riusciva a distinguere e aveva intravisto una porta verso il fondo del piano. Si addormentò per l'ennesima volta, ma finalmente non ebbe incubi e riuscì a riposarsi.
Freddie non capiva se suo padre ci prendesse gusto nel vederlo faticare e lavorare. Sotto il sole, che iniziava a farsi caldo, era lì a graffiare il ponte sporco con una spugna e un secchio vicino. Certo, c'erano mozzi che lo facevano sì e no tutti i giorni, ma lui era solo un ragazzino di undici anni e mezzo che era abituato ad una vita nella quale poteva permettersi di alzarsi tardi e arrampicarsi lungo l'albero di trinchetto e godersi il vento, il sole e il mare come se fosse in vacanza su qualche isola tropicale. Se non fosse stato che voleva salvare Roger, probabilmente sarebbe ancora appollaiato su per l'albero dove poteva gustare da una certa prospettiva tutto quello che accadeva sul ponte, sulla prua e sulla poppa. Invece adesso, essendo che doveva sgobbare lui stesso, spesso si trovava in mezzo a quelle scene comiche che di solito guardava a distanza ridendo sotto i baffi.
Ad esempio, quella mattina aveva quasi finito di pulire una piccola porzione della sezione centrale del ponte, quando il cuoco Douglas, il quartiermastro Logan e qualche loro aiutante fecero il loro ingresso dalla cucina posta sottocoperta. A quanto pare Douglas non stava facendo molto caso a dove metteva i piedi perché accidentalmente inciampò in lui, rovesciandogli addosso tutto il vassoio della colazione. Fortunatamente non c'era nessun liquido bollente, quelli li aveva Logan, ma ben presto il ponte fu di nuovo sporco e così anche Freddie. Il moro aveva i capelli sporchi di marmellata, il legno era diventato appiccicoso per via del miele e per poco Douglas non lo aveva calpestato. Restò a testa bassa a pulire quel maledetto ponte finché non fu l'ora di pranzo e poté mettere qualcosa sotto i denti. Sgattaiolò alla riserva d'acqua alla stiva per pulirsi i capelli da quella marmellata che lo stava facendo uscire di testa e che poteva rovinargli i suoi bellissimi e folti capelli scuri e poi tornò a lavoro.
Passò il pomeriggio allo stesso modo della mattinata e così fece per altri tre giorni; finché suo padre lo interruppe portandolo sul castello di poppa. Lì vi era il timone, dove il buon vecchio Lester osservava tutto quello che accadeva sul veliero, tenendo la situazione sotto controllo. Lester era un uomo relativamente anziano, aveva poco più di cinquant'anni. Per un uomo di terra, non erano una grande cifra, ma per un pirata era inusuale arrivarci ancora in servizio: o finivi ammazzato prima o semplicemente ti ritiravi da qualche parte. Lui eppure era rimasto su quella nave, sulla Killer Queen, da quando il padre di Bomi -nonno di Freddie- lo aveva arroulato quando aveva appena quattordici anni. Non si sapeva molto sulla sua vita passata e nonostante amasse raccontare storie, la sua non faceva parte del repertorio molto vasto.
《Che ci facciamo qui?》 domandò Freddie e guardando le tavole di legno storse il naso 《so che non sono pulite, però avevo intenzione di passare alla poppa negli ultimi giorni, ho ancora la prua da sistemare.》
Bomi scosse la testa e porgendogli una spada disse solo:《Le lezioni, Frederick.》
Il ragazzino la prese e osservò prima questa e poi il padre con aria dubbiosa. Iniziarono con qualcosa che Bomi definiva semplice, ossia il fendente. Effettivamente a spiegarlo sembrava semplice: un colpo di sciabola che andava dall'alto in basso. Realizzarlo era il vero problema, l'elsa risultava così scomoda alle delicate mani di Freddie, abituate ai tasti del clavicembalo. Per non parlare del fatto che spesso gli sfuggiva di mano e gli cadeva. In più suo padre cercava la perfezione in quei movimenti: la spada non doveva partire troppo in basso o troppo in alto e ovviamente doveva fermarsi nel punto giusto. Ci impiegarono abbastanza tempo, finché Bomi, finalmente accontentatosi decise di passare al montante: dal basso all'alto. Freddie non ci mise molto ad imparare, forse sarebbe andato ancora meglio se non si fosse sentito in costante giudizio dallo sguardo del padre. Venne il turno del tondo dritto e roverso, Bomi gli diede una spiegazione molto complicata sulla differenza tra l'uno e l'altro e il ragazzino, perso, lanciò uno sguardo a Lester, che non aveva fatto altro che seguire silenziosamente la lezione. Scorse una certa confusione nello sguardo del timoniere e quando il padre gli domandò di eseguirgli un tondo roverso Freddie si domandò da che parte dovesse eseguirlo. Alla fine optò da sinistra a destra e suo padre lo fulminò con lo sguardo:《Mi ascolti quando ti parlo, Frederick? Roverso, non dritto!》
Il moro allora pensò che dovesse essere dal lato opposto e suo padre annuì appena.
-Tutto dipende da che parte si trova il tuo avversario.
Il punto era che Freddie in quel momento non aveva avversari per cui supponeva fosse indifferente il verso con il quale attaccava, ma a quanto pare non era così. Iniziò a confondersi quando subentrarono sgualembri, affondi, ridoppi e altre mosse che Freddie la mattina dopo dubitava di ricordare ancora. Una mossa era la fusione dell'altra e tutto dipendeva da dove si trovavano i gli avversari, che al momento il ragazzo non aveva. Il ragazzino era certo che si sarebbe ricordato dello sgualembro per il nome assurdo e orribile che aveva. Alla fine, però, poteva essere un attacco molto utile: era come un fendente, ma anziché andare verso il basso e basta, squarciava diagonalmente l'aria, per cui era anche dritto o roverso in base alla posizione avversaria. Il suo antagonista era il ridoppio, che andava dal basso all'alto. Infine vi era l'affondo con il quale si trafiggeva un nemico solitamente disarmato. Freddie confondeva tutte quelle mosse e spesso doveva fermarsi a pensare a quale mossa dovesse far riferimento. Sembrava quasi un gioco di memoria, era comunque il momento padre-figlio più toccante che Freddie avesse mai passato con Bomi in undici anni.
Quasi non cenò che crollò addormentato, nel suo bel letto, già pronto mentalmente alla fatica che lo aspettava il giorno dopo. Quando si svegliò si sentì decisamente più riposato, ma improvvisamente gli venne in mente Roger. In quei giorni era stato così impegnato che di tempo per pensare non ne aveva avuto molto, non che quella mattina ne avesse tanto. Il suo amico era finito chissà dove nei meandri della Killer Queen e se Freddie avesse osato metter bocca - come già aveva fatto- sulla questione, era abbastanza certo che né lui né Roger avrebbero passato un bel momento. Allo stesso tempo voleva accertarsi che il biondo stesse bene, non lo vedeva da sì e no cinque giorni e non voleva che pensasse che a lui non importava più niente. Decise così che quel giorno sarebbe andato a cercarlo in lungo e in largo per tutto il veliero, soprattutto per controllare il suo stato di salute. Non è che si fidasse particolarmente dell'equipaggio a dirla tutta.
Passò tutta la mattinata e il primo pomeriggio a strofinare le assi della prua: iniziavano a dolergli le ginocchia e sentiva che sarebbe finito scottato sotto quel sole maledettamente caldo. Ma si rincuorò al pensiero che quella sera avrebbe rivisto il suo amico Roger, ormai ne era più che convinto e niente e nessuno lo avrebbe smosso.
Quando il sole iniziò a farsi meno intenso suo padre lo portò di nuovo a poppa per le lezioni di combattimento. Fu ancora più stancante del giorno precedente: doveva ripetere e ripetere fendenti, montanti e tutto il resto di continuo, senza mai fermarsi. Non vedeva l'ora di finire per darsi una lavata e riposare un pochino prima di andare a cenare tutti insieme nella cambusa.
Non ebbe molto tempo effettivamente per riposarsi e persino per darsi una rinfrescata, suo padre sembrò voler strizzare ogni singola goccia di energia da lui: fu estenuante. Lester, al solito, era stato spettatore di queste lezioni e sembrava quasi divertito nel vedere il giovane Frederick in difficoltà e finalmente a rimboccarsi le maniche.
Il ragazzino, durante l'ora di cena riflettè su come sgattaiolare alla ricerca di Roger senza destare sospetti e senza essere scoperto. Capì che la soluzione migliore era aspettare che la maggior parte della ciurma andasse a dormire e semplicemente evitate quei pochi pirati di guardia e di vedetta sparsi per le tre sezioni del ponte.Quando tornò nella sua stanza gli venne difficile restare sveglio sotto le coperte senza addormentarsi: il materasso era più comodo del previsto e la stanchezza si era subito fatta sentire. Le palpebre si facevano sempre più pesanti ogni secondo che passava, per cui scese alla conclusione che doveva trovare qualche passatempo che lo tenesse sveglio quel tanto che bastava per andare indisturbato alla ricerca di Roger. Decise di mettersi alla scrivania per scrivere qualcosa: aveva in mente parole sparse e melodie ancora da comporre, ma dentro di lui Freddie sapeva che il suo destino non era stato tracciato per essere un pirata. Lui amava la musica ed era cresciuto pensando che fosse una cosa di famiglia. Non a caso il suo bisnonno aveva fatto mettere un clavicembalo in una delle stanze poste sottocoperta. Frederick non aveva mai capito come le assi non si fossero mai spezzate, lo strumento mai rovinato e spostato da dove era stato posto la prima volta, sembrava magia. Il suo bisnonno era un uomo particolare, a quanto si raccontava, infatti per fare spazio al clavicembalo aveva ridotto leggermente lo spazio per la ciurma. Aveva cambiato anche sul ponte le dimensioni e la struttura della Killer Queen: fu infatti lui che fece costruire una seconda stanza, di solito utilizzata per il figlio del capitano o per gli ospiti importanti. Mentre l'ufficio di Bomi e la sua camera si trovavano sotto il castello di poppa, quella di Freddie era sotto quello di prua. La posizione di quest'ultima era sempre risultata comoda al ragazzo: era vicino alle scale per scendere sotto coperta, al suo amato albero di Trinchetto ed essendo in posizione leggermente rialzata aveva un'ottima visuale dell'esterno. Fece capolino dalla porta della sua camera e non sentendo più nessun rumore e non vedendo alcuna luce accesa provenire dalla cambusa scendere per andare da Roger. Pensò che lo dovevano aver lasciato nella piccola cella nell'ultimo piano della stiva. Scese in fretta e il più silenziosamente tutte le scale piano dopo piano finché non giunse all'ultima rampa, con le scale che scricchiolavano appena. Vide nella penombra la minuta figura di Roger rannicchiato in quella cella. Si avvicinò cauto, ma quando fu a pochi passi, una mano lo prese per la spalla, cogliendolo di sorpresa e facendogli temere il peggio.
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Seven Seas of Rhye
Fanfiction1758, stato di Brhiebrookye, mare di Cowel, isola di Podor, comune di Lynn. La Killer Queen approda sulle coste della cittadina per riscuotere la solita, "piccola" somma. Con loro vi è anche il -quasi- dodicenne Frederick Bulsara, il quale farà subi...