Capitolo 2

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Comincio ad odiare il suono della mia sveglia. Quando l'ho impostato mi sembrava tanto carino, ma di prima mattina non è poi così bello quando ti penetra nell'orecchio svegliandoti... appena avrò tempo e voglia lo cambierò.
L'anno scorso usavo un metodo ancora più brutale. Mamma ogni mattina veniva a svegliarmi suonando uno di quegli aggeggi che si mettono nelle porte dei locali pubblici per segnalare alle persone che lavorano all'interno che è entrato un cliente. È molto bello quella specie di campanello, per carità, lo avevo preso in ritorno da un viaggio in Egitto, ma quel tintinnio è la cosa più insopportabile del mondo di prima mattina, soprattutto se si stava dormendo... e poi sembra non finire mai! Come il tintinnio di default dell'IPhone, dopo l'arrivo della notifica quel suono continua a ronzarti per la testa all'infinito.
In ogni modo mi alzai e come ogni mattina andai al piano di sopra per farmi la doccia, dopodiché andai a fare colazione e uscii di casa per andare a scuola. Oggi mi sento particolarmente figo, adoro il mio outfit. Jeans neri di H&M leggermente modificati per quanto riguarda gli strappi e t-shirt verde militare dello stesso negozio. Da un po' di tempo utilizzo una cera per i capelli che trovo stupenda, me l'ha consigliata mio fratello quest'estate. È incredibile come quel composto sia in grado di sistemare i miei capelli senza renderli duri o attaccarli tutti. Sono abbastanza in fissa con il mio aspetto esteriore, per quanto io cerchi di fregarmene del parere altrui talvolta non riesco. Credo anche che sarei in grado di non uscire di casa se non sono vestito bene o non ho i capelli perfettamente a posto.
In ogni modo arrivai alla fermata e vidi lui. Si proprio lui. 7 miliardi e mezzo di persone a questo mondo e mi devo proprio ritrovare quel ragazzo: Alex.
Alex era il mio migliore amico all'inizio delle medie. Tra una cosa e l'altra si è rivelato alquanto opportunista e doppiafaccia... vabbè, mi limiterò a salutarlo.
- Ehi...
- Ciao
- Dimenticavo che pure tu prendi il pullman qui la mattina.
- Già.
Dopo due minuti di silenzio arrivò l'autobus. Alice era lì in prima fila a tenermi il posto.
- Indovina? Ho appena scoperto che per ogni giorno fino alla fine dell'anno mi toccherà sopportare Alex alla fermata dell'autobus.
- Oh Gesù! - disse Alice ridendo.
- "Che bello, l'anno prossimo non mi toccherà vedere più nessuno dei nostri compagni delle medie. Rivedrò solo noi del nostro gruppo" cit.
Alice si mise di nuovo a ridere. Sinceramente non so se mi aveva effettivamente ascoltato o aveva riso nella speranza che la risata fosse la risposta corretta alla mia frase... È sempre con la testa sul telefono, da quando salgo sul pullman a quando scendiamo.
Scesi alla fermata davanti scuola dall'uscita anteriore, Blanck scese dietro ma in un nano secondo ecco che me lo ritrovo attaccato.
- Ehi! - mi disse
- Ehi.
- Com'è?
- Moscio... (solita risposta ironica che mi ha messo in testa Deja)
Blanck mi guardò con faccia perplessa e si mise a ridere.
Eccoci davanti la succursale. E ora dove si entra? Ieri la professoressa ha fatto una tale confusione con l'entrata per la mia classe che non si è più capito nulla. Per di più abbiamo cambiato aula e non so nemmeno dove si trovi quella nuova. Abbiamo optato per l'entrata dal cancello grande, quella dietro il cinema.
Rimasi lì a parlare con Blanck fino al suono della campanella, più che chiacchierare in realtà continuava a farmi vedere meme su Instagram di pagine che già seguivo e che quindi avevo già visto, ma io finsi una risata per non sembrare scortese.
Dopodiché entrammo e salimmo le scale fino al primo piano. Nessuna traccia della nostra aula. Salimmo ancora e quella dannata classe non riuscivamo a trovarla. Così tornammo al primo piano e ci infilammo in uno stretto corridoio attraversato da una massa di studenti che andavano tutti nella direzione opposta rispetto alla nostra. Davanti a noi spuntarono altre scale e così andammo al piano superiore, dove vi erano altre classi. Lì decidemmo di chiedere aiuto alla bidella di quel piano. Era una donna un po' strana, capelli abbastanza rovinati, abiti che sembravano stracci, leggermente gobba e non sono sicuro che avesse tutti i denti a posto, balbettava anche un po'. Ammetto che a prima impressione mi fece un po' pena, sembrava una brava donna però, una donna umile.
- Scusi per la 1H?
- Non... non... non so ragazzi - balbettò la donna quasi in preda all'ansia.
Alzai lo sguardo e vidi sopra Blanck il cartellino con scritto sopra "1H".
- Oh! Guarda!
Blanck mi guardò con faccia sorpresa e fece uscire una risata stupida.
- Buttati dentro! - dissi e lo spinsi leggermente in vista dei posti a sedere da conquistarsi. Questa classe era sviluppata verticalmente rispetto all'altra che era invece sviluppata orizzontalmente quindi i banchi erano sistemati in maniera diversa. Qui erano a file di 3.
Io mi sedetti in penultima fila, vicino al muro, in modo da avere un appoggio durante la lezione. Blanck si mise dietro di me assieme ad un suo vecchio compagno di scuola. Era un ragazzo un po' strano, capelli a caschetto di colore castano tendente al rosso e occhiali squadrati. Da quel che ho capito era stato bocciato l'anno prima.
Accanto a loro due si sedette un ragazzo palesemente timido di nome Giacomo. Non lo notai particolarmente, mi è parso un ragazzo come tanti, uno di quelli che vedi una volta e subito dopo ti scordi il suo volto.
Accanto a me invece si sedettero due ragazzi, uno già lo conoscevo, era Matias, il ragazzo timido conosciuto il giorno prima. L'altro si faceva chiamare Lello.
Poco dopo esserci seduti suonò la seconda campanella, quella che segnala l'inizio delle lezioni. Entrò in classe un'insegnante apparentemente strana, di sicuro è l'insegnante di scienze.
- Buongiorno ragazzi, sono la professoressa Galletta e sono qui per insegnarvi scienze.
E come volevasi dimostrare...
La Galletta era una donna di media altezza, capelli quasi neri e occhiali dalla montatura spessa e rettangolare. Vestiva in un modo un po' strano, portava una gonna con sotto la calzamaglia, cosa che non vedevo dalla pubblicità del 2008 delle Lelli Kelly...
La sua lezione pareva non terminare più. Non potei non notare la quantità di intercalari che utilizzava quella donna. Per mia fortuna scienze mi ha sempre appassionato e inoltre quest'anno la materia si specializza in biologia, cosa che non avevo mai studiato prima quindi l'argomento non può nemmeno sembrarmi ripetitivo.
Seguirono due ore di spagnolo, nelle quali conobbi l'insegnante che ci avrebbe accompagnati nell'anno fino a quando non sarebbe stata eletta quella definitiva. Era una donna tarchiata e di carnagione scura. Evidentemente proveniva dal Sud-America. Inizialmente si atteggiò in maniera gentile e delicata, fin troppo per una classe come la nostra dove ogni occasione veniva usata per parlare fra noi studenti...
Per prima cosa ci venne insegnato l'alfabeto. Mio Dio che odio non saper pronunciare la G dolce! È un suono stranissimo che mi è costato 1 ora di tentativi prima di imparare ad imitarlo!
Finite le due ore di spagnolo ne seguì una di storia. L'insegnante già mi sta simpatico. È un uomo anziano, ricorda un po' un nonnino dei cartoni animati, una specie di Babbo Natale. È incredibile come riesca a perdersi in mille discorsi partendo da una parola... è arrivato perfino a parlarci di Cip & Ciop...
Ovviamente non poteva essere tutto rose e fiori... io in storia non sono per niente bravo, anzi, la detesto.
"Come farò a studiare con un insegnante che finisce per non spiegare nulla di ciò che c'è scritto sul libro?" pensai guardando il testo di storia.
"Vabbè, vedrò quando mi toccherà studiare per verifiche o interrogazioni varie".
Come suonò la campanella della fine della lezione presi la mia roba e la ritirai in fretta per scappare il prima possibile da quell'aula ma Blanck mi afferrò il braccio e mi disse di aspettarlo dal momento che dovevamo prendere lo stesso pullman. Gli dissi di sbrigarsi e dopo pochi secondi uscimmo assieme per dirigerci verso la fermata.
Per ingannare l'attesa e allo stesso tempo guadagnarci dei posti sicuri per sedersi decidemmo di andare alla fermata precedente rispetto a quella dove andavano tutti gli altri studenti. Con noi si unirono due nostre compagne di classe, Georgette e Francesca, apparentemente opposte tranne le loro vocine acute che inizialmente sembravano insopportabili, poi risultarono tenere a forza di sentirle. Una alta, l'altra bassa, una con i capelli chiari, l'altra scuri, una con gli occhi sottili, l'altra grandi.
Francesca, la più piccola, non la finiva di parlare e si impicciava in tutto!
- Ragazzi ma dove andate? - , - Ma vi conoscete? - , - Perché tieni lo zaino così? - ...
Per non parlare di quando vide le sigarette nello zaino di Blanck!
- Ma ehi! Non si fuma!
- Si, mamma. - risposi io per il mio compagno
A quella risposta si mise a ridere.
Dopo 5 minuti che aspettavamo alla fermata arrivò il pullman e io e Blanck salimmo con calma e ci sedemmo. Fu abbastanza soddisfacente vedere gli altri studenti della fermata successiva dover correre per poter stare comodi.
A casa non trovai nessuno al mio arrivo, il ché fu abbastanza strano visto come mi stanno attaccati i miei genitori... Mamma doveva essere occupata con la scuola e papà evidentemente aveva il turno diurno.
Entrai con le chiavi dal portone sul retro, per fortuna che le ho sempre dietro!
Una volta entrato però sentii una voce cantare. Chi non poteva essere se non mia nonna?
- Ehi ragazza! - esclamai chiamandola. Mia nonna è un'anziana particolarmente allegra per avere la sua età. Una signora di bassa statura, capelli corti bianchi, veste sempre con gonne e maglie di lana o cotone (a seconda della stagione) di tutti i colori fatte personalmente da lei. È sempre sorridente, il 99% del suo tempo lo passa ad essere allegra e a ridere.
- Eccolo il mio pupo! - rispose mia nonna al saluto.
"Pupo" è il nome che mi è stato dato sin da quando ero piccolo da lei. Questo è solo uno dei tanti, ho diversi soprannomi, uno per ogni mio parente.
- Come stai?
- Bene, da vecchietta...
- Come mai sei qui?
- Papà mi ha chiesto di prepararti il pranzo.
"Ovviamente ai miei genitori non è ancora entrato in testa il concetto che posso benissimo cucinare da solo... no, preferiscono pensare che io non sia ancora capace e ci sia bisogno di far venire mia nonna per cucinare..." pensai tra me e me.
- Tranquilla nonna, lascia pure a me, scolo io la pasta e la condisco.
- Ah va bene, come vuoi tu.
Mia nonna uscì dalla porta della cucina e andò a casa sua, quella seguente la nostra, anzi, praticamente attaccata.
È una fortuna avere i propri nonni che abitano a 10 metri di distanza da te, soprattutto quando si tratta di andare da loro per mangiare! Non so come farò in futuro senza il coniglio, le lasagne o la zuppa di cavolo di mia nonna...
Scolai la pasta e la condii con il pesto genovese che aveva portato mio nonno dalla Liguria, me ne porta sempre una confezione ogni volta che va giù nella sua casa al mare.
Dopo aver mangiato mi misi sul divano e mi addormentai sulle note di Let Her Go di Passenger. Non mi era mai capitato di dormire al pomeriggio, non lo facevo neppure da piccolo. Ricordo che mamma veniva a prendermi all'asilo perché io non volevo dormire al momento del pisolino. Evidentemente alzarmi alle 6:45 del mattino e rientrare dopo 8 ore mi stanca non poco...
Fu così che mi svegliai verso le 20. Papà stava rientrando da lavoro e mamma era in cucina che preparava la cena. Andai in cucina per cenare nonostante non avessi tanta fame, infatti mangiai solo una piccola porzione di pasta al pomodoro.
Dopo cena andai in camera mia per la quotidiana chiamata con la mia migliore amica e compagna di risate.
Il telefono fece tre squilli ed ecco il viso di Dejaneera sullo schermo. Lo vedi già dallo sguardo che sta per tirarti una delle sue battute alle quali è difficile trattenere la risata.
Dejaneera, o come la chiamo io "Deja", è una ragazza che ho conosciuto l'anno scorso. O meglio, io l'ho conosciuta l'anno scorso, lei dice di avermi conosciuto quando io ero piccolo, al centro estivo. Infatti è più grande di me di qualche anno, abbiamo 7 anni di differenza, ma la mia maturità e la sua freschezza interiore ci hanno permesso da quando ci conosciamo di instaurare una perfetta sintonia tra noi due, a volte nemmeno ci rendiamo conto di questa distanza tra le nostre età...
Come ogni sera le raccontai tutto riguardo la mia giornata, e le lacrime causate dalle risate non potevano mancare.
Mi misi a letto attorno le 23, dopo aver preparato lo zaino per il giorno seguente.
Un'altra giornata stava per cominciare, ma non sapevo ancora cosa mi avrebbe atteso l'indomani...

That Guy - storia di un ragazzo bisex alle prime armiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora